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Perché Galatasaray e Fenerbahce si sono rifiutate di giocare la supercoppa turca in Arabia

Giuseppe Pastore

La sfida era in programma ieri a Riad. Ma dopo che le autorità locali hanno comunicato di voler limitare al minimo i simboli di patriottismo turco durante l'evento, i due club hanno deciso di non scendere in campo.  Una decisione accolta da manifestazioni di giubilo in Turchia

Se un secolo fa il calcio aveva il potere di fermare le guerre, come da famosa leggenda metropolitana sul Santos di Pelé che negli anni Sessanta propiziò una tregua nella guerra civile tra Nigeria e Biafra, al tramonto del 2023 è il calcio che appicca involontariamente incendi di cui non avremmo alcun bisogno. È successo – non troppo a sorpresa – in Arabia Saudita, il Paese che è stato il protagonista calcistico dell'anno che volge al termine e lo sarà sempre di più nel prossimo decennio, fino al 2034 in cui saranno chiamati a organizzare un'altra edizione sui generis dei Mondiali (due mesi fa si sono aggiudicati l'evento senza nemmeno lo straccio di un concorrente).

Ieri sera all'Al-Awwal Park di Riad, alle 18:30 ora italiana, era in programma la Supercoppa di Turchia tra Fenerbahce e Galatasaray: uno dei tanti eventi del ricchissimo calendario di Riyadh Season, il festival saudita di sport e spettacolo il cui logo campeggia anche sulle maglie della Roma, dopo una lunga querelle politica dal momento che, tra le città sconfitte da Riad nella corsa all'organizzazione di Expo 2030, c'era anche la nostra capitale. Nelle prossime settimane Riyadh ospiterà anche eventi analoghi come la Supercoppa di Spagna o la nuova Supercoppa Italiana a quattro squadre (Fiorentina, Inter, Lazio, Napoli), e c'è da sperare che il protocollo sia già stato abbondantemente illustrato e condiviso, per evitare incidenti diplomatici clamorosi come quello che vi andiamo a raccontare.

 

A poche ore dal calcio d'inizio, senza troppo preavviso, le autorità arabe hanno comunicato ad Ankara di voler limitare al minimo i simboli di patriottismo turco all'interno dell'evento. Dunque niente inno nazionale turco, e scordatevi di esporre qualunque striscione o effigie riconducibile a Kemal Atatürk. Il protocollo prevedeva che i giocatori sarebbero entrati in campo indossando magliette con il volto dello storico eroe nazionale, accompagnati da uno striscione con una citazione (“Pace in casa, pace nel mondo”) sempre di Atatürk. La Federazione turca dà prova di cascare dal pero e s'indigna sinceramente troppo tardi, dal momento che da settimane l'assegnazione della Supercoppa all'Arabia era stata fortemente avversata dall'opinione pubblica locale. Tutto ciò in un momento già estremamente delicato per la Federazione che, nonostante gli ottimi risultati della Nazionale allenata da Vincenzo Montella, sta fronteggiando da mesi episodi sconcertanti: l'aggressione a un arbitro da parte del presidente dell'Ankaragucu, che ha portato alla sospensione del campionato, e altri episodi come quello dell'Istanbulspor che ha abbandonato il campo al 76' di una partita contro il Trabzonspor in segno di protesta verso l'arbitraggio. Tempestato dalle richieste di dimissioni, il presidente Mehmet Büyükekşi è stato avvistato a bordo di un'ambulanza, vittima di un leggero calo di pressione che ne ha consigliato un breve ricovero. Ad ogni modo, non si dimetterà.

 

Già in Arabia da parecchi giorni e in paziente attesa di indicazioni, Galatasaray e Fenerbahce hanno intuito ben presto che questa Supercoppa non s'aveva da fare: non ora, non qui. Col passare delle ore sui social sono comparsi post e stories di solidarietà alla causa turca, anche da parte di giocatori stranieri (per esempio l'uruguayano Lucas Torreira, ex Fiorentina e Sampdoria, ha pubblicato una story raffigurante Atatürk che sormonta due giocatori con le maglie di Gala e Fener che si stringono la mano). La vicenda è stata seguita in tempo reale su X da Bruno Bottaro, giornalista esperto di calcio turco. Nel pomeriggio la partita è saltata del tutto: a quanto pare, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l'intenzione saudita di schierare nel tunnel degli spogliatoi alcuni poliziotti per “perquisire” giocatori e addetti delle due squadre, temendo che potessero introdurre in campo il materiale incriminato. Scontato a quel punto il diniego dei due club, che hanno trovato anche l'inattesa sponda di un rivale storico come il Besiktas, che si è offerto di ospitare la Supercoppa nel proprio stadio, che oltretutto si trova a pochi passi dal Palazzo di Dolmabahçe, ultima residenza in vita di Atatürk.

Ancora meglio: l'annullamento della Supercoppa è stato accolto con manifestazioni di giubilo in Turchia. La tv S Sport, detentrice dei diritti, ha annunciato che non trasmetterà più le partite del campionato saudita; il sindaco di Ankara ha addobbato la strada in cui si trova l'ambasciata saudita con bandiere turche e ritratti di Atatürk. Tornati a casa intorno alle 4 del mattino in due aeroporti diversi, le due squadre sono state accolte da tifosi in festa, in alcuni casi addirittura mescolati (sui social girano diverse foto di sostenitori “nemici” affratellati in questa notte di ritrovato orgoglio nazionale). L'Arabia ci fa una brutta figura, non la prima, e sull'incresciosa vicenda incombono anche oscure motivazioni geopolitiche. Si dice, per esempio, che la tensione arrivi da lontano, a cominciare dal diverso atteggiamento sul conflitto israelo-palestinese: la Turchia si è esposta a favore del cessate il fuoco, l'Arabia invece ha mantenuto una posizione più silenziosa. Del resto – almeno per il momento – l'Arabia non sembra fare un plissé di fronte a questioni che per noi occidentali sembrano urgenti e ineludibili. Altre ne arriveranno, nell'agenda sportiva dei prossimi anni, e non solo sportiva: se i sauditi arrivano al punto di mandare la polizia nel tunnel degli spogliatoi, cosa accadrebbe nel 2034 se sul Mondiale serpeggiasse la “minaccia” di simboli arcobaleno o qualunque altro gesto di sensibilizzazione sui diritti civili, come avvenuto nel 2022 in Qatar? Senz'andare così lontano, segniamoci sul calendario le date del 18, 19 e 22 gennaio, quando a esportare la Supercoppa saremo noi, che da veri italiani sappiamo tenere come nessuno i piedi in quattro scarpe: tra due settimane in Arabia, nel 2032 padroni di casa dell'Europeo proprio insieme alla Turchia.

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