Foto Epa, via Ansa

contro mastro ciliegia

“Allora ci droghiamo”. La risposta giusta alla Superlega

Maurizio Crippa

Il calcio liberista, ma coi soldi di chi? No, il calcio è un contratto sociale e per questo va salvato

I pischelli sanno riconoscere i prepotenti, siano vigili di paese o portinai: se mettono cartelli “vietato giocare a pallone”, loro gli scrivono sotto: “E allora ci droghiamo”. Perché il calcio è per prima cosa gioco e fenomeno giovanile, sociale. E i pischelli sanno come andrà a finire, quando il calcio sarà diventato un business prepotente (ancora non non si capisce finanziato da chi) e avrà tolto senso ai campionati nazionali, ucciso le serie minori e svuotato quel che resta dei vivai e persino del calcio amatoriale. Rummenigge, uno dei pochi seri di quel mondo, lo ha detto molto bene. Ma lui fa parte di un sistema che, a differenza del nostro, sui giovani ci punta. La Corte europea ha accolto il ricorso della Superlega contro Uefa e Fifa: “C’è abuso di potere”. In realtà è il ricorso di A22 Sports, un’azienda privata che produce “Superlega” prodotto per ora virtuale, poi si vedrà. E fin qui bene, todos liberistas. (Ci sarebbe da notare che la stessa corte ha anche stabilito che non si possono più porre limiti (tutele) per reclutare “giocatori talentuosi”, che è un po’ come aprire alla tratta dei minorenni africani: Europe for slavery?). Non entriamo nel dettaglio, ma i giudici specificano che la Superlega non deve “necessariamente essere approvata”, e ci mancherebbe, conoscendo i figuri indebitati e/o grotteschi a cui è in mano. Se andrà bene, dice il liberista, ci sarà più concorrenza. Per il realista, al massimo ci sarà ridistribuzione di soldi. Ma se il problema era riformare il monopolio, non bastava migliorare le regole? 

Invece si rischia di minare un sistema che non è di “valori” (suvvia), ma è di accesso al calcio: “E’ un contratto sociale, non legale”, ha detto l’Eca, per una volta azzeccando l’idea. Vero che l’originario progetto, più demenziale di quelli di Elon Musk, è stato assai aggiustato. Però la pioggia di milioni ai club e le partite che “si potranno vedere gratuitamente in streaming” sembrano il Campo dei miracoli di Pinocchio: chi paga, per ora non si sa. Ma se ci fossero davvero tutti questi soldi, i club si svenerebbero ancora per i poveri campionati nazionali? Che avranno in cambio i tifosi che soffrono per le squadre di provincia o di B, o gli scozzesi del Dundee? Dicono i florentini pérez che il calcio verrà tutelato; ma il calcio europeo non è la Nba, dove il settore giovanile è supportato dalle università. In Europa il sistema si regge sul quello che si chiama “movimento calcistico”, che può essere anche una ciofeca come in Italia, ma che giocoforza diventerà il mercato delle pulci da cui una società privata preleverà gli organi sani migliori. Tutto il resto appassirà e i pischelli rischieranno di non avere più nemmeno un campetto per il campionato primavera: a chi interesserà? Chi lo pagherà? E allora ci droghiamo.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"