(foto Ansa)

"l'uomo della domenica"

Djokovic spazza via i sogni di Sinner e a Torino dà una lezione alle nuove generazioni

Luca Roberto

Il serbo vince le Atp finals per la settima volta: nelle ultime due partite ha lasciato le briciole all'italiano e ad Alcaraz. E' il segno che nessuno sarà mai come lui

Nella partita di tennis più importante mai giocata in Italia, Jannik Sinner ha preso una lezione da Novak Djokovic. L'uomo della domenica, direbbero Fruttero & Lucentini, visto che ci troviamo a Torino. Ci ha provato, l'altoatesino. Più sottotono rispetto al resto della settimana. Ma di fronte aveva un giocatore che di umano dimostra di avere ben poco, settimana dopo settimana. Pronti via e al secondo turno di servizio di Sinner, Djokovic è già alle giugulari del suo avversario. Recupera da 40-15 e ottiene il break. Nei suoi, di turni di servizio, praticamente non si gioca. Son tutti lì che già pensano al secondo set. Sinner appare più grintoso, muove il pugnetto, guarda il suo angolo, ma poi subisce un parziale di 10 punti consecutivi (14 considerando anche la fine del primo set) e anche il secondo parziale s'avvia su un binario sfavorevole.

C'è un dato che racconta cos'è stata la partita di oggi: fino al 6-3 3-2 Sinner aveva vinto soli due punti nei turni di servizio di Djokovic. Difficile competere alla pari con queste statistiche. E dire che in tribuna avevano fatto capolino un po' tutti: cuochi, calciatori, ballerini, ministri. Era il grande appuntamento del nostro tennis, caricato di aspettative da un Sinner che veniva da sei vittorie consecutive con i top 5. Complice anche il successo del round robin proprio contro Djokovic di martedì scorso. Prima volta che batteva il serbo. C'è da dire che nel corso del secondo set, Sinner ce le avrebbe pure le chance di rientrare. Ha due palle break, in due game consecutivi parte con il vantaggio dello 0-30 sul servizio del serbo. Ma niente. Chiude con un doppio fallo, che un po' sporca una settimana comunque incredibile.

Qualche rosicone in malafede potrebbe pensare che sarebbe stato meglio, nei gironi, perdere contro Holger Rune: Sinner era già qualificato e così avrebbe eliminato Djokovic. Ma l'altoatesino è altro rispetto ai biscotti: è finito nel sacco delle più classiche delle storie di sport, la rivincita, eppure non avrà rimpianti. L'unico, forse, è non essere arrivato con il massimo delle energie all'appuntamento più importante della sua giovane carriera. E però dall'altra parte della rete aveva pur sempre il più forte tennista della storia. Uno che aveva giocato 9 set nelle prime tre partite, e poi in semifinale e finale ha dato una lezione di tennis al numero due e al numero quattro del mondo, rispettivamente di 20 e 22 anni. E' stato come un ristabilire le gerarchie. Perché tutti questi super talenti che s'affollano nel circuito, e Sinner è tra questi, devono aver presente che Djokovic non può essere un metro di paragone. Domani sarà numero uno al mondo per la quattrocentesima settimana nella sua carriera. Chiuderà al primo posto per l'ottava stagione, a 12 anni dalla prima volta. A Torino ha vinto il settimo titolo delle finals. Non ci dilunghiamo sui 24 slam, che potrebbero crescere già ai prossimi Australian Open di gennaio. E' semplicemente troppo per il tennis di oggi. E se nell'epoca dei Federer e Nadal aveva degli antagonisti, adesso individua, a 36 anni, dei compepitor saltuari. Alcaraz a Wimbledon, per esempio, ha dimostrato di esserlo. A fine partita ha detto: "Sinner e Alcaraz mi hanno costretto a migliorarmi". Lo ha fatto e ha voluto rendere chiaro che è in grado di controbattere pur con il peso dell'età.

Unica consolazione, per il nostro, sono i numeri che raccontano miglioramenti continui e imperiosi. Quest'anno Sinner ha dimostrato di poter stare saldamente tra i primi cinque della classifica mondiale. Tra pochi giorni potrà comunque provare a vincere la Coppa Davis con l'Italia a Malaga (anche lì potrebbe incotrate Djokovic). Il prossimo anno dovrà essere continuo su tutte le superfici e dovrà dimostrare che quella di fine stagione non è stata una fiammata destinata a restare isolata. Chissà, magari tra dodici mesi, sempre a Torino, potrà ritentarci. E non si vede perché non debba essere Djokovic l'avversario più probabile. Certo, il messaggio rivolto al suo box, "questa partita diimostra che abbiamo ancora molto da migliorare", è la migliore delle attitudini per affrontare il futuro che verrà. Quello che non dovrà pensare di poter raggiungere sono i risultati di Djokovic. Nessuno è come lui. Nessuno sarà mai come lui. A Torino lo hanno capito tutti. 

Di più su questi argomenti: