I quattro Hampden Park sono visitabili in un’oretta di passo morbido una volta scesi alla stazione del treno di Mount Florida (foto Roberto Gotta) 

Il Foglio sportivo

Pellegrinaggio ad Hampden Park

Roberto Gotta

Quattro stadi nel raggio di poche centinaia di metri dove nacque il calcio scozzese

Un museo del calcio a cielo aperto, con tre stadi, anzi quattro, nel raggio di poche centinaia di metri. E dato che il cielo è quello scozzese, della zona sud di Glasgow, è un museo con un soffitto agitato, variabile, plumbeo poi ridente magari nel giro di pochi minuti, un cielo che a volte sembra sfidare la logica e allargarsi ben oltre i 180 gradi concessi dalla geometria. Un’esposizione diffusa che da tre anni cerca un riconoscimento da parte dell’Unesco, e nel percorso di avvicinamento ha ricevuto l’appoggio di un numero sempre maggiore di istituzioni, tra cui la federazione scozzese, la Scottish Football Association, e Archeology Scotland, un’associazione per la promozione dell’archeologia in tutte le sue forme. Anche quella calcistica, come qui: tutto nacque alcuni anni fa, quando Graeme Brown, appassionato di calcio e segretario dell’Hampden Bowling Club, piccolo circolo dedicato al tradizionale passatempo britannico delle bocce su erba, si mise alla ricerca di prove che confermassero quanto da decenni veniva tramandato per pura tradizione orale, cioè che quel prato e quel luogo fossero stati sede della primissima versione di Hampden Park, lo stadio nazionale scozzese.

Trovata dopo lunga indagine la menzione della costruzione di una linea ferroviaria che avrebbe costretto ad abbandonare il luogo, riuscì nel 2017 a rintracciare una mappa e vedere che effettivamente il progetto della compagnia prevedeva l’attraversamento di un campo di ‘football’. Scavi effettuati di Archaeology Scotland hanno confermato nel 2021 la presenza di fondamenta di un edificio, antica sede del club, nonché di oggetti lasciati cadere dal pubblico dell’epoca, tra cui boccali di birra, e il cerchio si è chiuso: l’Hampden Bowling Club, nel frattempo salvato dalla demolizione grazie a una raccolta fondi, è effettivamente il luogo del primo Hampden Park. Detto così non rende l’idea, finché non si allarga la mente: lì giocò tre volte la Nazionale scozzese, dopo l’esordio del 1872 sul prato di un club di cricket situato in tutt’altro luogo, lì dunque sorse il primo stadio al mondo, con i primi tornelli al mondo, lì giocò dal 1873 al 1883 il Queen’s Park, club scozzese più antico, ma lì soprattutto nacque il calcio moderno. 

E non è un’esagerazione: ai tempi, in Inghilterra, il football era uno sport irriconoscibile rispetto a oggi, in cui i giocatori partivano palla al piede cercando di andare in porta e i compagni, che li affiancavano o seguivano a sciami, raccoglievano eventuali respinte o palle vaganti, mentre in Scozia era spontaneamente nato un gioco fondato sui passaggi, sui movimenti dei giocatori per trovare spazi e ricevere il pallone. Questa enorme differenza filosofica portò alla nascita dei cosiddetti Scotch Professors, i Professori scozzesi, calciatori e appassionati che si spostarono in Inghilterra, portando la nuova interpretazione e facendone uno strumento di successo (il Sunderland che nel 1895 vinse una sorta di titolo inter-britannico contro l’Hearts di Edimburgo era interamente composto da scozzesi), e diffusero poi quel tipo di calcio nel resto del mondo: tra di loro ci fu anche Alexander Watson Hutton, nato nel 1853, emigrato in Argentina nel 1882 e fondatore nel 1893 della Aafl, poi diventata Afa, ovvero la federazione calcio argentina. 

Non è un caso che Watson Hutton sia considerato il “padre del calcio argentino”, e che la Afa lo abbia ricordato con una targa riconoscente, sulla sua tomba nel Cimitero Britannico di Buenos Aires, né che i responsabili della Hampden Collection, un consorzio fondato nel 2021 per promuovere la ricerca storica e la candidatura all’Unesco, abbiano scelto il numero 29 di Eglinton Street, situata più a nord, come prima delle 21 tappe di un percorso molto ampio, denominato in modo riduttivo Football’s Square Mile, che delimita questo museo a cielo aperto. Se Watson Hutton, infatti, non si fosse intestardito, in Argentina, a fondare una scuola, la Buenos Aires English High School, che prevedesse il calcio come sport primario, forse il rugby sarebbe rimasto il principale sport argentino e tutta la storia del calcio sarebbe cambiata, probabilmente in peggio

Ecco perché quel Queen’s Park, quell’Hampden Park e quella Scozia, che sul primo campo batté l’Inghilterra 7-2 nel 1878 e 5-1 nel 1882, hanno giocato un ruolo fondamentale per tutto quello che è accaduto dopo. Ed ecco perché la certezza della riscoperta di quella prima versione, solo due anni fa, è stata così rilevante. Sul retro dell’edificio, restaurato, dell’Hampden Bowling Club è stato poi commissionato un murale che raffigura anche due dei giocatori dell’epoca, tra cui Arthur Watson, primo giocatore di origine caraibica della nazionale scozzese e di fatto di una qualsiasi nazionale. Un gioiello che non è facile vedere, perché dà sul binari e bisogna sporgersi dal marciapiede sul lato sinistro della Cathcart Road, poco dopo l’incrocio con la Queen’s Drive, in corrispondenza della targa apposta per ricordare l’importanza del luogo. 

Ma gli altri tre stadi? Facile, o quasi: attraversando infatti la Cathcart Road e proseguendo per un centinaio di metri si scorge sulla destra una collinetta anonima, che però anonima non è. Basta salire di pochi metri e si scopre che il declivio non è altro che l’ingresso del secondo Hampden Park, un anfiteatro naturale che dà su un campo di calcio e ha tuttora, in parte nascoste nella boscaglia in parte visibili nei tratti aperti, i gradoni dell’antico stadio e addirittura le transenne a cui i tifosi si appoggiavano per seguire la partita. Il secondo Hampden Park, alla cui costruzione contribuì la società che, costruendo la ferrovia e riducendo drasticamente lo spazio delle tribune, aveva portato alla chiusura dello stadio delle origini. Qui la Scozia giocò nove volte tra il 1884 e il 1890, qui si trasferì il Queen’s Park per poi lasciare il posto al Third Lanark, leggendario club sparito poi nel 1967. Il terzo Hampden Park, quello attuale, sorse nel 1903 sempre grazie al Queen’s Park, che per tenere testa a Rangers e Celtic, nate dopo ma presto diventate importantissime in città grazie anche ai loro stadi, acquistò un terreno circa 500 metri più s sud e vi costruì un impianto che, per successivi ampliamenti, fu fino al 1950, con l’inaugurazione del Maracanà, il più grande del mondo, con record di 149.547 spettatori per Scozia-Inghilterra del 17 aprile 1937 e già 102.741 per la sfida del 1906. Ristrutturato radicalmente nel 1977 poi nel 1999, martedì sera ha ospitato Scozia-Inghilterra celebrativa dei 150 anni della federazione scozzese e 151 da quella prima amichevole, e quel che è bellissimo è che anche questa volta tantissimi tifosi, prima di andare alla partita, si sono fermati a chiacchierare, a bere o mangiare qualcosa sulle gradinate erbose del secondo Hampden Park o a fotografare il primo, appoggiandosi poi a rifiatare sul muro del… quarto, ovvero il City Stadium, costruito già nel 1924 come campo di allenamento e ora diventato un gioiellino da 12.000 spettatori, letteralmente all’ombra dello stadio attuale. Quattro Hampden Park allora, visitabili in un’oretta di passo morbido una volta scesi alla stazione del treno di Mount Florida, quattro delle 21 tappe di quel Football’s Square Mile che è alla base, davvero, di tutto quello che oggi vediamo.

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