Il Foglio sportivo

La ricetta dell'Empoli per nuovo un calcio sostenibile. Intervista a Paolo Zanetti

Francesco Gottardi

“Qui mi chiedono i risultati e di dare spazio ai giovani. Siamo un serbatoio per tutto il movimento”. Parla l'allenatore dei toscani

L’istantanea della stagione passata è un tuffo all’indietro sul prato dell’Olimpico. “Colpa mia: al posto delle scarpe da ginnastica dovevo mettere i tacchetti a sei”. Acrobazia involontaria. Quella del suo Empoli in Serie A invece no. “È frutto della consapevolezza e del duro lavoro”, dice Paolo Zanetti. “E quel pareggio acciuffato in extremis contro la Lazio ci ha fatto capire dove saremmo potuti arrivare”. Quattordicesimo posto e 43 punti in classifica. “Due in più dell’annata precedente: un miracolo senza segreti”. Con tanto di poker alla Juventus e doppia impresa a San Siro – senza gol subiti, come nessun’altra squadra. “L’Empoli nella sua storia aveva già vinto in questo stadio. Io no: è stato il giorno più bello da quando alleno”. 23 gennaio 2023, fattore Baldanzi sull’Inter. “Mentre uno scarto simile contro i bianconeri”, quattro mesi dopo, “al Castellani non s’era mai visto: è stata una gioia collettiva, la festa di fine maggio che ci ha ripagato di tutti gli sforzi”. Zanetti è vicentino di nascita ma azzurro d’adozione, 57 partite a centrocampo dal 2003 al 2006. E ora si riscopre profeta in patria. “Le basse aspettative aiutano a trasformare i fischi in applausi. Quando un anno fa arrivai qui c’era da raccogliere un’eredità pesante. Oggi ci aspetta una missione ancora più importante: ripeterci. L’Empoli finora non si è mai salvato tre volte di fila”.

A sfatare tabù però, la banda Zanetti ci sta prendendo gusto. “La scorsa estate abbiamo cambiato 15-16 giocatori – spiega – ricreando il gruppo da zero. È seguito un girone d’andata solido, con una flessione intermedia e tante gratificazioni nel finale di campionato. Questo ci ha permesso di intraprendere un percorso di lungo periodo”. Con una visione comune. “Qui a Empoli si fa un calcio diverso: all’allenatore si chiede di fare risultato, come dappertutto, ma di dare spazio anche ai giovanissimi, come raramente si fa. Il bello è che i due obiettivi vanno nella stessa direzione, perché chi arriva dalla Primavera si dimostra già pronto. È un discorso che parte da lontano, da un vivaio di primo livello e da una trentennale pianificazione dietro le quinte”. Il presidente Corsi è al timone dal 1991. “La bravura sua e del ds Accardi è quella di scegliere le persone giuste. E far cassa attraverso calciatori che hanno fatto intravedere grandi prospettive con questa maglia”.

Così la storia si perpetua, Empoli rampa di lancio certificata. Quando giocava Zanetti c’erano Di Natale, Rocchi e Tavano. Poi Verdi e Zielinski, Krunic e Bennacer, Bajrami e Asllani. Fino agli ultimi addii eccellenti. “Vicario e Parisi saranno protagonisti anche altrove”, la benedizione del mister che li ha fatti esplodere. “Abbiamo instaurato un legame veramente forte: sono ragazzi affamati, figli della gavetta, con le stimmate dei campioni”. Il portiere “è diventato un leader carismatico, oltre che una garanzia tra i pali”. Il terzino “ha una costanza di crescita fuori dal comune”. Chi saranno i prossimi? “Baldanzi e Fazzini”, afferma Zanetti, sicuro. “Sono due classe 2003 che hanno già fatto molto bene al primo anno di Serie A: questo sarà quello della consacrazione. Poi, per il dopo-Parisi, sulla fascia puntiamo su Cacace. In attacco abbiamo investito su Shpendi, un altro giovane interessante. E dietro, Guarino è reduce da un ottimo Mondiale Under 20. I talenti ci sono tutti: sarà mio compito migliorarli e buttarli nella mischia coi tempi giusti, senza bruciarli”.

È così che ha preso piede il calcio di Zanetti. “Sono un allenatore giovane anch’io”, alla sua settima stagione a 40 anni appena. “E dunque in continua evoluzione: non mi fossilizzo su un sistema tattico ben preciso. Mi piace un gioco dinamico, in cui si fa di tutto per divertirsi eppure si dà tutto sul campo. Quando ho trovato rose sulla mia stessa lunghezza d’onda, poi le cose sono sempre accadute”. Dal Sudtirol alla promozione in A col Venezia: il vocione di Paolo s’è fatto conoscere in lungo e in largo. “E qui ho trovato un Empoli forte, di grande personalità, che mi assomiglia molto e sa emergere dalle difficoltà senza mollare mai. Attributi fondamentali nella lotta per non retrocedere”. Quasi il 10 per cento dei punti sono arrivati nei minuti di recupero. “Il carattere serve al pari dell’entusiasmo”, continua. “Ho avuto la fortuna di allenare in tutte le categorie e sapermici adattare. Anche in Serie A il mio primo anno è successo così: pagare un certo tipo di scotto coi grandi stadi e coi mostri sacri della panchina è stato bellissimo. Poi, come da giocatore, ci si abitua. Iniziando a sentirsi parte di tutto ciò senza più timori. E allora sale la voglia di mettere in difficoltà chi è considerato migliore”. I migliori, secondo Zanetti? “Ho sempre cercato di imparare da tutti gli allenatori che ho incontrato durante la mia carriera”. E per scongiurare la solita frase di circostanza, ecco il numero: “Ne ho avuti 27. Con alcuni più feeling, con altri meno. Normale. Oggi guardo con grande ammirazione Guardiola, Spalletti. Ma uno che in questo momento si sta rivelando sopra tutti è Roberto De Zerbi: ovunque vada fa vedere un calcio al limite della perfezione. Nonostante sia giovane lui e siano giovani le sue squadre”.

Per questo Zanetti prende appunti. “Lavorare coi ragazzi è l’aspetto più appagante del mio lavoro: ho sempre avuto la soddisfazione di valorizzare tanti italiani e non. Un aiuto ai giocatori stessi, ma anche alle società che vivono di questi introiti. Soprattutto a Empoli”. Per questo, tra club e allenatore, è scattato il rinnovo del contratto fino al 2025. “Qui dimostriamo di essere un serbatoio per tutto il movimento. Oltre a proporre un calcio ad alti livelli con risorse limitate, si può vincere dando coraggio ai settori giovanili e al futuro. È una filosofia sportiva ben chiara, difficile da mantenere in Serie A”. Ancora di più da quando le tintinnanti sirene arabe spingono ulteriormente verso l’hic et nunc: per questo Empoli resta un baluardo del fare tanto con poco, in un mondo del pallone in cui si fa male con tanto. “Di fronte a certe offerte economiche, penso che il calcio italiano debba solo prenderne atto. E far fruttare i soldi che arrivano”. Guai crogiolarsi. Serve investire nei vivai e nelle infrastrutture, ben oltre questo piccolo pezzo di Toscana. “La nostra priorità resta sfornare i talenti. “La nostra priorità resta sfornare i talenti. E faremo di tutto per salvarci una volta di più”. Altro che tuffo, allora: Zanetti non ha più intenzione di sbagliare scarpe. Il resto, fin qui, l’ha azzeccato in pieno.

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