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fughe francesi

La scelta folle di Asgren e compagnia al Tour de France non era folle. Quella di van Aert era giusta

Giovanni Battistuzzi

Il danese, con Abrahamsen, Campenaerts e, dopo, Eenkhoorn, beffa il gruppo, "declassando" la volata dei velocisti soltanto a sprint per il quarto posto. Il campione belga lascia la Grande Boucle per stare vicino alla moglie in procinto di partorire. La scelta corretta, l'unica possibile

Pensare di poter sfidare il volere del gruppo in tre in una tappa dove salita ce ne è poca e di velocisti e di gregari ancora molti è un'idea se non folle quantomeno insana. Soprattutto se il gruppo di secondi non ne lascia molti, al massimo poco più di novanta. Se si è però alti forti e resistenti, e Jonas Abrahamsen, Kasper Asgren e Victor Campenaerts alti forti e resistenti lo sono, tre virgulti di corridori, è tutto un po' meno folle, pur rimanendo insano. Se a un certo punto arriva pure Pascal Eenkhoorn, che al pari degli altri tre è un tronco di pino in bicicletta e che per di più è compagno di squadra di uno dei tre, Campenaerts, ecco che l'idea diventa ancor meno folle e un filo un po' meno insana. E così dal “davvero lo stiamo facendo?”, sono passati a un “perché no? Sicuri che sia davvero impossibile?”. Gente strana i corridori, gente con poca razionalità. Che a far calcolo di costi e benefici sottostimano i primi e sovrastimano i secondi. Gente ottimista.

Jonas Abrahamsen, Kasper Asgren, Victor Campenaerts e Pascal Eenkhoorn si sono affidati all'ottimismo, alle loro gambe, soprattutto al loro ardore. C'avevano nulla da perdere. Non hanno perso niente, se non secondi su secondi. Gli hanno persi tutti, tranne uno, forse un paio. Quelli sufficienti a non essere ripresi (a eccezione di Victor Campenaerts, ma aveva fatto lavoro gregario per il più veloce compagno): primo Kasper Asgren, secondo Pascal Eenkhoorn, terzo Jonas Abrahamsen, quarto Jasper Philipsen, primo del gruppo, ancora una volta miglior velocista: è andata sempre così finora, con una sola eccezione, un incidente di percorso.

Kasper Asgren in questo Tour de France era già andato in fuga quattro volte, s'era fatto inseguire per 368 chilometri, l'avevano sempre ripreso. C'aveva niente di meglio da fare oggi che riprovarci. Non c'era un velocista da aiutare, non un capitano che lottava per un'ottima posizione in classifica generale da proteggere. L'unica cosa che poteva fare era cercare di provare a risollevare una Grande Boucle parecchio incolore per la sua squadra, la Soudal-Quick Step, a eccezione dei continui tentativi, sempre infruttuosi, di Julian Alaphilippe di andare in fuga dal gruppo e dalle sue gambe che si ostinavano a girare più lente di come lui avrebbe voluto. Sembrava aver scelto la giornata sbagliata per riprovarci ancora, era quella giusta. Ha contribuito a farla diventare quella giusta. Non aveva certezze, non ce ne sono mai in bicicletta, se ne è costruita una pedalata dopo pedalata.

Ci sono mai certezze in bicicletta, è vero. Oggi però se ne è materializzata una. Il Tour de France 2023 sarà il primo nel quale Wout van Aert non ha vinto una tappa. Non era mai successo. Nel 2019 ne aveva vinta una, nel 2020 due, nel 2021 tre, nel 2022 pure con tanto di maglia verde indossata a Parigi. Non vedrà Parigi quest'anno Wout van Aert. Ha preso un'altra strada, quella di casa. Ci sono cose più importanti nella vita di provare a vincere una tappa. Tipo la nascita di un figlio, il secondo. Il campione belga ha preferito stare vicino alla moglie.

C'è nulla di poco professionale nella scelta di Wout van Aert come è stato detto a inizio Tour, durante il Tour, oggi. Wout van Aert ha tirato, inseguito, fuggito, fatto il ritmo in pianura e in salita, rotto il ritmo altrui, sprintato. Ha lavorato per sé e per Jonas Vingegaard. Ha lasciato il gruppo perché andava fatto, perché a fare un figlio si è in due e in due è il caso di essere quando nasce. Perché se in Italia abbiamo uno tra i più corti congedi di paternità in Europa è anche perché si crede che ci sia poca professionalità nella scelta di Wout van Aert di lasciare il Tour de France per stare vicino a sua moglie. 

Certo sarebbe stato bello vedere van Aert in queste ultime tappe, sarebbe stato bello vederlo scattare e rincorrere, provarci ancora con la voglia matta di dedicare la vittoria al nuovo nato. Avrà il tempo per farlo. Non al Tour, altrove.

 

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