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la giovine italia

I giovani in Italia ci sono e giocano, il problema è che non esaltano. Inizia l'Europeo U21

Giovanni Battistuzzi

Gli Azzurrini puntano alla vittoria del torneo e alla qualificazione alle Olimpiadi 2024. Non è vero che i ragazzi non sono valorizzati in Serie A, il problema è che mancano quelli che fanno accelerare il battito cardiaco

La frase più usata, abusata, quando si parla di giovani, calcio e Serie A, è che l’Italia non è un paese per giovani. La si è letta e ascoltata a tal punto da diventare un luogo comune, qualcosa di per forza vero. La si tira fuori spesso, sempre quando la Nazionale Under 21 deve giocarsi qualcosa di importante. Tipo in questi giorni che gli Azzurrini si giocano Europeo e qualificazione alle Olimpiadi. Va così almeno dai primi anni Duemila, da quando l’Under 21 che vinceva titoli negli anni Novanta – tre Europei di fila con Cesare Maldini come ct –, ne ha vinti parecchi meno e poi non ne ha vinti più. Allora sì che i giovani giocavano, si dice ora. Non come ora che non trovano spazio, si sentenzia.

Qualcosa di vero c’è. All’epoca molti dei calciatori vincenti con ct Maldini erano già gran protagonisti in Serie A. Da allora però tutto è cambiato: il calciomercato era meno invasivo di oggi e i settori giovanili erano una necessità perché lo scouting era più difficile. Soprattutto c’era più scelta. Dal 1990 a oggi il numero di minorenni tesserati in squadre di calcio è sceso di circa il 40 per cento. E se ci sono meno ragazzini, minore è la possibilità di trovare talenti. Vale per tutti, di più per l’Italia dove la decrescita demografica è maggiore. L’assenza di ius soli o ius scholae amplifica il problema.

Eppure non tutto è esatto. Perché i giovani buoni ci sono e quando sono davvero abili giocano. Anche in squadre di livello. Quello che è cambiato è la provenienza, ma va così con il calcio, la capacità di intuire il talento si muove al muoversi dei progetti che credono che plasmare i giovani sia una risorsa, l’unica? per sopravvivere nel calcio che conta. La Cremonese e la Fiorentina del 1992, le squadre che fornirono a Maldini una parte consistente del gruppo del primo successo europeo, ora si chiamano Atalanta ed Empoli. È lì dove gli Under 21 giocano di più e meglio. Il resto è mutato poco. I settori giovanili continuano a fornire buoni prospetti, qualcuno si perde, qualcuno resiste. A questi Europei U21 tutti i calciatori convocati dal ct Paolo Nicolato hanno giocato con continuità, quasi tutti in Serie A.

E non è esatto neppure dire che rispetto ai maggiori campionati esteri l’Italia sia indietro anni luce. In Francia i giovani giocano tantissimo, ma la Ligue1 è poco competitiva: è dalla Coppa delle Coppe 1996 vinta dal Paris Saint-Germain che una squadra francese non festeggia in Europa. I giovani giocano tanto perché i club non possono fare altro. Non potendo competere per soldi e prestigio, Psg a parte, con le altre squadre europee, devono sfruttare quello che hanno, ossia settori giovanili capaci di intercettare i talenti per poi rivenderli al maggior prezzo possibile all’estero. E tutto ciò, quasi per paradosso, è un bene per la Nazionale. Le dirigenze delle squadre però, potessero, baratterebbero volentieri la salute calcistica dei Blues per la loro.

Francia a parte, i minuti giocati dagli Under 21 in Italia sono in linea, secondo i dati dell’ultimo report di Opta Analyst, con quelli di Spagna e Germania (5mila e 3mila minuti in più complessivamente nell'ultima stagione rispetto che da noi) e migliori di quelli della Premier League. Il grande problema rispetto a Spagna e Germania è che l’Italia attende da un po’ quei due o tre giocatori capaci di rapire gli occhi e far accelerare il battito cardiaco. Di grandi attaccanti non se ne vedono da un po’ e pure i fantasisti latitano. Altrove forse c’è più scelta, più abbondanza. C’è da capire se ciò è un problema generazionale – lunghina questa generazione – o sistemico. Servirebbero forse i big data, ma meglio non dirlo in Italia. Ogni volta che se ne parla è come se si offendesse la passione calcistica. Si vede che da noi anche il pallone ha i suoi sentimenti.

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