Foto di Sascha Steinbach per Epa, via Ansa  

Il Foglio sportivo

Sei magnifici italiani tra i migliori under 21 d'Europa

Giuseppe Pastore

Nessun paese ha tanti uomini tra i 40 prescelti per il Golden Boy.  Ma adesso  dovremmo  farli giocare di più

Quanti modi conoscete di vincere 0-1 uno scontro diretto in trasferta? All’apparenza, l’Atalanta ha scelto quello più classico e squisitamente “italiano”: una partita di sofferenza a tratti dominata dalla Roma che ha calciato 21 volte verso la porta senza mai segnare, mentre alla Dea è bastato un solo tiro nello specchio per portare a casa i tre punti. Sì, ma non solo. In spregio a ogni retorica sul corto muso, per mantenersi prima in classifica l’Atalanta ha sposato la tradizione con la più squillante modernità: ha mandato in gol un ragazzo bresciano di 18 anni (Giorgio Scalvini) a cui ha passato la palla un ragazzo danese di 19 anni (Rasmus Hojlund), il primo gol della storia della Serie A segnato da un classe 2003 su assist di un altro classe 2003.

 

Scalvini e Hojlund li ritroviamo tutti e due nella lista dei 40 candidati al Golden Boy, il riconoscimento riservato al miglior calciatore Under 21 europeo che quest’anno festeggia la ventesima edizione sotto l’egida di Tuttosport, che lo inventò nel 2003. Basta scorrere l’albo d’oro degli ultimi cinque anni – Mbappé, De Ligt, Joao Felix, Haaland, Pedri – per capire che si tratta di un premio serissimo; anzi, forse nell’intero ventennio l’unico vincitore a non aver mantenuto le promesse è stato il brasiliano Anderson (2008, Manchester United). Il Golden Boy non ha mai parlato troppo italiano, visto che in vent’anni l’unico azzurro ad averlo vinto è stato Mario Balotelli (2010), perciò scorrere la lista dei 40 porta alla prima grande sorpresa: il paese più rappresentato è proprio l’Italia, ebbene sì, con sei candidati – Cancellieri (Lazio), Sebastiano Esposito (Anderlecht, in prestito dall’Inter), Gnonto (Leeds), Miretti (Juventus), Scalvini (Atalanta) e Udogie (Udinese) – che possono diventare “sei e mezzo” aggiungendo il romanista Zalewski, che è nato a Tivoli ma ha scelto la nazionalità polacca. Dopo di noi la Spagna (6 giocatori), la Germania (5) e il Portogallo (4).

 

In questa pausa Nazionali i nostri magnifici sei sono divisi tra Nazionale maggiore e Under 21, impegnata a preparare l’Europeo (a giugno in Romania e Georgia) che qualificherà a Parigi 2024, appuntamento olimpico cui manchiamo da sedici anni. La Nazionale di Mancini vive una risacca emotiva se possibile ancora più spietata di quella di quattro anni fa, perché acuita dall’illusione dell’Europeo e dalla presa di coscienza che quel che sembrava un flop irripetibile (Italia-Svezia 2017) sta diventando mediocre routine. E allora largo ai giovani!, si dice in questi casi. Oppure, se siete tra quelli ingrigiti dalla vita: non è un paese per giovani! La lista del Golden Boy, per nulla sciovinista in quanto stilata da una giuria di giornalisti internazionali di prim’ordine, suggerisce che è valida la prima strada e che all’Italia non manchino tanto i talenti, quanto la gestione moderna del talento.

 

Nel paese in cui tutto si tiene, lo sport non è regolato in modo diverso dalla scuola o da altri settori del mondo del lavoro: le risorse umane non mancano affatto, ma difettiamo della capacità di saper impiegarle nel modo corretto, senza sprecarle, senza mortificarle, senza far loro venire voglia di scappare all’estero. In tempi di crisi globale, saper ottimizzare è qualità fondamentale. Saper incanalare da subito il talento, senza inutili anticamere senza più ragion d’essere, in un contesto organizzato e vincente come fa la Spagna, dove nel 2021 Luis Enrique non s'è fatto problemi a lanciare i Gavi e i Pedri e continuerà a farlo in futuro. Mancini, mai come oggi imprenditore di sé stesso, ama farsi bello con le sue provocazioni anti-sistema – Gnonto 2022 come Zaniolo 2018 – ma finché rimane voce isolata, anzi in aperta contrapposizione con lo status quo dei club, non ce ne faremo niente. Il campionato sta proponendo due modelli contrapposti: Milan, Napoli e Atalanta rinnovano con coraggio, opponendosi alla prudenza da Prima Repubblica dell’Inter e al confuso vecchiume della Juve, dove Miretti fatica a stare a galla in un oceano di contraddizioni. Stiamo dunque in mezzo al guado, un colpo al cerchio e uno alla botte, una gestione democristiana di cui Mancini si fa consapevole nocchiero, peraltro in un nuovo momento di Grande depressione (l’amichevole contro l’Austria fissata la sera di domenica 20 novembre, quando il Mondiale sarà già iniziato da tre ore, è una circostanza grottesca). Ci barcameniamo, due passi avanti e tre indietro, senza peraltro riuscire a riempire il vuoto atavico di centravanti che è alla base degli ultimi due flop Mondiali: anche nella lista di cui sopra, gli unici due che hanno vaghe sembianze da prima punta sono in prestito alla periferia del grande calcio (Esposito all’Anderlecht) o chiuse dal cannibale Immobile (Cancellieri alla Lazio). E allora la soluzione arriverà dagli stessi giovani, magari da quel Lorenzo Lucca che ha spostato in altissimo l’asticella delle proprie ambizioni accettando il salto nel buio del viaggio-studio all’Ajax, oppure proprio da Scalvini che martedì scorso nel ritiro dell’Under 21 ha espresso il proprio pensiero senza i piagnucolamenti che distinguono la Nazionale maggiore: “In Italia ci sono molti giovani e hanno opportunità per giocare. Forse se ne parla anche troppo: sta a noi dimostrare il nostro valore”.

 

Il 15 ottobre la lista del Golden Boy verrà ridotta a 20 finalisti e la proclamazione avverrà il 7 novembre: i grandi favoriti sono Camavinga (Real Madrid), Gavi (Barcellona), Musiala (Bayern) e Bellingham (Borussia Dortmund), dal momento che il regolamento vieta il bis al campione uscente Pedri. Quasi impossibile che vinca un italiano: accontentiamoci di aver sestuplicato la nostra rappresentanza rispetto al 2021, quando l’unica traccia d’Italia nella quarantina finale era Roberto Piccoli dell’Atalanta, oggi rallentato dagli infortuni e dalla giostra dei prestiti tra Genoa e Verona. A proposito di gestione del talento.

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