a parigi

Quarant'anni dopo, ancora al Roland Garros. Un pomeriggio con Yannick Noah

Mauro Zanon

Sull'arena dello Chatrier, l'omaggio all'ultimo francese ad aver vinto il trofeo parigino. Ricordi, aneddoti, e musica. In platea c'è anche Mats Wilander, e insieme suonano "Knockin' on Heaven's door"

Il sabato che precede l’inizio del tabellone principale del Roland Garros è sempre un giorno speciale, di celebrazioni, di ricordi, di nostalgie di tempi gloriosi del tennis. E ieri, sul campo centrale dell’Open di Francia, il Philippe Chatrier, è andata in scena una grande festa organizzata e animata da chi, quarant’anni fa, ha alzato la Coupe des mousquetaires al termine di una delle finali più affascinanti della storia: Yannick Noah, l’ultimo tennista francese ad aver vinto il Roland Garros. “È sempre speciale essere qui, ho vissuto i momenti migliori della mia vita in questo stadio. Quarant’anni fa ero dall’altro lato del campo quando ho servito sul diritto di Mats (Wilander, ndr). Ho tirato una prima molto forte e lui ha avuto la gentilezza di rispondere mettendo la pallina fuori, ben lontano dalla linea di fondo”, dice scherzando Yannick Noah davanti a un pubblico entusiasta di rivedere il suo eroe sull’arena del Chatrier.

Mats Wilander è lì tra il pubblico. Yannick lo chiama sul palco e il tennista svedese lo raggiunge imbracciando una chitarra. Insieme, si esibiscono in “Knockin’ On Heaven’s Door" e il Chatrier per un attimo si trasforma nell’Olympia. “Abbiamo giocato assieme un centinaio di volte. In Francia le persone conoscono Mats perché ha perso contro di me e non perché ha vinto tre volte il Roland Garros. Ci ridiamo su, perché è la persona più umile e più cool della storia. Quando la luce si è spenta sulle nostre carriere, ciò che è rimasto è l’amicizia. Sul palco, si è esibito alla grande”. A chiudere la festa sul campo centrale del Roland Garros è “Saga Africa”, il suo manifesto, un omaggio alle sue origini camerunensi, un’esplosione di gioia che Yannick trasmette a tutto lo stadio ballando a piedi nudi.

Già, a piedi nudi, come quella sera del 5 giugno 1983, quando, dopo la finale vinta, si mise a giocare a tennis scalzo sulla terra rossa del Chatrier: perché solo al Chatrier puoi farlo. “È come camminare sul velluto, è il campo in terra rossa più bello del mondo”, dice Yannick Noah. Che continua la sua performance in conferenza stampa. “Oggi senti di essere stato più tennista o cantante?”. Risposta: “Quando perdevo le partite dicevo che ero un cantante, quando vincevo che ero un tennista”. È di buon umore, Yannick, lui che ha vissuto l’inferno della depressione dopo la vittoria del Roland Garros, una vittoria a cui l’allora ragazzo di 23 anni non era pronto, e che oggi si emoziona quando parla di Lucas Pouille, talento del tennis francese che ha da poco ritrovato la luce dopo anni bui. “A volte ci sono vittorie che nascondono problemi”, spiega Yannick Noah, parlando di Pouille come di un fratello e ricordando che quando allenava la squadra francese di Coppa Davis parlava sempre e solo di “mental” e mai di “technique”. Del tennis di oggi vorrebbe cambiare molte cose: “il codice di condotta troppo rigido”, “la poca prossimità con i giocatori, anche se hanno milioni di followers”, “l’intossicazione dei telefoni e dei social network”. Yannick si allenava con le magliette di David Bowie, giocava con i polsini rasta e i dread, e fu l’ultimo tennista a vincere uno slam con una racchetta di legno. “Ogni volta che guardo il film di quel 5 giugno 1983 provo delle grandi emozioni. È stato il giorno più bello della mia vita”. Suona il telefono di un giornalista in sala. “È ora di andare?”, chiede scherzando. Per oggi sì, ma il Roland Garros, per Yannick Noah, “c’est comme à la maison”. È casa.

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