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Nba

La difficoltà di accettare che anche LeBron James si dovrà ritirare

Andrea Lamperti

Dopo l'ultima sconfitta in finale di Conference contro Denver, il cestista ha detto che "ho molto su cui pensare, a livello personale e sul mio futuro come giocatore", Il campione dei Los Angeles Lakers ha 38 anni, una buona età per dire addio al basket. Eppure la speranza è sempre la solita: rivederlo ancora in campo

Non dovrebbe suonare così strano, quando un 38enne dopo l’ultima gara della stagione lascia intendere di non essere certo di andare avanti. Non dovrebbe, eppure con LeBron James è strano. Perché è stata la prima volta in vent’anni di carriera in cui gli abbiamo sentito affrontare l’argomento, e forse perché nessuno nel mondo Nba si è davvero preparato al suo ritiro. Non nell’immediato almeno.

Si parla quotidianamente della sua longevità e delle prestazioni senza precedenti in rapporto all’età, non ultima quella di lunedì contro Denver, ma il momento in cui LeBron si ritirerà sembrava ancora relativamente lontano. Almeno fino alla sua conferenza stampa di lunedì sera. “Ho molto su cui pensare, a livello personale e sul mio futuro come giocatore”, ha detto in sala stampa dopo la quarta e definitiva sconfitta dei Lakers contro i Nuggets, e alle incalzanti domande dei giornalisti ha confermato di star riflettendo su un ritiro dal basket giocato già nei prossimi mesi.

Nonostante il declino fisico degli ultimi tempi, che comunque procede a un ritmo straordinariamente lento, quelle di LeBron sono parole rumorose. Non soltanto perché l’abdicare del re rappresenterebbe la fine di un’era per l’Nba, e perché James stesso ci ha abituato a postporre di anno in anno qualsiasi riflessione del genere - a questo, primo dopo, ci si dovrà necessariamente arrivare; piuttosto, perché tanti fattori lasciavano e lasciano intendere che il suo percorso non sia ancora in dirittura d’arrivo.

Contestualizzare il suo discorso, come sempre, è importante. LeBron lunedì sera era reduce da una sconfitta che ha condannato i Lakers all’eliminazione, con un sonoro 4-0, maturata nonostante 40 punti, 10 rimbalzi, 9 assist e più del 70 per cento di percentuale “reale” al tiro di James; che è stato in campo per tutta la partita, protagonista di uno sforzo disumano, soprattutto nel primo tempo, per dare una chance ai compagni di allungare la serie. E quindi, quanto hanno inciso stanchezza, delusione e frustrazione sul suo stato d’animo? Erano parole a caldo, di pancia, o le porta dentro da tempo? Sono domande di cui solo LeBron può, o più verosimilmente potrà, sapere la risposta.

Non è da escludere che sia stato tutto frutto delle circostanze, oppure che si tratti di un celato messaggio alla dirigenza dei Lakers. Come potrebbe confermare quanto detto successivamente sul futuro della squadra: “Oltre a me ci sono AD, Christie, Vando con un’opzione nel contratto, e non so chi altro… ci saranno delle decisioni da prendere, non abbiamo un nucleo di contratti a lungo termine, quindi vediamo.”

Sullo sfondo, infine, c’è l’arrivo in Nba del figlio Bronny, previsto tra dodici mesi. Qualche mese fa LeBron aveva sbandierato la volontà di aspettarlo e giocarci insieme, quindi di essere ancora in attività almeno per la stagione 2024/25. Ha cambiato idea, da allora? Sarebbe umano, dopo tanti altri chilometri aggiunti al lungo viaggio e qualche ulteriore problema fisico. Ma non sembra neanche così probabile, per l’attuale livello del suo gioco e per i benefici che la sua permanenza potrebbe garantire a Bronny.

Forse, semplicemente, era il modo di LeBron di esternare che per la prima volta si sta davvero ponendo la domanda. E che ne è immotivatamente sorpreso quanto noi.

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