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tracolli calcistici

Il Chelsea di Potter è il naufragio tecnico più costoso del calcio moderno

Francesco Gottardi

Dallo scorso maggio a oggi il club inglese ha sperso 600 milioni di euro: al momento è al decimo posto in classifica: numeri da incubo e petizioni dei tifosi contro l’allenatore. I precedenti? Dallo United al Barça, dalla Juve al Milan: sperimentare può essere un flop. Ma nessuno ha fatto peggio di Potter

Di numeri ce ne sono a bizzeffe. Quelli del calciomercato, prima di tutto: nell’èra Boehly, dallo scorso maggio a oggi, il Chelsea ha speso oltre 600 milioni di euro. L’intera Serie A, nello stesso periodo, ne ha messi sul piatto 750 (ma nell’ultima sessione invernale stravincono i Blues: 330 a 32). Poi ci sono quelli del campo. Scegliete pure: oggi il Chelsea è decimo in classifica, a -11 dalla zona Champions e con un piede fuori dall’edizione in corso. Prima del faticoso 1-0 sul Leeds di questo sabato, nelle ultime quindici giornate vantava il peggior attacco della Premier League (8 reti) e il minor numero di vittorie (2) a pari merito col Bournemouth. Per gli stadi d’Inghilterra è l’ora dei paragoni canzonatori, ma di brutale realismo, come il dato che vede Marcus Rashford, attaccante del Manchester United, capace di segnare il triplo (18 gol a 6) dell’intera squadra di Graham Potter da novembre in poi. Enough, dicono a Londra. Giorni fa, sul portale Change.org, i tifosi hanno lanciato una petizione pregando il club di esonerare l’allenatore: le quasi 50.000 firme raccolte superano la capienza di Stamford Bridge.

     

Sottolinearlo è perfino lapalissiano. Per i Blues si tratta della peggior stagione dagli anni Novanta, quando ancora non c’era traccia del ciclo di vittorie conseguito dalla presidenza Abramovich. Le ultime sono dietro l’angolo – nemmeno due primavere fa i ragazzi di Thomas Tuchel si laureavano campioni d’Europa – eppure sembrano già lontanissime. A settembre la nuova proprietà ha messo alla porta il tedesco, forse troppo frettolosamente. Cercava un’impronta inedita, fresca, capace di sposare l’ambizioso rilancio societario. La scelta ricadde così sul giovane Potter, artefice di un gran lavoro al Brighton e da lì strappato a suon di milioni (23, e te pareva), a Premier già iniziata. Ma come spesso succede, la rivoluzione tecnica annunciata in pompa magna si è rivelata naufragio.

    

In Inghilterra, la parabola ricorda un po’ quella di David Moyes al Manchester United, quasi un decennio fa. Anche allora si trattava di un allenatore in rampa di lancio, reduce da ottimi risultati alla guida di una squadra media (in quel caso due quinti posti con l’Everton): per i vertici dei Red Devils, il profilo ideale per il dopo Ferguson. Niente di più sbagliato, con lo United che finirà settimo in Premier (peggior risultato dal 1990) e Moyes esonerato dopo 34 giornate (premio di consolazione, la vittoria nel Community Shield). Sempre a Manchester, lato City, ricordano ancora con amarezza la terza stagione con Manuel Pellegrini al timone: anno 2015, faraonica campagna acquisti (arrivano De Bruyne, Otamendi, Sterling: 200 milioni di spese che tengono testa al Chelsea di oggi) e conclamate mire di trionfo continentale. Dove in effetti la squadra fa bene (semifinali), rischiando però di non qualificarsi all’edizione seguente. Serviranno gli spareggi, vinti con Guardiola in panchina.

    

Altro giro, altra corsa fra i paperoni del pallone. A Parigi nel 2017, gli sceicchi qatarioti fanno più o meno le stesse promesse dei colleghi emiratini al City: è la volta buona per trionfare in Champions. E in effetti comprare Neymar e Mbappé in un sol colpo sa di impressionante biglietto da visita. Quel Paris Saint-Germain vince tutto, in Francia. Ma in Europa sbatte malamente sul Real Madrid e va fuori agli ottavi: il responsabile del fallimento viene individuato nell’allenatore Unai Emery, arruolato due stagioni prima proprio per conferire alla squadra una dimensione internazionale (anche lì, credenziali impeccabili: a Siviglia aveva appena vinto tre Europa League di fila). Voliamo in Spagna, dove Ernesto Valverde è tuttora l’ultimo stratega ad aver guidato il Barcellona alla conquista della Liga. Ma il triennio 2017-2020 è anche il preludio al disastro finanziario che sarebbe emerso di lì a poco. Con la complicità del general manager José Segura, i blaugrana mettono 700 milioni sul mercato (la metà per un trio flop: Dembélé, Coutinho, Griezmann) e raccolgono briciole rispetto ai rivali del Real che spadroneggiano in Champions. Il finale è da incubo: a gennaio 2020 esonerato Valverde, ad agosto il subentrante Setién perde 2-8 contro il Bayern. Il prezzo da pagare sarà l’addio di Messi.

   

E in Italia? Limitiamoci alle storie nelle tre grandi. Sono ancora fresche quelle di Maurizio Sarri e Marco Giampaolo: arrivarono entrambi nel 2019, alla Juve e al Milan, per portare una ventata d’aria nuova, quasi irriverente, al progetto tecnico e identitario dei rispettivi club (chissà cos’avrebbe pensato l’avvocato Agnelli, di un allenatore in felpa). Esperimento fallito, pur con percorsi opposti: l’uno vinse lo scudetto, l’altro non arrivò al panettone. Stesse squadre e salto nel tempo. Vi ricordate di Gigi Maifredi, che doveva importare il calcio champagne a Torino? Perso sulla via di Villar Perosa, dove nel 1990/91, nonostante il colpo dell’estate (Roberto Baggio dalla Fiorentina), i suoi bianconeri finirono settimi in Serie A. Ai milanisti invece non evocano grandi gioie i titoli onorifici: sia il ‘maestro’ Tabarez sia ‘l’imperatore’ Terim furono esonerati dopo una decina di giornate (1996 e 2001), e addio alle intriganti premesse esotiche. Chiudiamo con Marco Tardelli, tornato all’Inter nel 2000 con l’aura del ct campione d’Europa Under 21: terminò con un anonimo quinto posto e uno 0-6 nel derby.

    

Eppure, tutti loro hanno avuto numeri migliori di Potter. L’eccezionale pazienza del Chelsea è stata questione d’orgoglio, finora. Ma potrebbe essere giunta al termine, con Zidane e Luis Enrique sull’attenti. Saranno decisive le prossime sfide – non inganni aver battuto il modesto Leeds –, a partire da quella europea contro il Borussia Dortmund. Intanto l’allenatore ha fatto sapere di aver ricevuto “minacce di morte contro di me e i miei figli”. Al netto degli imbecilli, certe storie è semplicemente meglio che finiscano.

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