l'incontro

Allenare l'azzurro. Metti una mattina con Mancini, De Giorgi, Campagna e Pozzecco

Umberto Zapelloni

I commissari tecnici di calcio, pallavolo, pallanuoto e basket si ritrovano insieme sul palco del Coni per un talk. Tutti diversi tra loro ma con un tratto in comune: la volontà di puntare sui giovani

Metti insieme su un palco Roberto Mancini, Ferdinando De Giorgi, Sandro Campagna e Gianmarco Pozzecco, i commissari tecnici di calcio, pallavolo, pallanuoto e basket e avrai una mattinata di parole interessanti per chi ama lo sport e la maglia azzurra. Da un’idea geniale di Gianni Petrucci è nato “Allenare l’Azzurro”, un talk gestito con sapienza da Carlo Mornati, segretario generale del Coni che ci ha fatti viaggiare per un’ora e mezza sulle panchine di quattro nazionali che negli ultimi 20 anni hanno raccolto 24 medaglie tra Europei, Mondiali e Olimpiadi (8 ori, 10 argenti e 6 bronzi), ossia il 29% dei podi assegnati che ha fatto dell’Italia la terza nazione in Europa (dietro a Spagna e Serbia). La medaglia di squadra, purtroppo, è quello che ci è mancato a Rio perché, come ha sottolineato Malagò: “Non vengono considerate di squadra due medaglie che invece nascono dalla squadra come il quartetto del ciclismo o l’otto del canottaggio”. Il presidente del Coni ha anche aggiunto: “Se non arrivano politiche massicce e mirate è impossibile fare questi risultati nell'arco di un paio di decenni. Bisogna invertire questo trend. Possiamo con due mezzi: il primo è la competenza, il secondo è il nostro modello molto invidiato, ma che è sotto attacco. Non si deve intervenire su quello che, dati alla mano, è impossibile ripetere certi risultati", provocando l’immediata risposta del ministro Abodi: “Giovanni, non credo che il mondo dello sport sia sotto attacco. Credo che a volte è nemico di sé stesso. Richiamo tre concetti che sono un cardine: lealtà, correttezza e probità. Se non rispettiamo questi principi non diamo un senso logico e morale alla nostra autonomia. Riscopriamo i valori della maglia azzurra, promuoviamoli a livello scolastico. Talvolta l'obiettivo è la supremazia sportiva. Per quanto mi riguarda l'obiettivo quotidiano è la supremazia dei valori”. Insomma, quella che doveva essere una celebrazione della maglia azzurra, è cominciata così, con un bel botta e risposta che non è l’esempio perfetto del “fare squadra”.  Che volete farci. Sfruttano ogni occasione per marcare il territorio.

 

Mancini, De Giorgi, Campagna e Pozzecco sono diversi uno dall’altro, ma hanno almeno due cose in comune: sono ex grandi campioni del loro sport e hanno puntato sui giovani promuovendo un cambio generazionale che nel calcio all’Europeo e nel volley all’Europeo e al Mondiale ha già dato i suoi frutti. Per tutti e quattro è centrale il valore della maglia azzurra. Quando il ministro Abodi dice “Dobbiamo riscoprire il valore della maglia azzurra” non ce l’ha certo con loro che l’hanno indossata e sanno bene che cosa significhi vincere in azzurro. “Un successo con la nazionale ti rimane dentro e a fine carriera sarà il ricordo più bello”, assicura Mancini che dopo il trionfo ha provato pure la tragedia della mancata qualificazione. Non si è fatto mancare nulla.

 

Nel calcio il cambio generazionale è più difficile rispetto alla pallavolo al basket o alla pallanuoto. – racconta Mancini - In Italia dobbiamo cambiare la nostra mentalità e pensare che i ragazzi di 18-19 anni possano giocare a massimi livelli. Bisogna dar loro fiducia, dare loro la possibilità di fare errori e di essere chiamati dai commissari tecnici. L’under 21, ad esempio, arriva a fine biennio che ha giocatori di 23 anni e alcuni di loro non giocano in prima squadra: per noi così è faticoso cercare i talenti”. A De Giorgi, il c.t. del Volley che aveva detto di essersi ispirato a Mancini per ricostruire la sua nazionale dopo i Giochi di Tokyo ha detto: “Quando ha messo dentro tutti i ragazzi e ha vinto l'Europeo sono rimasto estasiato. Sarebbe bello se potessimo avere anche noi questa possibilità, ma va cambiata la mentalità alla base. Poi devono darci la possibilità di avere i calciatori per più tempo”. De Giorgi ha detto il gioco, calcando la mano un concetto base: “E’ sbagliato abbinare le parole rischio e giovani. È vero che i giovani magari mancano di esperienza però possono dare altro. Io quando sono andato in giro a cercare i migliori non guardavo solo l’aspetto fisico e tecnico. Serve anche altro per creare una squadra vincente”.

Per Campagna il cambio generazionale è stato un obbligo: “Sono c.t. da 14 anni. Ne ho dovuti fare almeno tre – racconta – e ho sempre seguito un concetto: la squadra non la fai con i 13 giocatori migliori, ma con i giocatori più funzionali al gioco che hai in mente e alla loro volontà di essere funzionali al gioco di squadra”. “Le nazionali ormai non devono più essere selezione, devono essere squadre – conferma Pozzecco – io penso soprattutto a creare una famiglia, a scegliere dei ragazzi che sappiano stare bene insieme creando un ambiente famigliare e goliardico perché è fondamentale per creare un gruppo. E basta dire che la goliardia è sinonimo di non professionalità”. Un concetto sposato anche da De Giorgi, un altro che sa bene quando allentare la tensione e quando tirare le redini dei suoi.

 

Si parla poi dell’importanza degli staff. Per tutti e quattro è fondamentale. Ormai un c.t. non può più recitare da solo. Così Campagna racconta che dopo la medaglia di Rio ha detto alla Federazione: “L’aumento non lo voglio io, datelo al mio staff”. E Pozzecco esagerando a modo suo aggiunge: “Io ho un modo particolare di gratificare il mio staff: mi faccio espellere così poi sono loro a vincere. E io sono più contento quando la squadra vince senza di me per merito del mio staff”. Tutti e quattro chiedono un calendario internazionale meno fitto. Tutti studiano come far riposare i loro ragazzi quando li vedono sovraccarichi. “Le troppe partite sono un problema del calcio”, assicura Mancini. Ma De Giorgi, Campagna e Pozzecco la pensano allo stesso modo. “Anche perché nel basket è aumentata molto anche l’intensità delle performance. Prima il possesso di palla era di 30” ora di 24” e tutto è più rapido. In un minuto puoi cambiare possesso tre, quattro volte”.

Il Poz strappa una risata quando alla domanda che cosa serve per vincere risponde a modo suo: “Ci vuole un gran culo. Vi faccio anche un esempio. L’ultima medaglia olimpica del basket è quella di Atene e io per fortuna c’ero. Bene nei quarti potevano affrontare Grecia, Lituania, Stati Uniti o Portorico. Abbiamo beccato il Portorico… beh se non è culo questo… poi dopo abbiamo fatto la partita perfetta con la Lituania, ma la fortuna incide eccome”.  Campagna sta al gioco: “A me dicono sempre se vinci è perché hai avuto culo, se perdi è perché sei una pippa…”. De Giorgi aggiunge: “Se tu dici di aver fortuna togli un po’ di pressione agli altri in fin dei conti”.

 

Resta il tempo per il ricordo migliore, la partita della loro vita azzurra. Mancini non cita l’europeo, ma il successo contro l’Olanda per 1-0 ad Amsterdam (“ci hanno fatto i complimenti anche gli olandesi”). De Giorgi ha l’imbarazzo della scelta tra finale dell’Europeo e del Mondiale, ma cita il successo contro la Slovenia all’europeo come partita della svolta per la fiducia nei ragazzi. Campagna racconta la finale per il bonzo di Rio contro il Montenegro: “Una partita in cui avevamo tutti contro. Ma ricordo ancora adesso il discorso con cui abbiamo caricato i ragazzi con la nostra psicologa”. Pozzecco è quello con la vita azzurra più breve sceglie una sconfitta: “Potrei dirvi la vittoria contro la Serbia, ma dico la sconfitta contro la Francia. Con la Serbia siamo stati una sorpresa per tutti, contro la Francia nonostante la sconfitta abbiamo dimostrato di essere una realtà”.  Manca solo un ultimo show. Quando Campagna racconta che sta insegnando ai suoi ragazzi a non protestare con gli arbitri perchè è anche non deconcentrandoci in una protesta che possiamo vincere i Giochi”, il Poz si alza e finge di andarsene. Chiedetegli tutto, ma non di non arrabbiarsi. 

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