dialoghi mondiali/ 30

Argentina-Francia ci ha ricordato che non c'è niente di più drammatico della realtà

Fulvio Paglialunga e Giuseppe Pastore

Una finale che avremmo voluto non finisse mai, e che ripaga con il pathos le polemiche per la prima Coppa del mondo invernale. Cosa si inventerà il pallone per sorprenderci ancora?

Dialoghi mondiali”, oggi all'ultimo puntata, ha accompagnao ogni giorno di Qatar 2022. Un dialogo quotidiano tra il calcio e il faceto tra Fulvio Paglialunga e Giuseppe Pastore sui temi di giornata, o forse no, dei primi Mondiali invernali della storia.

 

Fulvio

Non posso credere a quello che abbiamo visto. Forse la partita più bella di sempre, forse ci ricorderemo sempre dov'eravamo, con chi, cosa facevamo mentre stavamo vedendo Argentina-Francia il 18 dicembre 2022. Avrei voluto non finisse mai, ma volevo anche che finisse perché stavo soffrendo senza saper per quale motivo, mi sentivo male e non avevo idea del motivo. Se sto scrivendo è perché non sono né argentino né francese, perché io non so loro come sono sopravvissuti a una finale del genere.

Giuseppe

Sì, il mio pensiero sul tiro di Kolo Muani al 122' è andato agli amici argentini e francesi, amici che peraltro non ho, ma in queste partite è come se si fosse tutti fratelli del mondo. Partita di emozioni violente e illogiche, summa ineguagliabile del calcio che sopravvive a ogni cosa, perfino a un Mondiale in Qatar. La più bella di sempre? Sono d'accordo.

Fulvio

Era bellissima anche mentre stava dominando l'Argentina, fino a dieci minuti dalla fine, e ci chiedevamo cosa stava combinando Deschamps e invece stava avendo ragione lui. È stata bellissima con una rimonta assurda, con due supplementari che in totale hanno portato la partita a 140 minuti e tutti correvano ancora. Bellissima per i gol di Mbappé, per Di Maria che non sbaglia una finale, per Messi che segna il terzo dell'Argentina come fosse Pippo Inzaghi, per quella costellazione di fenomeni comparsa in campo quasi all'improvviso tutti insieme, per i meravigliosi regali che uno sport crudele, feroce, bellissimo come il calcio ci ha fatto. In una domenica di dicembre, in un Mondiale meraviglioso.

Giuseppe

Risolto da Montiel, come beffarda svirgolata finale in un epilogo pieno accecante di stelle. Una finale inspiegabile che ha offerto una quantità di trame e sottotrame buona per cinque stagioni di Netflix, a conferma che non c'è niente di più drammatico della realtà. Il povero Kolo Muani che spara sul provvidenziale Martinez la palla del 3-4? Dybala che dopo un Mondiale da comparsa entra per calciare il pallone più pesante della carriera? Giroud e Dembelé sostituiti in maniera umiliante dopo 40 minuti inconcepibili? Macron che prima esulta, poi si deprime, poi esulta ancora, poi si accascia? C'è il mondo intero, letteralmente, contenuto in queste tre ore di grande spettacolo umano.

Fulvio

E Messi, la faccia felice del ragazzo partito da Rosario perché lo voleva fortemente suo padre e che, finora, era sempre quello che però non aveva vinto le grandi manifestazioni e invece ora ha a casa una Coppa America e una Coppa del Mondo. All'ultimo Mondiale possibile, segnando sempre dai quarti fino alla finale, e quasi in tutte le partite se contro la Polonia non gli avessero parato il rigore. Un trascinatore vero, uno che ha deciso che voleva vincere e ha fatto tutto quello che serviva, il gregario, il fenomeno, il regista, il capo banda. Ha vissuto con l'ombra di Maradona quasi tutta la carriera, il tormentone degli argentini “Muchachos” cantato fino alla fine diceva che Diego lo incitava. E ha vinto, come lui. Ha trascinato, come lui. È stato capo, come lui. Non è un confronto, non lo farò mai. Non si può fare. Ma ora, nella storia del calcio argentino, sono nello stesso posto.

Giuseppe

Sì, per 47 mesi a quadriennio su 48, Messi adesso è degno di essere considerato il più grande di tutti i tempi. Poi c'è il mese del Mondiale in cui il confronto è sospeso, per rispetto dell'uno ma anche dell'altro, ed è giusto così. Se vogliamo andare nel profondo, oggi Messi è andato anche oltre la violenza emotiva del Mondiale 1986: è rimasto sano e presente a sé stesso - aveva anche sfiorato il gol da leggenda al 97', parato da Lloris -, ha indicato la via, suonato la carica, e ha tirato un rigore col ghiaccio nelle vene. La partita è stata tatticamente del tutto illogica, anche se meriterebbe una decina di capitoli anche quella.

Fulvio

Non possiamo dire che una ha meritato più dell'altra, non possiamo dire niente di definitivo su una partita così. Però bello che abbia vinto Scaloni, commissario tecnico per caso, perché lui arriva pro tempore ad allenare la Nazionale e partita dopo partita, senza nessuna esperienza qualificante, diventa non solo un allenatore vincente, ma un allenatore che prepara le vittorie. Perché l'Argentina è diventata campione del Mondo crescendo partita dopo partita, sistemando ciò che non andava, aggiungendo Enzo Fernandez che poi è diventato il miglior giovane del Mondiale, sfruttando Di Maria nella partita decisiva. Scaloni che piange, alla fine, è la grande vittoria di un allenatore che sa che, già ora che a 44 anni, non verrà mai dimenticato. Come Menotti, come Bilardo. Ci pensi?

Giuseppe

È stata anche la vittoria di Scaloni, ci mancherebbe altro, per come ha rimesso insieme i cocci dopo la sconfitta con l'Arabia che avrebbe polverizzato anche Nazionali più psicologicamente corazzate dell'Argentina. Martinez è una sua fortissima scommessa, così come i cambi di formazione al momento giusto. Anche ieri come contro l'Olanda, se ci fai caso, l'Argentina si è rianimata e ha ritrovato risorse emotive in fondo alla spazzatura della propria anima: importante è stato anche l'ingresso di Lautaro, che ha sbagliato tanti gol ma si è procurato le occasioni che erano sempre sfuggite a Julian Alvarez, compresa l'azione del 3-2. E poi le montagne russe della seconda parte di gara stanno facendo passare in secondo piano 80 minuti in cui la Francia non aveva mai tirato in porta, con un dominio fisico, tattico e psicologico che non ricordo in nessuna finale Mondiale della storia recente.

Fulvio

Rischiamo di dimenticarci la Francia, che è stata comunque eroica. È arrivata con moltissimi assenti, ma Deschamps aveva sempre lo sguardo del giocatore di poker impassibile, che abbia un full d'assi o niente. È stato lì, paziente, ha tenuto la squadra insieme anche quando si è presentato il virus a debilitare lo spogliatoio, anche quando gli dicevano che era importante solo il ritorno di Benzema. La Francia, come l'Argentina, ha forza ed età per reggere ancora molti anni, moltissimi, e non a caso è arrivata a un passo dal secondo titolo consecutivo. Voglio anche parlare di Mbappé, non solo per il secondo gol, bellissimo. Ma perché se in una partita così riesci a segnare tre rigori su tre, calciandoli tutti benissimo, vuol dire essere a un livello di grandezza per cui il sangue freddo è una dote che pochi possono permettersi. E, per parlare di età, compie ventiquattro anni domani, vuol dire che può giocare ancora altri tre Mondiali. Io, nel dubbio, se dicono che la mia sorte si deciderà ai rigori, li faccio tirare a lui.

Giuseppe

Tre rigori calciati benissimo e tutti dalla stessa parte: un monumento di freddezza e coraggio. La Francia ha davvero giocato una partita pessima per 80 minuti, tanto che eravamo tutti concordi nel dare la colpa al misterioso virus, chissà quanto diffuso in profondità nello spogliatoio transalpino: e insieme il calcio ha ribaltato qualunque editoriale scritto troppo in anticipo, come spesso ama fare. Però tanti errori, allora, nella preparazione del primo tempo, nel mandare lo sciagurato Dembelé in pasto a Di Maria, nel non aver caricato psicologicamente quelli che erano alla prima finale: Theo Hernandez ha giocato una partita da incubo. Il simbolo della semi-disfatta francese è stato il pallone sbagliato da Griezmann al quinto minuto: è come se quel campanello d'allarme avesse continuato a pulsare nelle tempie dei compagni per tutta la partita. Dal rigore di Mbappé in avanti è stato puro e grandissimo cinema d'azione, un kolossal alla James Cameron per rimanere sull'attualità, e lì Deschamps si è dolcemente abbandonato alla corrente, come tutti noi.

Fulvio

Sai, quando Mbappé ha segnato il primo rigore ha fatto quello che fanno tutti quando c'è da rimontare: correre a prendere il pallone. Ma poi hanno inquadrato Macron che esultava e io, sul 2-1 a dieci minuti dalla fine e con la Francia che non pensavo potesse rianimarsi, ho pensato “vabbè, esulta per le telecamere, mica di crederà davvero”, perché anche dopo quel gol era difficile credere alla rimonta. Invece in quel momento tutte le decisioni di Deschamps si sono rivelate giuste, ed è cominciata un'altra storia. Poi ai supplementari ho immaginato l'inerzia della partita cambiare e, quindi, la possibilità della Francia di vincere, ma ha segnato Messi. Poi ai rigori mi sono arreso: faccia il calcio, l'entità sovrannaturale che tutto può e di cui parlavamo ieri. Però credo che ormai ci sarà un prima e dopo Argentina-Francia.

Giuseppe

Faccia il calcio, sì, faccia il Dio pallone. Penso sia però una sconfitta che a freddo lascerà parecchie scorie, visto che a quanto pare non era un problema di malessere generale e che la Francia ha reagito eccome, e dall'80' in poi s'è capito fosse molto più forte dell'Argentina: e allora penso che Deschamps dovrà spiegare come ha gestito (non bene) questi ultimi 10 giorni, in cui i Bleus hanno barcollato più volte, anche contro Inghilterra e Marocco, smarrendo tutta la baldanza con cui avevano travolto la prima metà del Mondiale.

Fulvio

Ti dirò di più: non ci sarà solo un prima e un dopo Argentina-Francia, ma anche un prima e dopo Qatar 2022. Questo è un Mondiale che non si doveva giocare lì, che non doveva essere organizzato da un avido di potere come Infantino, che doveva avere un'etica maggiore e invece non ne aveva e che per la prima volta si è giocato nell'inverno europeo (perché, chiariamolo: non è inverno ovunque), ma dal punto di vista tecnico ha avuto in una finale straordinaria a coronamento di 64 partite spettacolari, di una fase a gironi incredibilmente equilibrata, ottavi sorprendenti, quarti di alto livello, semifinali potenti. Ci dice che il mondo è più piccolo, che dobbiamo aspettarci ulteriori rivoluzioni, che giocare a stagione in corso tutto sommato permette di avere valori più alti perché i calciatori non sono esausti. Ci hanno esaltato e non c'era l'Italia, proprio perché di una bellezza tale che ci ha appagato lo spettacolo. Il fatto che l'unica squadra a deludere sia stata quella di casa, vuol dire che il calcio non è per loro, ma grazie al dio del pallone è di tutti.

Giuseppe

Eh sì, ci interrogheremo sull'eredità tecnica e storica di Qatar 2022, che per il suo epilogo merita di essere ricordato alla pari dei grandi Mondiali dell'era moderna, Spagna 1982, Germania 1974, quelli lì. Non c'è stata una grande novità tattica (ormai nel calcio globale non ci s'inventa più nulla, men che meno a un Mondiale preparato in una settimana), ma ci sono stati pathos, energia, spettacolo. Un Mondiale riassunto dal gesto dell'emiro che fa indossare a Messi la tunica prima di sollevare la coppa: "Questo è il nostro Mondiale, con buona pace di voi occidentali che state delirando da due ore su questa partita, e ci terremmo a ricordarvelo nel momento che state aspettando da un mese". Uno scontro freddo di civiltà che mi auguro (mi illudo) possa portare a una futura conciliazione.

Fulvio

Sai perché non ci riusciranno? Sai perché nessuno riuscirà a tramutare il calcio in un banale prodotto in vendita nonostante ci provino in tanti? Perché il calcio è sentimento, è la grande gioia delle vittorie, ma anche l'immenso dolore delle sconfitte, è l'Arabia Saudita quelli che poi diventeranno i campioni del Mondo perché è vero che vincono quasi sempre i più forti, ma è vero anche che tutti possono sognare di esserlo per un giorno. Perché il calcio scrive sempre storie migliori di quelle che vogliono proporci i ricchi, perché è uno sport in realtà povero, che giochiamo per strada e lì affonda la sua identità reale. Ecco perché mi ha esaltato la finale: è la rivincita del pallone sulla plastica di cui era fatto inizialmente questo Mondiale, è la storia che si scrive sotto i nostri occhi, anche neutrali. E perché il calcio è quella cosa che, ora posso dirtelo visto che ho parlato molto di lui in questi dialoghi, mi ha fatto piangere alla notizia della morte di Maradona. Non c'entra il tifo, c'entra l'idea che i nostri eroi indossano dei pantaloncini e crediamo siano immortali.

Giuseppe

Certamente, li chiamiamo per nome, Diego Pablito Sinisa, pur non avendoli mai incontrati. Non credo sia retorica: è l'appartenenza collettiva a una famiglia che fa incazzare, litigare, sospirare e bestemmiare, come tutte le migliori famiglie. Ci siamo divertiti. Non pensavo così tanto, ma anche con migliaia di partite alle spalle che ci hanno reso cinici e pronti a tutto, il calcio ha ancora trovato il modo di sorprenderci.

Fulvio

Infatti ora che questi Dialoghi sono all'ultima puntata devo confessare, non pensavo di dirlo, che temo di non farcela ad aspettare quattro anni...

Giuseppe

Al momento ho bisogno di riprendere un po' di fiato. Poi nel 2026 ci saranno 48 squadre, di cui speriamo almeno una con la maglia azzurra. Ma adesso è giusto camminare all'indietro guardando quest'enorme affresco, come si fa nei musei con i quadri troppo grandi per essere ammirati da vicino.

Fulvio

Ci siamo divertiti molto.

Giuseppe

E adesso siamo curiosi di scoprire cos'altro s'inventerà il pallone, per fregarci ancora.

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