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Dossier paralleli

Juventus e Ferrari, due storie di famiglia che riguardano tutti noi appassionati

Umberto Zapelloni

Elkann si è trovato sul tavolo due dossier di crisi profondamente diversi, ma uniti da un fattore non secondario: riguardano due proprietà della famiglia Agnelli

La Juve ha cambiato per difendersi, la Ferrari lo ha fatto per attaccare. Dietro le dimissioni (indotte) dell’intero cda bianconero e del team principal della scuderia Mattia Binotto ci sono due necessità differenti. Andrea Agnelli e i suoi uomini si sono dimessi per potersi difendere in tribunale dalle accuse, pesanti e circostanziate, della Procura di Torino. Una mossa inevitabile dopo che anche le società di consulenza e la Consob avevano evidenziato dei problemi nei bilanci finiti sotto inchiesta. Mattia Binotto è stato invece portato a dimettersi dopo quasi 30 anni a Maranello dove era entrato da stagista, perché il presidente Elkann non aveva più fiducia in lui e, volendo andare all’attacco del Mondiale, ha ritenuto necessaria la rivoluzione. Una mossa evitabilissima se guardiamo i risultati dell’ultima stagione, ma inevitabile se pensiamo alla mancanza totale di feeling tra le parti.

Andrea Agnelli nella sua lettera ai dipendenti dice: “Stiamo affrontando un momento delicato societariamente e la compattezza è venuta meno. Meglio lasciare tutti insieme dando la possibilità a una nuova formazione di ribaltare quella partita”. Mattia Binotto nella sua dichiarazione d’addio sostiene invece di lasciare: “… una squadra unita e in crescita. Una squadra forte, pronta, ne sono certo, per ottenere i massimi traguardi, alla quale auguro ogni bene per il futuro”. Da una parte è mancata la compattezza, dall’altra quella compattezza non è stata ritenuta sufficiente dal presidente per confermare la squadra e dare stabilità a un progetto partito meno di quattro anni fa.

Alla Juve il problema prima che sportivo è societario. Le accuse di falso in bilancio e mancata comunicazione al mercato non sono banali. In una società quotata in Borsa sono gravissime, hanno portato alla richiesta (poi respinta) di custodia cautelare per gli imputati. Problemi che fanno risultare bazzecole quelli di classifica a cui deve far fronte Max Allegri, probabilmente l’ultimo ingaggio sbagliato di Andrea Agnelli che si era affidato al passato per ritornare a vincere dopo essersi bruciato soldi (e risultati) con la scommessa Ronaldo e un’irrefrenabile voglia di Champions. John Elkann ora ha affidato la Juve a uomini di fiducia, lontani dagli ambienti sportivi. Una scelta che ricalca quella del dopo Calciopoli, quando la società fu affidata a Giovanni Cobolli Gigli prima di tornare nelle mani della famiglia. Ci vuole un distacco guidato da professionisti di valore prima di ricominciare.

Alla Ferrari il problema è solamente sportivo, visto che l’azienda inanella un bilancio record dietro l’altro e fuori c’è la coda di clienti che vorrebbero una supercar di Maranello. Mentre la Juve vinceva uno scudetto dopo l’altro, la Ferrari metteva in fila 14 anni senza mondiali. Il titolo piloti manca dal 2007, quello costruttori dall’anno successivo. Nel frattempo sono cambiati tre presidenti e quattro team principal. Montezemolo era stato sostituito da Marchionne perché una Ferrari che non vinceva in pista era ritenuta un problema. Non si è più vinto. John Elkann si è seduto sulla poltrona presidenziale dopo la scomparsa di Marchionne, ma il Mondiale non è arrivato. Sono arrivate stagioni buie, con tanto di accusa di aver barato sul motore, fatto che ha portato a un accordo scandalosamente segreto e a due anni senza vittorie in pista. Alla fine della stagione della rinascita, John Elkann ha deciso di terremotare la squadra portando Binotto a dimettersi. Da un po’ non aveva più fiducia nel suo team principal che qualche colpa l’ha avuta, ma che almeno aveva riportato la Ferrari sul viale della vittoria. Non lo riteneva l’uomo giusto per lanciare l’attacco decisivo. Così si è trovato sul tavolo due dossier di crisi in contemporanea. Profondamente diversi, ma uniti da un fattore non secondario. Riguardano due proprietà della famiglia Agnelli, ma anche le due squadre che hanno più tifosi in Italia. Non si tratta solo di cose loro insomma. Ma della passione sportiva di tanti di noi.

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