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Qatar 2022

La "poetica" di Galles-Inghilterra tra Dylan Thomas e William Shakespeare

Davide Ferrari

Nell'ultima giornata del gruppo B c'è il derby britannico. Viaggio poetico tra Swansea e Stratford-upon-Avon, tra stadi mondiali e prati dove la palla non cada al cielo

In tempi di Brexit e referendum indipendentisti, la partita tra vicini di casa, Galles-Inghilterra, che potrebbe valere la qualificazione agli ottavi di finale del primo Mondiale invernale della storia scalda gli animi. I tifosi delle due squadre, per la verità, hanno sentito il calore della sfida con grande anticipo. Sarà per la passione e il patriottismo o per gli ettolitri di birra, sta di fatto che hanno cominciato a darsi botte da orbi da una settimana. E come spesso accade in questi casi, i panni sporchi non li hanno lavati a casa loro, in quel Regno tutt’altro che Unito. Come teatro delle scorribande hanno scelto le strade di Tenerife dove si sono scambiati schiaffoni, calci e pugni, dolci carezze con sgabelli di ferro, con un sottofondo di musica “tunz tunz” da discoteca a cielo aperto. A noi italiani quest’anno tocca di essere spettatori del teatrino qatariota tra un po’ di sbadigli per interpretazioni quasi indecenti e qualche sobbalzo per tre o quattro monologhi ben riusciti. E, visto che non ci resta che usare l’immaginazione, ho pensato a due tifosi d’eccezione, entrambi poeti, uno per parte: Shakespeare (William, non l’ex calciatore Craig che è tranquillo a fare il vice sulla panchina del Norwich City) per l’Inghilterra e Dylan Thomas per il Galles.

   

Visto che avevano entrambi dimestichezza con risse, bevute e tafferugli di ogni sorta (soprattutto il secondo), che cosa avrebbero detto dello scontro tra i rispettivi connazionali? E come si sarebbero comportati? Perché diciamolo, sembrava di vedere Montecchi e Capuleti nel primo atto di Romeo e Giulietta – che comincia proprio con una rissa – e mi piace pensare che sia il bardo inglese sia il genio di Swansea non avrebbero così tanto biasimato la situazione. E non l’avrebbero nemmeno usata come specchietto per le allodole, visto che questo Mondiale – tra lavoratori deceduti per la costruzione di stadi a scadenza inferiore ad una bottiglia di latte fresco, sprechi assurdi di denaro, energia e acqua che hai voglia a fare il G20 sul clima a Sharm el-Sheikh, tifosi pagati come comparse, arresti di giocatori rappresentativi di paesi che hanno più di una cosa da farsi perdonare (e da cambiare), censure sui diritti umani e civili, trattamento delle donne, ammonizioni per fasce di capitano arcobaleno e rappresaglie varie – ci sta regalando episodi di violenza ben peggiori di una rissa da strada. Mi piacerebbe sapere come Shakespeare avrebbe interpretato eventi del genere. Perché si tratta proprio di una tragedia. Sarebbe stato bello vedere cosa avrebbe scritto il buon Dylan se, una volta alla partita, si fosse reso conto che sugli spalti non avrebbe potuto neanche toccare un goccio di birra. Altro che sgabelli e politically correct. Avrebbe fatto un casino! Stasera li vorrei vedere tra il pubblico a fare il tifo per la propria Nazionale e ad annotare il necessario per una pièce o una poesia. Già, perché questi due, tra i poeti più influenti di tutti i tempi, a differenza di alcuni calciatori, tra i più pagati di tutti i tempi, avevano un certo coraggio non solo nel dire le cose come stavano, ma anche nel vivere. E noi poi dovremmo accodarci a quelli che il Mondiale non lo guardano convinti di appoggiare l’una o l’altra causa, dal divano di casa propria, senza nulla rischiare. Ma per favore…

 

Come dice Dylan Thomas nel suo unico dramma radiofonico Under milk wood, capolavoro di una coralità di voci capace di toccare vertici di umorismo e crudeltà, Non siamo del tutto cattivi o buoni / noi che viviamo le nostre vite sotto il Bosco di Latte / ma tu, lo so, sarai il primo / a vedere il nostro lato migliore, non quello peggiore. Guarderò la partita di stasera tra Galles e Inghilterra così come le altre: con la speranza di trovare ancora un po’ di genuina passione per un calcio che non è più solo un gioco o che vorrebbero spacciarci per altro.

  

Ecco cosa direbbe Dylan Thomas in proposito: Ho udito molti anni di parole, e molti anni / dovrebbero portare un mutamento. / La palla che lanciai giocando nel parco / non è ancora scesa al suolo. C’è un poeta (e un tifoso) che invecchia ma resta coi sogni, con i giochi del bambino. La palla che ha lanciato è ancora in aria. Il tempo è fermo. Si può ancora sognare.