Il primo Mondiale che a m'arcord - il foglio sportivo

Mondiale 1970, ossia non diciamo banane!

Paolo Nori

"Quando c’erano stati i quarti di finale dei Mondiali del 1970, Italia-Messico, ero in macchina con mio babbo che ascoltava la partita per radio, e ogni volta che l’Italia segnava, aveva segnato 4 volte, aveva vinto 4 a 1, mio babbo alzava le braccia e mia nonna lo sgridava: 'Tieni sodo il volante!'"

Dei Mondiali del 1970 non ho visto neanche una partita ma me li ricordo benissimo, e la prima cosa che mi ricordo, sembra che non c’entri niente, è il fatto che in Russia, per qualche decennio, tra prima guerra mondiale, rivoluzione e guerra civile, era stato impossibile fare arrivare delle banane. 

C’eran bambini che facevano le elementari, che non avevano mai mangiato, né mai visto, una banana, e che credevano che i loro fratelli maggiori, quando parlavano loro di quel frutto così strano, giallo, a mezzaluna, dolcissimo, con quel nome che sembrava finto si fossero messi d’accordo per raccontare una balla. 

Quella generazione di bambini russi, quando sentiva raccontare una balla, diceva che era una banana. 

“Non dire banane!”, dicevano. 

Ecco io sono abbastanza vecchio per ricordarmi delle banane.

Quando c’erano stati i quarti di finale dei Mondiali del 1970, Italia-Messico, ero in macchina con mio babbo che ascoltava la partita per radio, e ogni volta che l’Italia segnava, aveva segnato 4 volte, aveva vinto 4 a 1, mio babbo alzava le braccia e mia nonna lo sgridava: “Tieni sodo il volante!”. 

Ma non era arrabbiata, lo diceva come se fosse contenta; era un momento, il 1970, che noi, come famiglia, eravamo contenti: avevano una bella macchina, una Volvo, mio babbo aveva un’impresa edile, l’Italia, come nazione, andava verso un progresso che sembrava indefinito e avevamo dato 4 pere al Messico, andava tutto come doveva andare. 

Della partita successiva, di quei mondiali, Italia Germania 4 a 3, non mi ricordo niente, mentre mi ricordo benissimo la finale, Brasile Italia 4 a 1, perché mio babbo, poi, negli anni, di quella partita, avrebbe parlato moltissime volte. 

Non si spiegava, mio babbo, come mai Valcareggi, l’allenatore, invece di fare entrare Rivera al posto di Mazzola all’inizio del secondo tempo, come aveva fatto contro Messico e Germania (e Rivera aveva segnato sia contro il Messico che contro la Germania), lo aveva fatto entrare a sei minuti dalla fine, quando il Brasile vinceva già 3 a 1. 

“Che, in sei minuti, cosa vuoi fare?”, diceva mio babbo. 

Mio babbo poi sottolineava una cosa che non so se sia vera, che quando la nazionale era tornata in Italia, all’aeroporto, a Fiumicino, gli avevano tirato i pomodori. 

Erano arrivati secondi nel mondo, gli avevano tirato i pomodori.  

Ecco io, allora, il 14 giugno del 1970, quando mio babbo lasciava il volante della sua Volvo per esultare perché aveva segnato Rivera, io avevo pensato che tutto stava andando bene e che sarebbe continuato ad andar bene per sempre. 

Cinque giorni dopo, il 21 giugno del 1970, quando le quattro pere ce le aveva date il Brasile, avevo scoperto che non era così, che le cose non è che ti vanno bene perché sei tu, perché sei italiano, sei ricco e sei bello. 

Due anni dopo, per dire, la ditta di mio babbo è fallita e una Volvo non l’abbiamo più avuta, in famiglia. 

Però io so che dei momenti in cui le cose vanno bene, come su quella macchina, il 14 giugno del 1970, esistono. Le banane esistono. 

E, nel 2022, 52 anni dopo, che di anni ne ho 59, adesso io, quando mi sembra di vivere un periodo che le cose non vanno benissimo, quando faccio fatica, quando mi devo doveva dire, nella mia testa, “tieni duro”, mi sembra che sia normale, perché son dei decenni, che funziona così, nella mia vita: bisogna fare fatica. 

    


 

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