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Kyrie Irving è sempre più una storia finita male
Il cestista è sempre più vicino all'addio ai Brooklyn Nets. Dopo essere stato sospeso "per almeno cinque gare" per un tweet che promuoveva un documentario antisemita, dovrà seguire un tour di scuse. Così la franchigia newyorkese cerca di scaricare un ottimo giocatore diventato un peso
Ancora una volta, forse quella definitiva, Kyrie Irving è in bilico sui margini dei Brooklyn Nets. Lo era già stato nel gennaio 2021, quando si assentò all’improvviso per motivi personali di cui l’organizzazione e i compagni di squadra non erano al corrente; poi durante la scorsa stagione, in cui ha giocato solo un terzo delle partite a causa del suo status vaccinale; e ancora durante l’estate, in cui è sembrato a lungo destinato a un cambio di maglia. Ora, in un momento per i Nets molto delicato, dopo un inizio difficoltoso e il licenziamento di Steve Nash, ecco un’altra tempesta mediatica.
A innescare i problemi è stato un tweet in cui Irving ha promosso un documentario (Hebrews to Negroes: Wake Up Black America) contenente messaggi e teorie di stampo antisemita. Un endorsement che ha innescato una serie di dure reazioni e critiche, dell’opinione pubblica prima e dell’Nba poi. E a cui, soprattutto, non hanno fatto seguito delle sue chiare ed esplicite scuse, che i Nets stavano aspettando, invano, nella sua conferenza stampa di lunedì scorso. La situazione a quel punto è precipitata, fino alla sospensione “per un periodo di almeno cinque gare” (senza stipendio), annunciata con un comunicato dai toni particolarmente duri. “Siamo sconcertati”, “è contro i valori della nostra organizzazione”, “è inadatto ad essere associato ai Brooklyn Nets”.
Il suo post di scuse su Instagram (successivo alla sospensione) e la sua donazione da 500.000 dollari (rifiutata) alla Anti-Defamation League non sono servite, il front office ha infatti recapitato a Kyrie una lista di sei condizioni per il suo reintegro in squadra. Un tour di scuse in più tappe, inclusa una decisa condanna delle teorie antisemite e un incontro con i leader della comunità ebraica locale.
Più che la speranza di far rientrare il caso, secondo l’insider Marc Stein, a muovere la franchigia newyorkese è l’intenzione di cementificare l’estromissione di Irving dal team. Nelle prossime partite sarà inactive, ma la domanda è per quanto ancora sarà un giocatore dei Nets, considerato anche il suo contratto in scadenza. Per Joe Tsai e soci l’insofferenza per il never ending drama vissuto con Irving è a un punto di non ritorno. “In molti nella dirigenza sono stanchi di tutto quello che succede fuori dal campo”, ha raccontato Nick Friedell (Espn). “Giorno per giorno, ha esacerbato il rapporto con la franchigia. Potrebbe aver giocato la sua ultima partita qui".
Sulle controversie legate a Kyrie negli ultimi anni e sul suo martirio, come lui stesso lo ha definito, si potrebbe produrre una serie tv di almeno cinque stagioni, e online è disponibile una vasta letteratura in merito. Le brusche separazioni con tutte le squadre per cui Kyrie ha giocato, infatti, sono solo una parte dei motivi per cui è diventato l’atleta controverso per eccellenza, grazie a un curriculum incredibilmente variegato: dalle dichiarazioni sul terrapiattismo e su teorie cospirazioniste, al tentativo di sabotare la bubble; dal ruolo giocato negli addii di Atkinson e Harden, alla promessa non mantenuta con i Celtics; dalla scelta di non adempiere agli obblighi vaccinali, al video della festa di compleanno della sorella.
Adesso, all’orizzonte si intravede un altro epilogo drammatico. Lo era stato con le altre ex fidanzate (parole sue, dopo una gara al TD Garden): i Cavaliers, LeBron James, l’intera città di Boston. I prossimi sembrano essere i Brooklyn Nets, l’ennesima storia finita male per Kyrie Irving.
la nota stonata #7