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Il miracolo dell'ultima generazione di nuotatori italiani

Roberto Perrone

La Nazionale di nuoto è riuscita a trasformare uno sport individuale in una storia collettiva. Lezioni per il paese

"Generazione di fenomeni, siete voi / Generazione di fenomeni, tutti eroi”, cantavano gli Stadio agli inizi degli anni 90, quando le medaglie del nuoto italiano si contavano sulle dita di una mano. All’Olimpiade in quasi cento anni ne sono arrivate appena quattro, merito di due soli atleti, Novella Calligaris (tre podi a Monaco ’72) e Stefano Battistelli (uno a Seul ’88). Prima dell’Olimpiade di Sydney 2000, i nomi dei nuotatori italiani significativi li conoscevamo tutti a memoria. Oggi, invece, guardando i ragazzi del blocchetto che festeggiano la fine dell’Europeo 2022 (in piscina) con il trofeo alla squadra migliore (la nostra), stentiamo a ricordarceli tutti. Difficile tenere il conto di 35 medaglie, 13 ori, 13 argenti e 9 bronzi, ricordare tutte le prestazioni dei 58 atleti italiani che sono riusciti nella non semplice impresa di trasformare una disciplina squisitamente individuale in una storia collettiva. L’aspetto più significativo della settimana del Foro Italico riguarda quello che potremmo definire il “trionfo del gregario”. L’ultima generazione di nuotatori italiani, molti fenomeni, tutti eroi, ha reso il nuoto uno sport di squadra, football style. Lo si è visto dalla partecipazione e dal tifo sulle tribune, lo si è constatato nella partecipazione di tutti i nuotatori in vasca. Chi ha in mente certe prove rinunciatarie di quarant’anni fa, lo comprende più facilmente.

 

Un piccolo miracolo. Perché, come dicevamo, il nuoto è uno sport individuale, più dell’atletica. Là, almeno, le staffette prevedono uno sfioramento, il passaggio del testimone. Nel nuoto no, il cambio è asettico, uno tocca la piastra, l’altro, stando attendo a non anticipare troppo (e a non ritardare troppo), si tuffa dal blocchetto. Eppure la sensazione che abbiamo provato tutti, guardando questi ragazzi in gara e fuori, è quella del contatto, del gruppo. Tutti eroi. Tutti hanno fatto quello che dovevano, le punte, i più bravi, ma soprattutto gli altri, i meno dotati, le seconde linee, trascinati dai primi, trascinatori di se stessi. Non solo medaglie, ma doppie medaglie. Per sei volte due italiani sono andati insieme sul podio. Tre doppiette oro/argento nella rana, lo stile più tecnico, lo stile dove siamo una super potenza: 100 rana uomini Martinenghi/Poggio, 100 rana donne Pilato/Angiolini, 50 rana uomini Martinenghi/Cerasuolo. Poi un doppio oro/bronzo nel fondo, altro feudo nostrano: 800 stile libero uomini (Paltrinieri/Galossi) e 1.500 donne (Quadarella/Caramignoli).

 

Questa è la grande novità della generazione di fenomeni. Il fatto che non sono tutti fenomeni ma tutti vogliono una fetta di torta, anche piccola. Siamo passati dalla Divina che divertiva tutti noi, al tempo delle ragazze e dei ragazzi che divertono prima di tutto se stessi. Nel 2009, in questa stessa piscina, l’Italia conquistò quattro medaglie ai Mondiali, due d’oro con la star Federica Pellegrini, una d’oro e una di bronzo con la “rivale” Alessia Filippi. Dietro, nulla. Siamo passati dalla diva che scende le scale con i boys che lanciano petali di rosa ai boys e girls che hanno preteso di scendere la scala tutti insieme. Mai accaduto niente del genere nel nuoto italiano. E chi sottolinea che mancavano i russi e che c’erano altre defezioni, non considera (uno) che gli assenti hanno sempre torto e (due) che i nostri ragazzi hanno nuotato prima di tutto contro/per se stessi. Un esempio per tutti, in questo passaggio storico in particolare.

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