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Il calcio femminile è un'insopportabile operazione di marketing

Jack O'Malley

Fanno bene le donne a giocare e a pretendere il professionismo, ma basta ma è ora di finirla di far finta che non ci siano differenze con il calcio maschile. Ora una calciatrice è finita addirittura nella copertina dell’ultima edizione del videogioco Fifa 23

Vi invidio, amici italiani. E non è l’alcol a farmi parlare. Non più del solito almeno. Per una volta, sinceramente vi invidio. La vostra Nazionale femminile ha fatto una figura ridicola all’Europeo che si gioca nei campi di allenamento delle giovanili delle squadre inglesi ed è stata eliminata. Invidio soprattutto i miei colleghi dei giornali sportivi, costretti fino a qualche giorno fa a fingere che gli fregasse qualcosa di un torneo con le stesse qualità tecniche di un campionato della vostra Eccellenza, a mettere in prima pagina partite di cui non fregava granché a nessuno, pena l’accusa di sessismo.

 

Adesso che le Azzurre sono tornate a casa dopo tre partite indecenti potete tornare a parlare con cuor leggero di Bremer alla Juve e non all’Inter, di Dybala alla Roma e non all’Inter, di chiunque ovunque tranne che all’Inter. Qua da noi, col fatto che le nostre ragazze se la cavano, tranne che per l’inconveniente del colore della divisa, e che ospitiamo noi questo torneo parrocchiale che è l’Europeo femminile, ancora siamo costretti a vedere aperture di pagine sportive dedicate alle imprese non memorabili delle calciatrici. Io ve lo giuro, con una più che degna scorta di brandy ci ho provato, ma i tiri al rallentatore verso porte difese da sagome cartonate coi capelli lunghi non fanno per me. 

 

Verrò presto spazzato via, lo so, sono di quelli che allo stadio fischiano ancora gli avversari e cantano i cori non passati al vaglio delle società, ma è più forte di me. Nulla contro le calciatrici, sia chiaro: loro fanno bene a giocare, a pretendere il professionismo, a cercare sponsor e divertirsi a vincere. Quello che non sopporto è l’operazione di marketing che c’è attorno al movimento calcistico femminile, che in nome di una parità fisica e tattica inesistente pretende di venderci come uguale un surrogato dello sport di cui ci siamo innamorati. Sono due sport diversi, e chi vuole seguire quello più lento e acuto dei due ha tutto il diritto di farlo, eppure cercano di spacciarli come identici.

   

L’ultima novità è la copertina di Fifa 23, il videogioco di calcio che ha cresciuto generazioni di lobotomizzati che preferiscono i trick virtuali all’odore del campo e che dall’anno prossimo se Dio vuole non ci sarà più. “Fifa 23 sarà l'ultimo. E punta a essere il più bello e inclusivo di sempre”, titolava non a caso Repubblica giovedì. In copertina c’è Kylian Mbappé, e con lui Sam Kerr. Anche io come voi ho pensato “e chi cazzo è?”. Sam Kerr è una calciatrice australiana che gioca nel Chelsea. Ora io sono contento che Kerr giochi a calcio in Inghilterra, ma cosa se non un’operazione di marketing ideologica l’ha fatta finire sulla copertina di Fifa 23? Ripetere una bugia cento, mille volte non la fa diventare una verità. Con buona pace dell’Università americana della Pennsylvania che ha nominato come donna dell’anno la nuotatrice trangender Lia Thomas. Un insulto alle atlete donne che nuotano e vengono regolarmente battute da questo corpaccione che per il 95 per cento della sua vita è stato un uomo, e che oggi grazie al suo vantaggio fisico vince tutte le gare femminili a cui partecipa. Inutile che vi dica che spero non vinca lei: il prossimo passo qual è, premiare una birra analcolica come birra dell’anno? Io mi tengo stretto la mia bionda alcolica, voi fate come volete.

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