Foto LaPresse

La Cremonese in Serie A non è un'operazione nostalgia

Enrico Veronese

La promozione dei grigiorossi ha iniziato un tam tam di rievocazioni del calcio anni Ottanta-Novanta. Eppure la squadra di Fabio Pecchia è un "viaggio" nel futuro del pallone italiano

Non era ancora scoccato il fischio finale, venerdì sera allo stadio Sinigaglia di Como, che le messaggerie calciofile italiane vibravano impazzite. Dopo ventisei anni la Cremonese stava tornando in Serie A: un’eternità per i tifosi più giovani che mai l’avevano vista sfidare le grandi, una piacevole riscoperta per chi ne aveva dimenticato il moderato declino.

 

Esistono società che più di altre hanno il dono di non restare antipatiche ad alcuno, se non agli antagonisti locali nei derby: i grigiorossi sono una di queste, e il merito storico è tutto da ascrivere alle vicende degli anni Ottanta e Novanta, consumatesi sotto la bonaria presidenza di Domenico Luzzara. E improvvisamente le chat risvegliano la memoria: ti ricordi Tentoni e Dezotti, il talento di Limpar e il Milan di Sacchi che capitola? Hai presente il gioco del primo Mondonico, le maglie di lana, i complimenti nonostante la retrocessione? Non c’è stato un solo amante del pallone cui la Cremonese non rievochi i presunti bei tempi andati – quando, del resto, già venivano rievocati i presunti bei tempi di trent’anni prima, e via così – e se dai playoff dovesse tornare in Serie A anche il Pisa sarebbe il coronamento della restaurazione tardoclassica, le beate sedici squadre tutte la domenica alle ore 15, proprio nel mezzo dell’èra dei fondi senza un volto. Anni di presidenti fanfaroni ma munifici, sgrammaticati e pure empatici, con l’attitudine a essere serbatoio delle grandi (Juve in primis): da Cremona passarono Cabrini, Marocchino e Prandelli, prima che Borea e Mantovani non se ne servissero per fare grande la Sampdoria con Chiorri, Lombardo, naturalmente il ragazzo di casa Gianluca Vialli che allo stadio Zini regalò – in bianconero – una delle sue rovesciate più iconiche.

 

E oggi? La cronaca e la formazione che ha ottenuto una promozione rocambolesca (due brutte sconfitte prima del successo di Como, mentre il Monza perdeva a Perugia) dicono che anche adesso a Cremona crescono bene i virgulti spediti dalle metropoli, o dalle recenti fortezze del calcio come l’Atalanta: Nicolò Fagioli è un predestinato secondo Allegri, presto troverà spazio allo Stadium, e pure già lo scorso agosto scriveva agli amici “li porto in Serie A”. Juventino pure Luca Zanimacchia, ala col vizio del gol, e quell’Hamza Rafia che esordì strabiliando in Coppa Italia contro il Genoa. Dal canto suo Luca Valzania, trequartista mobile e versatile, viene dalle giovanili dell’Atalanta e ambirebbe tornarvi con chance di carriera; per non dire di Marco Carnesecchi, pure scuola Atalanta e già nell’Under 21, e del compagno di nazionale Caleb Okoli, nel mirino delle big. A Soccavo, se non verrà lasciato un anno a maturare in Serie A, tornerà Gianluca Gaetano, “volante” di centrocampo, mentre tra i leader in cerca di conferma nella massima serie figurano Matteo Bianchetti (ex Hellas Verona) e Luca Strizzolo (dal Cittadella), i veterani Daniel Ciofani e Alessandro Crescenzi, il promettente terzino Sernicola e una vecchia volpe come Samuel di Carmine. Con una Cremonese così, vocata al futuro, non è proprio il caso di abbandonarsi ancora alla struggente nostalgia.

Di più su questi argomenti: