L'arrampicata a Huy

La Freccia Vallone è una mano di Scopone. L'ha vinta Dylan Teuns

Giovanni Battistuzzi

Alejandro Valverde a cinque giorni dai 42 anni conquista il secondo posto sul Muro di Huy e dimostra ancora una volta che in affidabilità non lo batte ancora nessuno

C’è una regola che non è una regola, più che altro un consiglio, quando si gioca a Scopone in osteria: scegli il compagno giusto, non per forza quello più bravo, ma quello che sbaglia di meno e con il quale ti intendi di più. Un modo come un altro per ridurre improperi e bestemmie. È una regola che non è una regola, più che altro un consiglio, buona anche altrove, tipo centinaia e centinaia di chilometri più a nord, in quella grande mano di Scopone che è la Freccia Vallone.

 

Il Muro di Huy è l’atto finale della corsa, il Moloch che tutto decide. I duecento chilometri precedenti servono quasi solamente a sgranare un po’ il gruppo, dare spazio a improbabili ed estemporanei tentativi di rivolta alla logica, tanto ammirevoli quanto vani, e infine a occupare la posizione migliore per affrontare l’ultima arrampicata: quando le pendenze superano il venti per cento ci si arrampica, è difficile far altro. La scelta della posizione solitamente segue una strategia precisa: mettersi a ruota del più forte e poi cercare di superarlo negli ultimi duecento metri.

 

Per diversi anni Alejandro Valverde sapeva che la ruota migliore era la sua, quindi si limitava a non intralciarsi da solo. Quando ha iniziato a capire che gli anni erano quelli che erano e che la sua volontà e tenacia non bastavano più, iniziò a guardarsi attorno. Soprattutto ad affidarsi a un compagno. Quest’anno si è affidato a uno sherpa di indiscusse qualità ascensionali: Enric Mas. Tutti gli altri si sono adattati di conseguenza.

 

Julian Alaphilippe è un altro corridore che solitamente sa che la ruota migliore è la propria. Questa volta però ha avuto il timore che fosse invece quella di Tadej Pogacar. E si è messo in scia, s’è messo in coppia con il campione sloveno per tentare di conquistare la mano di Scopone del Muro di Huy.

 

Pogacar è il più forte, lo sanno tutti in gruppo. È uno dei pochi che quando decide di vincere una corsa non ha problemi a vincerla per davvero. Il campione del mondo ha con ogni probabilità pensato a questo quando ha deciso in che scia di ruota stare. I più forti però non sempre sono buoni compagni di carte. Perché a Scopone non basta il talento, serve soprattutto l’affidabilità. E quella di Alejandro Valverde, nonostante i cinque giorni ai quarantadue anni non si batte ancora.

 

Dylan Teuns ha capito di aver fatto la scelta giusta nell’esatto momento nel quale Enric Mas ha dato l’ultima botta per lanciare il compagno. Valverde è scattato, ha messo in saccoccia una decina di metri, Pogacar si è fatto inghiottire dal Muro di Huy, Julian Alaphilippe ha perso il momento. Lui no. Ha seguito l’Embatido. E ha deciso che era l'occasione per non rimandare più il momento che voleva vivere. Che era ora di conquistare quella corsa che i più dicevano fosse tagliata perfetta per lui. Ha accelerato, ha superato Valverde, si è preso la testa della corsa e più non l’ha lasciata. Poteva succedere prima o poi, forse doveva succedere prima o poi. È successo. Scopa, re bello, sette bello, primiera e danari in un sol colpo. Capita quasi mai, ma a volte sì, ed è doppia libidine.

 

Dylan Teuns nel 2006 aveva quattordici anni, Valverde invece vinceva per la prima volta la Freccia Vallone.

 

Dylan Teuns oggi è un da poco trentenne che è riuscito finalmente a mettere la ruota davanti a tutti su una di quelle côtes che, per sommo dispiacere delle Fiandre da cui proviene, sognava nelle primavere bambine. Pur di conquistare una classica vallona aveva sempre rinunciato alle pietre che segnano l’altra parte del Belgio. I buoni risultati sul pavé degli ultimi anni gli avevano suggerito che probabilmente aveva fatto un errore di lungimiranza. Non era così. O forse non era del tutto così. In un ciclismo dove i principi della specializzazione in qualcosa stanno venendo giù uno dopo l’altro e si sta abbracciando l’idea che è bello correre ovunque fregandosene amabilmente delle specificità delle corse, Dylan Teuns si è ritrovato avanti a tutti, nella corsa che più, a sentire gli altri, gli si addiceva. E questo dopo aver dimostrato che un giorno, chissà, mica starebbe male neppure sul podio del Fiandre.

 

Trent’anni sono poco più di un capitolo della vita a pedali di Alejandro Valverde. Per Teuns c’è tempo. A noi spettatori invece resta solo il tempo di salutare i Muri di Huy di don Alejandro. Oggi è andata in scena la sua ultima recita lassù. O almeno così ha detto. Il suo ciclismo Beautiful però ci ha riservato già alcune soprese. Se è tornato Ridge…