(foto Ansa)

Le assurdità del pallone. Ma se i soldi ci sono, allora fateci divertire

Maurizio Crippa

Debiti, nazionali che non giocano e calciomercato a gogò. Meno di un anno fa per salvare il calcio parlavano tutti di Superlega. Adesso siamo tornati alle care vecchie abitudini: spendere

Non c’è niente di più appassionante e allo stesso tempo privo di logica dell’elezione del pres… Ah no, invece c’è: il calcio, ovviamente. Appassionante va da sé, privo di logica è l’altra innegabile evidenza. Ad esempio il prossimo weekend, che se Dio vorrà non avrà più nemmeno il diversivo delle “chiame” per il Quirinale, sarà senza campionato: c’è la famigerata “pausa nazionali”. Soltanto che  la Nazionale italiana nemmeno gioca: neanche una amichevole noiosissima contro le Isole Faroe. Così assurdo, che sembra la posizione di Beppe Conte sull’elezione del capo dello stato. Roberto Mancini s’è dovuto inventare uno “stage Nazionale” a Coverciano di tre giorni per dare l’idea che un motivo per fermare la serie A ci fosse. Ma è così palesemente destituito di fondamento, lo stage, che è stato convocato persino Balotelli. Sono le regole imperscrutabili del calcio professionistico sottoposto alle angherie delle federazioni. Ad esempio, il presidente della Fifa, Gianni Infantino, va da tempo sostenendo la necessità di giocare i Mondiali ogni due anni: il motivo vero è cercare di raddoppiare gli incassi delle federazioni (e delle televisioni), lui invece ha costruito questa narrazione vagamente etica in base alla quale il torneo biennale darebbe da mangiare anche ai paesi poveri. Ma forse si è dimenticato del Qatar.   

Qualcuno dirà che è la mancanza di logica del calcio capitalista, ridotto a business miliardario epperò straccione. Che il calcio sia una macchina col motore fuori giri è evidente. Che la colpa sia del “libbberismo” è però dubbio: molto dipende da come lo si fa. Un’altra notizia appassionante ma di discutibile logica, ad esempio, viene dal calciomercato. La notizia dell’acquisto da parte della Juventus di Dusan Vlahovic, fenomenale giovanissimo bomber serbo fino a ieri in forza alla Fiorentina. Buonissimo affare, anzi secondo Sconcerti paragonabile, per la squadra della Real Casa torinese, a quello di Michel Platini. Il costo dell’operazione è alto: 67 milioni più 8 di bonus (nessun tifoso di calcio sa che cosa siano questi famosi “bonus”, ma ormai sono come i bitcoin o il quorum per il Quirinale: se non vuoi sembrare fesso devi dire “ah, poi i bonus…”) e 15 milioni lordi di stipendio. Ben spesi, visto che la società li ha.

Il moralismo non abita qui. Il lato stravagante è un altro. Lo scorso anno, in pieno lockdown (zero incassi), la Juventus si lanciò nell’operazione Superlega al grido: o così, o le società falliranno. Un anno dopo, ecco pronti 70 milioni sull’unghia per un solo acquisto. Magie? Magheggi? Addirittura “plusvalenze” (vedi alla voce “bonus”). Macché, i soldi ci sono. E’ la recente ricapitalizzazione da 400 milioni (250 vengono da Exor) che ha ripianato una situazione difficile e messo un gruzzolo per il mercato. In queste ore i dirigenti bianconeri stanno litigando col procuratore di Vlahovic, Darko Ristic, che vorrebbe la cifra monstre di 18 milioni come commissione. Una follia. Ma se ne puoi spendere quasi cento per il giocatore, che problema c’è? Lo scoppiettante mercato di gennaio sembra dirci che in verità i soldi sono tornati. Anche se ognuno ha il suo metodo. La Juve ricapitalizza a man bassa. Invece l’Inter cinese, sull’orlo del lastrico la scorsa estate, pare si sia risistemata con un nuovo mostruoso bond quinquennale da 420 milioni. Tradotto: l’Inter vivrà, ma a debito. Il Milan è in mano a un fondo che punta a rientrare dell’investimento con la crescita della squadra, ma senza spendere in acquisti. Auguri. La Roma di Friedkin, che di soldi veri ne ha senza fare debiti, non sembra intenzionata a buttarne, anche se Mourinho si lamenta un giorno sì e l’altro pure. Ognuno faccia come vuole, dei suoi soldi. L’assurdo, in questo affascinante gioco senza logica, è che a nessuno viene in mente il concetto più semplice: se non vuoi affondare, meglio tagliare i costi. Ma se invece i soldi ci sono, allora piantatela di lamentarvi e fateci divertire.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"