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Miriam Sylla ci racconta "le ragazze imbattibili" di Conegliano

Pierfrancesco Catucci

Con 73 vittorie di fila per l'Imoco ha eguagliato il record di imbattibilità che il Vakifbank Istanbul aveva stabilito tra ottobre 2012 e gennaio 2014. Domenica contro Trento può entrare nella storia. "Probabilmente ne comprenderemo la portata solo tra qualche anno"

Una domenica dello scorso campionato, di ritorno dall’ennesima trasferta vinta, quando ormai i successi consecutivi dell’Imoco Conegliano erano già diventati tanti da meritare il costante aggiornamento del pallottoliere, sul pullman una giocatrice chiese a una compagna: “Ma quante sono?”. Nessuna risposta.

La domanda cominciò a rincorrere una per una le atlete e coinvolse anche qualcuno dello staff. Nessuna risposta. “Ma vergogniamoci!”, si sentì urlare dal fondo dell’autobus mentre una risata contagiosa si propagava di posto in posto.

Domenica, davanti ai propri tifosi, Conegliano proverà a scrivere contro Trento un altro pezzetto di questa storia e battere il record di 73 vittorie consecutive che il Vakifbank Istanbul aveva stabilito tra ottobre 2012 e gennaio 2014 e che l’Imoco ha eguagliato domenica scorsa a Cuneo. La prima vittoria di questa lunga serie è datata 15 dicembre 2019, quasi due anni fa: un’era geologica se si pensa a tutto quello che è successo in questi mesi.

 

L’obiettivo più immediato, però, è ancora più grande: il 15 dicembre 2021 (quando l’anniversario sarà tondo) ad Ankara, in Turchia, comincerà il Mondiale per Club a cui le venete arrivano con i gradi di campionesse in carica e favorite, al pari del Vakifbank di Giovanni Guidetti (battuto in finale di Champions League a maggio e all’ultimo Mondiale per Club in Cina) con cui, a oggi, condividono il record. E, obiettivo nell’obiettivo, sarà recuperare Miriam Sylla, uno dei simboli della squadra, fuori da inizio stagione per un infortunio al ginocchio destro: “Sto meglio – racconta – e farò di tutto per essere pronta per l’appuntamento. Nelle ultime partite sono entrata per qualche scambio in seconda linea, ma spero di poter tornare a giocare presto anche davanti”. E soprattutto tornare a fare quello che le riesce meglio: schiacciare.

Appena cominciata la preparazione con Conegliano, dopo l’Europeo vinto in Serbia con la Nazionale, Sylla è stata costretta a fermarsi e volare una ventina di giorni a Siviglia per avviare la fase di recupero. Tanto che non ha preso parte alla sfida che ha consegnato a Conegliano la Supercoppa italiana, il primo trofeo della stagione e il sesto da quando è cominciato il percorso di sole vittorie, e neanche alle ultime partite che hanno portato a eguagliare il record del Vakif: “A dirla tutta – prosegue – quello del record è un tema più mediatico che di spogliatoio. Non l’abbiamo festeggiato e molte di noi non si erano neanche rese conto di averlo eguagliato. Ricordo solo che Daniele (Santarelli, l’allenatore, ndr) ne aveva accennato prima della partita con Busto Arsizio, ma l’argomento era nato e morto là. Probabilmente ne comprenderemo la portata solo tra qualche anno, quando ci volteremo indietro e guarderemo a tutto quello che abbiamo vinto con questa squadra meravigliosa. Ora, però, siamo fortemente concentrate su quello che abbiamo ancora da vincere”.

Di vincere, d’altronde, non ci si stanca mai, ma vincere, e poi rivincere, e rivincere ancora senza mai perdere non è esercizio banale: “In fondo facciamo quello che ci piace e cerchiamo di farlo al meglio. Non voglio dire che vincere sempre sia normale, ma forse non è una cosa così speciale come sembra vista da fuori”.

La voce al telefono di Miriam è quella di un’atleta talmente concentrata sul recupero e su obiettivi misurabili in trofei, da non sembrare troppo interessata a questioni “effimere” come i record. Che, però, danno la dimensione del fenomeno Conegliano: un’orchestra intonata anche quando qualche strumento non è perfettamente accordato. Daniele Santarelli è il maestro sul podio, Paola Egonu è inevitabilmente il primo violino, ma Miriam Sylla, Asia Wolosz, Megan Courtney, Robin De Kruijf, Sarah Fahr, Raphaela Folie, Moki De Gennaro, eccetera non sono comprimarie, ma elementi imprescindibili per la sinfonia veneta

 

“Ci è capitato diverse volte di giocare al di sotto delle nostre possibilità – spiega ancora Sylla – ma è nei momenti difficili che è venuta fuori ancora più forte la squadra”. 

Cambiano le giocatrici (poche negli ultimi anni), ma non l’alchimia di un gruppo che ha sempre costruito la propria solidità sulla coesione: “Non credo esistano formule segrete – prosegue la schiacciatrice dell’Imoco – ma solo la predisposizione di ognuna di noi a fare sempre un passo verso l’altra. Se tutte sono in grado di farlo, il gruppo si cementa naturalmente e diventa inscalfibile. Poi, come in ogni squadra, i momenti di confronto, anche duro, possono capitare, ma rappresentano ogni volta il punto di partenza per fare ancora meglio”. 

 

È una Miriam più saggia e riflessiva quella che si appresta al rientro in campo dopo due mesi di stop: “Sono cresciuta come donna e come atleta. Qualche anno fa probabilmente mi sarei definita un uragano e una persona impulsiva, con gli anni e le esperienze ho imparato a essere più riflessiva, senza mai tradire la Miriam solare e sorridente”. E poi c’è la giocatrice: “Con gli attributi! Da una vita mi dicono che non sono abbastanza, ma io sono sempre qua. Prima leggevo tutti i commenti e mi lasciavo condizionare, adesso me li lascio scivolare addosso. Ho i miei obiettivi e sono determinata a raggiungerli”.
Una donna e un’atleta forte. Una forza che affonda le radici nella storia di una bambina nata a Palermo nel 1995 da genitori ivoriani arrivati in Italia alla ricerca di un lavoro e cresciuta con loro e con i “nonni”, una coppia siciliana di “angeli”, come li ha sempre definiti, che ha accolto e aiutato la famiglia Sylla. E poi sviluppata con la tenacia e l’orgoglio di chi sa quello che vuole nel complicato percorso di scoperta di se stessa, integrazione e crescita. 

 

Una forza divenuta il nucleo del libro scritto nel 2019 con Maurizio Colantoni per Rai Libri e che ha permesso alla Miriam atleta di rialzarsi subito dopo la brutta caduta all’Olimpiade di Tokyo e trascinare da capitano la squadra alla conquista dell’Europeo in Serbia solo un mese più tardi. “Era la seconda Olimpiade a cui partecipavo ed è stata la seconda grande delusione. A differenza di Rio, però, a Tokyo avevamo gli strumenti per far meglio ma non ci siamo riuscite. E non sono tante le squadre capaci di metabolizzare una batosta di quella portata in così poco tempo e reagire come abbiamo fatto noi”. 
Un successo che, come tutti gli altri, Miriam ha dedicato alla mamma scomparsa pochi giorni dopo il Natale 2018 e che rappresenta una presenza costante. “Sono arrivata alla consapevolezza che io sono mia madre, nel senso che sono il frutto del suo amore. Sono la persona che lei ha messo al mondo ed educato e posso onorarla solo essendo la miglior Miriam possibile. Questa idea mi piace da impazzire e mi stimola a migliorarmi giorno dopo giorno”. 

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