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Xavi riparte dalle regole per rilanciare il Barcellona

Federico Giustini

Dopo un corteggiamento durato due anni l'ex centrocampista ha ritenuto fosse giunto il momento adatto per tornare in blaugrana. Anche perché il fondo il club catalano lo ha già toccato

Come quando vinse le elezioni per la prima volta, nel 2003, Joan Laporta è finito con l’affidare le redini del progetto tecnico all’allenatore scelto dal suo rivale. In quell’occasione il pubblicitario Luis Bassat si era presentato al voto annunciando che, in caso di vittoria, il direttore sportivo del Barcellona sarebbe stato Pep Guardiola. L’attuale allenatore del Manchester City non aveva ancora smesso di giocare e, soprattutto, non aveva ancora deciso di diventare allenatore, convinzione che maturerà solo al termine dell’ormai celebre conversazione di undici ore con Marcelo Bielsa dell’ottobre 2006. Fu proprio Joan Laporta, nel maggio 2008, su impulso di Johan Cruijff, a scegliere Guardiola e non il più quotato – e spinto da alcuni membri della Junta Directiva dell’epoca – José Mourinho, dando il via così a una nuova e indimenticabile fase per la storia del club.

In queste ultime settimane il pensiero del presidente del Barça non può non essere andato a quella scelta. Malgrado la poca esperienza da allenatore, e nonostante fosse da anni legato alla candidatura per la presidenza di Victor Font, il profilo di Xavi è sempre sembrato quello più naturale per la panchina dei blaugrana. Già in due occasioni l'ex bandiera del club aveva gentilmente declinato l'invito: a gennaio e a luglio 2020, quando l’intero ambiente aveva già iniziato a contare giorni, ore e minuti che li separavano dall’addio a Bartomeu.

Stavolta invece no, Xavi ha ritenuto fosse giunto il momento adatto forse perché, dopo l’addio di Messi e qualche batosta in Champions di troppo, deve aver ritenuto che il fondo era già stato ampiamente toccato. L’equilibrio mostrato nei mesi scorsi in campagna elettorale, in virtù anche del rapporto che lo lega a Laporta (“Ho sempre detto che è il miglior presidente della storia del Barcellona”), era un chiaro segnale di attenzione alla proposta dell'avvocato catalano (più incentrata sul carisma personale che su un vero e proprio progetto, rispetto a Font), propedeutica alla disponibilità a sposare la causa.

 

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La risalita dovrà iniziare dal nono posto in campionato, da una qualificazione possibile – anche se in bilico – agli ottavi di Champions League e da quell’incredibile potenziale che si è intravisto con il già ottimo rendimento di giovani della Masia come Fati, Pedri, Gavi, Nico Gonzalez negli ultimi complicati mesi. Ma sarà doveroso ripartire dalla disciplina, da un lavoro in allenamento più intenso e faticoso, dalla disciplina che in questi anni è mancata a uno spogliatoio che si è concesso qualche libertà di troppo dall’addio di Luis Enrique in poi.

Per questo Xavi ha dettato un decalogo di rigide regole da seguire ("Quando abbiamo avuto ordine e disciplina, le cose sono andate bene"). Probabilmente anche per scongiurare i numerosi infortuni che stanno caratterizzando questa prima parte di stagione. Sul campo si ricomincerà a puntare sui principi di gioco tanto cari al club, quelli importati e valorizzati al massimo da Cruijff e Guardiola, quelli del gioco di posizione: ricerca costante della superiorità numerica, esterni offensivi molto larghi, riconquista rapida del pallone, dominio del gioco attraverso il palleggio. Concetti che Xavi era riuscito a mettere in pratica anche in Qatar, dove il suo Al-Sadd ha vinto e messo sotto tutti i rivali nonostante il blocco principale della squadra fosse costituito da 5/6 titolari della nazionale qatariota (anche se aiutati da un professore in campo come Cazorla), squadra ha costruito le proprie fortune su un calcio più d’attesa e valorizzando le ripartenze.

 

La poca esperienza in panchina è l’altro punto di contatto con il Guardiola del 2008, reduce sì da un campionato esaltante con il Barça B ma in quarta serie. Xavi però dovrà ricostruire, mentre Guardiola poteva già disporre di una squadra di campioni, molti dei quali reduci dalla vittoria della Champions League a Parigi solo due anni prima. All’ex numero 6 servirà molto più tempo, ma nel giorno della presentazione non ha cercato alibi e non ha messo le mani avanti anche se avrebbe potuto. Distinguendosi, così, subito da Koeman.

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