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Il Foglio sportivo

Azionariato popolare o progetto vip?

Emmanuele Michela

L’iniziativa di Cottarelli per l’Inter è un primo passo verso la partecipazione dei tifosi nei club

Chi da anni segue in Italia l’azionariato popolare e le iniziative di partecipazioni di tifosi nei club, stenta a inserire in queste categorie Interspac, la società creata da Carlo Cottarelli per acquisire alcune quote di minoranza del club nerazzurro. “Viste le cifre in gioco – si parla di 500 euro come quota d’ingresso – non si può immaginare una partecipazione popolare, semmai siamo di fronte a un progetto rivolto a vip e grandi nomi della finanza e dell’imprenditoria”, dice al Foglio Sportivo Diego Riva, presidente di Supporters in Campo e di SD Europe, rete che promuove in Europa la governance e la proprietà delle società sportive da parte dei tifosi. Da qualche settimana l’iniziativa dell’economista e tifoso nerazzurro ha guadagnato l’attenzione dei giornali, riaccendendo il dibattito sull’avvicinamento dei tifosi alle grandi squadre, infiammato ad aprile quando scoppiò la “bolla” della Super Lega.

Cottarelli di Interspac ha spiegato molto: in un momento di grande incertezza per il futuro dell’Inter, lo scopo è quello di raccogliere un capitale cospicuo tra vari supporter per sostenere il club. In questi giorni è attivo anche un sondaggio per raccogliere pareri, tra tifosi nerazzurri e non solo, circa l’interesse per progetti simili, dopo che decine di vip hanno già dimostrato la loro adesione. L’obiettivo potrebbe essere quello di creare una spac, volta a raccogliere finanziamenti per un progetto mirato (appunto acquisire quote di minoranza), ma va detto che sugli sviluppi futuri Cottarelli pare volersi chiarire le idee. Ed è questo a destare riflessioni: “Che rappresentanza avranno in cda i tifosi?”, si chiede Riva, scettico sulla reale “popolarità” e gli sviluppi che avrà il progetto sulla governance del club. Riva non vede di buon occhio, ad esempio, le recenti novità sorte in seno ad Interspac e raccolte da “Calcio e Finanza”, secondo cui lo scorso 18 giugno una assemblea straordinaria del cda ha introdotto alcuni diritti particolari per quelli che sono i 16 “soci fondatori”, blindando di fatto la nomina del Consiglio d’amministrazione della società.

Cottarelli ha più volte indicato come modello il Bayern Monaco, con la grossa partecipazione – oltre il 70 per cento – di tifosi che controllano un organo di sorveglianza, mentre i manager gestiscono il club, e i grandi sponsor (Audi, Allianz e Adidas) hanno comunque quote di minoranza. “Qui però un tifoso si può associare con quote ben inferiori, intorno ai 100 euro l’anno”, dice al Foglio Sportivo Massimiliano Romiti, avvocato che guida “Nelle origini il futuro”, marchio che associa varie associazioni di tifosi di squadre italiane interessati a impegnarsi coi loro club. “Siamo compiaciuti che si porti al centro dell’attenzione il tema della partecipazione dei tifosi, ma occorre capire come si dettaglierà il progetto Interspac. È stato citato come modello il Bayern, ma resta tutto da scoprire come sarà concepito il rapporto tra tifosi e società: per ora si direbbe che ci si è concentrati solo sul trovare un contenitore adeguato e in particolare sulla forma che potrà assumere questa unione di tifosi destinata ad apportare capitale al proprio club. Tutto ciò è positivo, anche perché se la partecipazione non porta risorse economiche perché dovrebbe essere interessante per un club?”.

Ci vuole cautela però, secondo Romiti, perché oltre ai soldi bisogna pensare alla partecipazione effettiva degli appassionati. Il rischio, se no, è quello di non fare un azionariato diffuso e popolare, ma solo un progetto più elitario con tifosi qualificati e che non si preoccupi di reintrodurre la componente associazionistica nel nostro calcio, che all’estero è il vero motore della partecipazione popolare. “Il modello tedesco rappresenta un riferimento per noi, ma non potrà mai attuarsi nelle medesime forme in Italia, perché partiamo da una situazione diversa. In Germania i club sono sotto il controllo di associazioni che hanno ceduto in molti casi quote partecipative al capitale per costruire un sistema bilanciato, che non di rado sviluppa sinergie con sistema bancario e istituzionale locale. Nel caso dell’Italia invece, che vale anche per l’Inter, la situazione è rovesciata: la società sportiva professionistica fa totalmente capo a investitori e imprenditori, ed è chiamata a cedere quote a un’associazione o a un qualsiasi ente che voglia essere espressione di partecipazione popolare a supporto del club. La ‘ricetta’ per realizzare questo rapporto tra gente e società sportiva potrebbe poi, a giudizio del NOIF, anche ben essere diversa, da piazza a piazza, a seconda delle caratteristiche del club e della sua realtà locale”.

Al modello tedesco del 50+1 guardano anche i tifosi del Manchester United, che però hanno intrapreso una strada diversa rispetto a quella dei tifosi vip interisti: dal 25 giugno è online una campagna di raccolta adesioni aperta a tutti per sostenere le iniziative del MUST, il Manchester United Supporters Trust. Testimonial dell’iniziativa, che ha già superato in pochi giorni i 50mila iscritti, niente meno che Eric Cantona (con lo slogan “Sì, amici miei, ho firmato un’altra volta per lo United!”). La vera novità, per loro, è stato poter avere nel mese di giugno un incontro con la famiglia Glazer, cosa mai avvenuta nei 16 anni di gestione del club della famiglia americana. La diffidenza – va detto – è ancora molta, e non è affatto chiaro come un grande club inglese, totalmente privato, possa intraprendere la strada verso la partecipazione popolare. Restano i passi avanti, fatti da aprile a oggi, dai giorni successivi allo spauracchio della Super Lega.

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