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Da Assen ad Assen, il destino di Rossi

Umberto Zapelloni

Quattro anni fa l’ultima vittoria in MotoGp di Valentino, che forse ha capito di dovere smettere

L’ultimo giro di giostra si sta avvicinando. Lo stanno dicendo un po’ tutti tranne il diretto interessato. Chissà perché, quando si parla di Valentino a parlare sono soprattutto gli altri. Qualche volta a sproposito, ma nello sport capita. In un paese con sessanta milioni di Roberti Mancini volete che non ci sia qualche decina di milioni di team manager del Vale nazionale, il miglior pilota a due ruote che l’Italia, anzi il mondo, abbia mai avuto sulle piste. E qui ci scusi Giacomo Agostini, un altro che grandissimo lo è stato davvero. Arrivando in Olanda, sulla pista di Assen dove Vale ha vinto per l’ultima volta 123 Gran premi e quattro anni fa, il tormentone diventa ancora più martellante. Come la canzone dell’estate dalle autoradio in coda in autostrada per colpa di qualche lavoro in corsa. Marc Marquez gli ha mandato a dire che lui non riuscirebbe a correre nell’anonimato. Jorge Lorenzo ha aggiunto di sapere che a fine anno Valentino saluterà tutti. Giacomo Agostini agli amici ha detto anche a me sarebbe piaciuto continuare a correre, ma ero Giacomo Agostini e non potevo accontentarmi di fare presenza. Alla fine, tira da una parte e tira dall’altra, lo stesso Vale ha dovuto ammettere a denti strettissimi: “Ho continuato perché pensavo di essere più competitivo se non per vincere il Mondiale, almeno per essere davanti e fare delle belle gare, stare nei primi cinque e strappare qualche podio. Anche a me non piace correre per finire sedicesimo. Non dà gusto neppure a me finire così indietro”. Ha ammesso l’errore. Non poteva essere diverso per uno abituato a vincere come lui. Dopo 9 Mondiali non ha senso lottare per entrare tra i primi dieci e non riuscirci.

“Ho già detto che del mio futuro parlerò dopo la pausa estiva. Capisco che si cerchi lo scoop, ma ho già detto che esistono tempistiche da rispettare. Dopo la pausa estiva si saprà del mio futuro”, ha ripetuto nei giorni scorsi. Il suo futuro sarà molto probabilmente a quattro ruote con la Ferrari di Kessel con cui ha già assaggiato le piste ad Abu Dhabi. Intanto Valentino ha già pianificato il futuro della sua scuderia: la VR46 correrà in MotoGp con le Ducati e lui continuerà a divertirsi al ranch con i Rossi del futuro.

“Sono anni che deve smettere, ma Valentino gira e gira, nella calca chiassosa delle piste, depositando la polvere del tempo sulle vite degli altri. Invecchia anche, tra un Gran premio e una caduta, ma più lentamente, perché non ascolta le chiacchiere, attraversando cambiamenti e salti da una squadra all’altra. Stretto nei suoi colori fissi: sale e scende dalla moto, rammendando i giorni. Fa quello che deve fare il campione. No, non si annoia, inutile chiederglielo, è nato per quello, correre e correre e correre ancora…”. Lo racconta Marco Ciriello nel suo “Il tiranno gentile”, appena pubblicato per 66thand2nd, un bell’affresco musicale di Rossi.

Che Valentino sia andato un po’ lungo lo pensano in molti. Vederlo in difficoltà, anzi non vederlo quasi mai perché le telecamere ormai fanno fatica a inquadralo tanto è staccato dai primi, non è un bello spettacolo. Ibra non giocherebbe tanto per giocare: lo fa solo per vincere. Federer quando il suo corpo glielo consiglia, passa la mano. Per un campione è sempre stato difficile scegliere il momento giusto per staccare la spina. Di Vale si è sempre detto: finché si diverte perché dovrebbe starsene a casa. Pensate a Schumacher, a quanto si pentì di aver smesso troppo presto. Poi pensate a Rosberg e a quanto sia contento di aver smesso così in anticipo. Valentino è più Schumacher di Rosberg. Voleva a tutti i costi che qualcuno gli sbattesse la porta in faccia. Non per cacciarlo via, neppure per sogno, la Dorna lo farebbe correre imbalsamato pur di averlo. Nel suo caso la porta in faccia gliela hanno sbattuta gli avversari. Basta vedere i risultati di questa stagione: dodicesimo; sedicesimo; ritirato; sedicesimo; undicesimo; decimo; ritirato; quattordicesimo. Fanno venire i brividi. Abbinati a Valentino Rossi sono come un taglio su una tela di Van Gogh. Vale avrebbe dovuto avere il coraggio di smettere prima. E magari di costruirsi una stagione d’addio come Michael Jordan. La sua più che una Last Dance è stata un calvario. Ha ancora tempo per rimediare. Per salutarne in autodromi che torneranno gradualmente a riempirsi. Queste ultime stagioni non macchiano quello che ha fatto nella sua storia, non sbiadiscono il ricordo, lo allontanano soltanto un po’. A vale forse è mancato un amico vero. Uno che si sedesse di fronte a lui e lo convincesse a dire stop quando andava detto. La sua corte non è riuscita a fargli cambiare idea. Ha lasciato che la polvere, non più solo di stelle, si andasse a posare sulla sua tuta. A qualcuno viene il dubbio che abbia avuto più coraggio a continuare pur intuendo che avrebbe visto il Mondiale dalla coda e non più dalla testa. Come nell’ultima gara di quel maledetto 2015, quando però aveva ancora la forza per risalire dal fondo. Il decimo resterà un sogno. Accarezzato. Meritato. Ma mai trasformato in realtà. Anche i campioni devono imparare ad accontentarsi.

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