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Il Giro d'Italia andato a male di Landa 

Giovanni Battistuzzi

Riuscirà il corridore basco a ritornare sul podio di un grande giro? Poteva essere questo l'anno buono. La sua corsa però si è fermata a Cattolica. Indipendentemente dai risultati però la passione per lo scalatore non scema. Il landismo, ossia l'arte dell'attesa

Sarà perché gli scalatori riescono a rapire l’immaginazione dei tifosi, uomini che sfidano la gravità, che danno il loro meglio lì dove la maggior parte dei ciclisti sbuffa, si danna, impreca. Sarà perché scalare le montagne con le mani basse sul manubrio è qualcosa che ci riporta a ricordi antichi, a imprese montane che dal bianco e nero virano al rosa Giro e al giallo Tour. Sarà perché la ricerca dello scatto, dell’azzardo, del colpo a sorpresa è ciò che rende il ciclismo uno sport che ancora riesce a meravigliare, a tenere attaccati al televisore, che spinge uomini e donne a uscire di casa, fare chilometri pur di vedere il passaggio dei corridori che si arrampicano sulle salite. O forse sarà soltanto perché quando si sceglie di tenere per qualcuno si sceglie quello che ha un rapporto privilegiato con la sfortuna. D’altra parte tra Topolino e Paperino non preferiamo il secondo?

 

Sarà per tutto questo, oppure per chissà quale altro motivo, ma tra i corridori che in questi anni hanno preso il via a un grande giro con la velleità di vincerlo, Mikel Landa ha sempre avuto un posto privilegiato nelle preferenze degli appassionati di ciclismo. Con il basco non ci sono mai stati confini nazionali che abbiano retto, i suoi sostenitori provengono da tutte le parti d’Europa e del mondo, caso non certo raro, ma comunque non del tutto comune, di apolidismo del tifo.

  

Mikel Landa è dal 2011 che corre tra i professionisti, dal 2015 che dimostra che in salita in pochi sanno andare forte come lui. Il 31 maggio di quell’anno riuscì a salire sul podio del Giro d’Italia, nonostante avesse corso in supporto di Fabio Aru. È sempre dal 2015 che per una ragione o per l’altra però su di un podio in una grande corsa a tappe non è più risalito. A volte per scelte di squadra, quando doveva fare il gregario a capitani che avrebbe staccato facilmente in salita. A volte per distrazione. A volte per calcoli sbagliati, scatti tanto improvvisi e spettacolari quanto nel momento sbagliato.

  

Quest’anno aveva puntato sul Giro d’Italia. Era arrivato a Torino con la volontà di imporre il suo passo in salita, di provare ad azzannare il tempo che sente che gli sta sfuggendo di mano. Stava bene, era consapevole del suo stato di forma. Alla prima occasione, l’arrivo della quarta tappa a Sestola, lo aveva dimostrato. Un allungo, convinto, tagliente, buono per sgranare il gruppo, per creare i primi distacchi, anche se risicati, tra gli uomini che puntavano alla maglia rosa. Era determinato, forse come non mai, a giocarsi le sue carte, che erano tante ed erano buone. Era. Perché il Giro d’Italia del basco si è concluso sull’asfalto di Cattolica il giorno dopo, mercoledì. Lo ha centrato la bici di Joe Dombrowski, caduto pure lui dopo aver urtato un uomo del servizio d’ordine del Giro che segnalava uno spartitraffico.

 

E così, per l’ennesima volta, la speranza del basco di conquistare quello che ha sempre fatto credere di poter conquistare è svanito.

 

Sembra sempre più un’utopia vedere Mikel Landa salire sul podio di una grande corsa a tappe. Eppure tutto ciò sembra non interessare agli appassionati di ciclismo. C’è qualcosa che lega loro al corridore della Bahrain-Victorious che va oltre i risultati. Qualcuno lo chiama landismo. Una sorta di cieca passione per lo scalatore che se ne infischia di qualsiasi insuccesso. Un sentimento che non dipende dai successi di Landa, ma dall’attesa stessa di questi. Anche se non arrivano.

 

Il landismo ha a che fare con l’attendere, con il credere che prima o poi l’improbabile possa accadere. Ha a che fare soprattutto con la consapevolezza che il talento vale poco se non si ha  la cattiveria di imporlo agli altri. E dimostrarsi il migliore, il più bravo di tutti, è qualcosa che in fondo in fondo non sempre piace, anzi che a volte pure spaventa.

 

Landa ha un sorriso timido e gli occhi malinconici. Ha il volto e lo sguardo di chi si ritrova addosso attenzioni che forse non avrebbe voluto. Quasi se l’essere uno scalatore meraviglioso gli fosse un peso. Landa probabilmente non vincerà mai un grande giro. Ma ha davvero importanza che lo vinca? Sarebbe forse troppo, sarebbe il trionfo di Calimero e Calimero, si sa, non trionfa mai. 

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