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Messinscena alla catalana

Jack O'Malley

Dopo 10 giorni di fuffa Messi resta al Barcellona, “ma volevo andarmene”. Tutti sconfitti

Alla fine è stata tutta una messinscena, un ultimo numero da circo di un giocatore che da cinque anni vince soltanto a casa sua, in un campionato poco più avvincente della monotona Serie A, quella Liga che se l’era fatta sotto alla sola idea che l’ultima attrazione rimasta potesse andarsene rendendo così palese a tutti la grande impostura di un campionato, quello spagnolo, in declino. Umiliato dai tedeschi brutti e cattivi in Champions, Lionel Messi si era offeso, manco vivesse negli anni Ottanta aveva mandato un fax in sede per dire al Barcellona che se ne voleva andare, e ha passato dieci giorni a fare la figa che non ci sta più salvo decidere poi di rimanere nel recinto blaugrana di casa ancora un anno, non vincere niente e andarsene probabilmente gratis a 34 anni. In queste ore Messi ha sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare, sputtanando la propria immagine, lasciando un fondo amaro nel cuore dei propri tifosi che ora esultano ma sono pronti a rinnegarlo. “Darò il massimo finché resterò ma volevo andare via”, ha detto ieri parlando per la prima volta dopo giorni di silenzio e retroscena giornalistici. La Pulce resta a Barcellona soltanto perché è stato obbligato, non voleva fare causa “al club che amo”, il cui “management è un disastro”. Un bel clima, come direbbe Greta Thunberg. Con che faccia l’argentino incapace di vincere qualcosa con la sua Nazionale giocherà nel club con cui ha vinto tutto nel recente passato? Sarà il brandy a farmelo credere più intelligente di quello che ha finora dimostrato, ma voglio pensare che questo teatrino sia una strategia per spingere il Barça a svenderlo al migliore offerente il prima possibile.

 

Oggi il club blaugrana è più in crisi di me quando si rompe la spillatrice della birra, ma tenersi in casa uno che dopo avere scritto la storia del club era pronto a scappare rischia di essere controproducente. Da questa storia escono tutti ammaccati, il paese dei balocchi catalano si è rivelato un posto frequentato da stronzi tale e quale agli altri, l’ansia di non vincere più una Champions adesso che gli anni cominceranno a farsi sentire ha certamente avuto un peso nella reazione di Leo. Soltanto la Gazzetta dello Sport infatti poteva pensare che sarebbe diventato nerazzurro. “Inter, coppa e Messi”, titolava il 21 agosto scorso quello che un tempo era un giornale credibile. Forse già troppo impegnati a organizzare le celebrazioni in stile Corea del nord del quindicesimo anno di presidenza di Urbano Cairo al Torino, i redattori della Gazza sono riusciti in un colpo solo a portare sfiga a Conte e a dare una non notizia. Roba da ritirarsi in un seminterrato umido a mangiare patatine alla porchetta. Poi magari Messi vincerà di nuovo tutto quest’anno (sì, è una frase paracula così quelli della Gazzetta non si vendicano quando verrò smentito io), ma nel duello epocale con Cristiano Ronaldo ha perso mille punti almeno. Quando CR7 ha deciso che non aveva più voglia di vincere in Europa e preferiva sfondarsi di agnolotti ha lasciato il Real Madrid nel giro di poche settimane, rimpianto dai suoi tifosi. Messi è riuscito a fare arrabbiare e scontentare tutti agitandosi per giorni senza poi combinare nulla. È pronto per la leadership di un partito di sinistra.

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