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Niente boxing day, la Serie A torna all'Epifania. Cosa aspettarsi dal 2020 calcistico

Leo Lombardi

Passate le festività e mangiato il panettone, il nuovo anno si apre con la prospettiva di un torneo che non terminerà con largo anticipo rispetto a quello precedente

Niente boxing day, siamo italiani. Il desiderio di imitare la Premier League si è rivelato, un anno fa, un tentativo maldestro. Rispetto all'Inghilterra ci mancano impianti a misura di spettatori e l'attaccamento non da ultrà alle squadre, due particolari che rendono una festa la presenza allo stadio. Si torna alla pausa invernale, fatta più per andare in vacanza che per esigenze meteo come in Germania. Tutti a casa, come gli studenti, ci si rivede all'Epifania per un 2019 conclusosi con un anticipo di due giornate rispetto all'ultimo campionato. Una chiusura che pone basi decisamente diverse per l'anno nuovo. Dodici mesi fa il 2019 si delineava come un conto alla rovescia verso un ottavo scudetto consecutivo alla Juventus già consegnato a fine dicembre. Oggi il 2020 si apre con la prospettiva di un torneo che non terminerà con largo anticipo rispetto a quello precedente. Demerito della Juventus, che viaggia con sette punti in meno (ne ha 42). Merito dell'Inter che, invece, ne ha nove in più, al primo posto a pari merito con i bianconeri. E merito anche della Lazio che, oltre ad aver evidenziato in campionato e in Supercoppa italiana i limiti della Juventus, viaggia a un potenziale meno 3 dalla coppia di testa. Un affollamento in testa che non si vedeva da tempo.

 

Juventus e Inter, dunque. Sarebbe facile dire che dipende dalle scelte operate per la panchina. Da una parte, quindi, le difficoltà di innestare le logiche di Maurizio Sarri in una squadra reduce da cinque anni di Massimiliano Allegri (un dato: 9 reti incassate in più dopo 17 giornate). Dall'altra l'arrivo di un tecnico martellante e assolutista come Antonio Conte: uno che impone più che chiedere. Ma c'è un aspetto che va oltre, ed è quello che fa la fortuna di ogni società: i dirigenti, quelli bravi. All'Inter sono riusciti a realizzare ciò che non era riuscito in passato, quando Luciano Moggi era l'uomo che tramutava le squadre in galline dalle uova d'oro. Avevano provato a strapparlo alla Juventus, poi Calciopoli aveva azzerato tutto. Stavolta il club nerazzurro c'è riuscito con Giuseppe Marotta e il suo approdo a Milano dalla Juventus sta svelando tutta la sua importanza a poco più di un anno dall'insediamento: scelte chiare al mercato e nella gestione della squadra, solo così si può provare a essere credibili. Un insegnamento che non hanno invece appreso sull'altra sponda cittadina.

 

Dopo aver buttato a mare la coppia Fassone-Mirabelli della gestione cinese, dopo aver congedato in fretta Leonardo, il Milan attuale è nelle mani del duo Maldini-Boban, calciatori straordinari ma dirigenti tutt'altro che irreprensibili. Aver cacciato Marco Giampaolo non è stata finora la soluzione vincente, visto che Stefano Pioli ha raccolto una media-punti inferiore rispetto a chi ha sostituito. Le cinque reti incassate a Bergamo non solo hanno fatto piangere Donnarumma, ma sono anche uno dei punti più bassi della recente storia rossonera, insieme con la mancanza di prospettive tra una proprietà distante e un mercato che si ripromette bipolare come in estate, visto che ogni dirigente appare innamorato dei propri convincimenti.

  

L'Atalanta, per l'appunto. Il 2019 ha rappresentato l'anno del consolidamento di una splendida storia di provincia. La Champions League si è rivelata una opportunità, invece che un trabocchetto come capitato in passato alle medio-piccole. E poi lo stadio in fase di riammodernamento, il legame profondo con la città, la fiducia concessa a piene mani a Gasperini, una società che funziona con estrema professionalità: la conseguenza è la stabilità tra le grandi del campionato, come sta avvenendo anche per la Lazio. Una coppia che è andata a riempire il vuoto di potere determinato dall'eclissarsi del già citato Milan e del Napoli. Qui De Laurentiis non ha avuto problemi a cacciare Ancelotti, il tecnico preso per aggredire l'Europa e per aprire un ciclo. Troppo grave l'ammutinamento della squadra, prima contro il presidente quindi contro l'allenatore che volevano il ritiro per i giocatori nel momento più complicato della stagione. Una soluzione da calcio anni Settanta e che spiega come la visione del pallone debba compiere ancora passi avanti a Napoli per riuscire a sedersi in pianta stabile tra le grandi.

  

Giampaolo e Ancelotti, dunque. E poi Di Francesco, Tudor, Corini cacciato e richiamato al posto dell'impresentabile Grosso. Nell'ultimo turno Montella e Thiago Motta, che aveva a sua volta preso il posto di Andreazzoli. Siamo sulla stessa lunghezza d'onda della passata stagione per quanto riguarda gli esoneri degli allenatori. La bontà di tali scelte è ancora tutta da verificare: il solo Ranieri ha dato qualcosa in più alla Sampdoria, mentre il Brescia rischia di pagare le tre partite senza Corini in panchina. Cambia, invece, qualcosa per i giovani italiani. I numeri sono sempre minimi, ma si assiste a una operazione fiducia come non si vedeva in passato. L'Inter ha affidato il centrocampo al 22enne Barella, dietro crescono Bastoni ed Esposito. La Roma ha in Pellegrini e Zaniolo due titolari veri e non due alternative, come importanti sono Tonali a Brescia e Castrovilli a Firenze. Gente che Mancini non esita a chiamare in Nazionale, in un 2019 che è stato l'anno del rinnovato orgoglio azzurro, con qualche scivolata in un verde insolito deciso insieme con lo sponsor tecnico. L'Italia ha chiuso il girone di qualificazione all'Europeo vincendo dieci gare su dieci: un torneo che affronteremo se non da favoriti, almeno da outsider. Sempre meglio che stare davanti alla televisione, come capitato al Mondiale russo.

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