Quando Faina divenne Uccellino. Il calcio di Kurt Hamrin

Oggi l'ex attaccante compie 85 anni. Lo svedese era stato sedotto e abbandonato dalla Juventus, apprezzato da Nereo Rocco a Padova e poi al Milan, goleador alla Fiorentina. È ancora l'ottavo marcatore della Serie A

Gino Cervi

Un paio di settimane fa, a Padova, ho dormito all'Hotel Biri. Oggi fa parte della catena Best Western e appare come un moderno complesso a un paio di chilometri dalla stazione, lungo via Venezia, la strada che diventa la SS 11 Padana Superiore e dal centro porta verso est. Se fate caso al nome della piazza su cui si affaccia l'albergo, capirete qualcosa di più della sua storia.

 

Piazzale della Stanga rimanda infatti al luogo del vecchio dazio orientale, dove un tempo si controllavano le merci in ingresso in città. Proprio qui, nel 1946, Ferdinando Stimamiglio costruì un’autostazione: annessa alla pompa di rifornimento, un’officina meccanica, con annessa vendita di veicoli industriali e, per il traffico commerciale e turistico, un residence con alcune decine di miniappartamenti. Nel 1950 fu inaugurato anche un albergo con una trentina di camere e un ristorante: per la precisione, una birreria-ristorante che, curiosamente, diede il nome a tutto il complesso: il Bi-Ri. Nel 1954 venne aperto anche un cinema, anzi: un cinemascope. Il Biri divenne così in quegli anni sinonimo di divertimento: cene, veglioni, feste danzanti. La Padova del secondo dopoguerra veniva qui a soddisfare la voglia di svago e spensieratezza dopo gli anni angosciosi della guerra.

  

Un altro luogo di passione popolare stava all’altro capo della città: lo stadio Appiani, dove giocano i biancorossi. Proprio nel 1954, a stagione in corso, a salvare la squadra che, in serie B, navigava in cattivissime acque, venne chiamato un triestino, Nereo Rocco, prima della guerra ex buon giocatore prima nella compagine della sua città, poi a Napoli e anche a Padova (1940-42), e quindi allenatore. Nel campionato 1947-48 aveva guidato i rosso-alabardati, ripescati dalla serie B per questioni geo-politiche – Trieste, in quegli anni, è ancora territorio controllato dagli alleati – al secondo posto alle spalle del Grande Torino. Rocco, detto il Paròn, salvò il Padova dalla C e, nella stagione seguente, lo condusse trionfalmente nella massima serie. Per sei anni, il Padova di Rocco fu il miglior interprete del cosiddetto “catenaccio”, il dogma difensivistico teorizzato da Gianni Brera in quanto congeniale espressione tecnico-tattica del calcio italiano, tanto povero di atletismo quanto astuto nel saper colpire in contropiede. Il Paròn allestì una “Linea Maginot” a protezione della porta, dove come un gatto volava da un palo all’altro il portiere Antonio Pin, da Fossalta di Piave. E “rassa Piave”, come avrebbe detto Gipo Viani che Rocco avrebbe di lì a qualche anno ritrovato al Milan, era gran parte degli altri giocatori: da Scagnellato a Blason, da Moro a Pison, tutti nativi del Triveneto.

 

Il capolavoro di Paròn Rocco a Padova è però il terzo posto nella stagione 1957-58. In quella stagione l’Appiani è un fortino inespugnabile: tra le mura amiche vince per 13 volte, a fronte di soli tre pareggi e di una sola sconfitta (con l’Atalanta). A rinforzare l’attacco arriva dalla Juventus il ventitreenne svedese Kurt Hamrin.

 

Hamrin è figlio di un imbianchino di Stoccolma e tira i primi calci nel Huvudsta e nel Råsunda, prima di approdare nel AIK Solna, città dell’area urbana di Stoccolma. Con l’AIK fa il suo esordio in prima divisione a diciassette anni e nella stagione successiva, 1954-55, s’impone come il miglior cannoniere del campionato: 22 gol in 22 partite. Ma i calciatori svedesi sono ancora dilettanti e il compenso di 50 corone a vittoria o a pareggio – zero in caso di sconfitta – non basta per vivere al giovane Kurt che deve guadagnarsi uno stipendio come zincografo, ovvero si occupava della lavorazione dei cliché fotografici di riproduzione delle immagini per conto del Dagens Nyheter. Un funzionario di una filiale della Fiat lo segnala alla Juventus. Agnelli lo vede in azione in un’amichevole, Portogallo-Svezia, in cui Hamrin segna una doppietta. E Kurt firma così il suo primo contratto da professionista e si trasferisce a Torino.

 

 

La stagione, 1956-57, inizia in modo promettente, ma poi un infortunio alla caviglia e ripetute ricadute lo mettono ai margini della squadra, nonostante gli 8 gol in 23 partite. L’anno seguente i due posti assegnati agli stranieri in bianconero sono presi da John Charles e Omar Sivori e Hamrin, considerato atleticamente poco affidabile, viene scambiato con il diciassettenne promettente attaccante padovano Bruno Nicolé.

 

All’Appiani, Rocco lo schiera all’ala destra. Hamrin è agile e veloce, sa puntare e saltare il marcatore, è ambidestro e in area conclude a rete con singolare tempismo. Gioca con i calzettoni abbassati, come Sivori, come Corso. Sguscia tra le gambe degli avversari con la scaltra rapidità di una faina. Proprio così lo ribattezza Rocco. Il gioco di rimessa del Paròn lo esalta e in quella sua unica stagione padovana, Hamrin segna 20 gol in 30 partite, miglior marcatore dei biancorossi. Una media strepitosa che manterrà anche negli anni a venire: sua specialità, l’agilità con cui si muove sul campo pesante e fangoso, dove sembra svolazzare lieve dove gli altri affondano. Da qui, una successiva metamorfosi animalesca nell’immaginario del tifo popolare: da Faina a Uccellino. Un piccolo volatile da zona umida: un tuffetto, un alzavola, un tarabusino o un martin pescatore. L’Hamrin Pescatore.

 

Alcuni anni fa Gianni Trivellato, sulle pagine di “PadovaOggi”, nella rubrica Mericordo, raccontava, con felice senso del romanzo, di quel Padova di Rocco e Hamrin, alla vigilia di una partita proprio con la Juventus al tavolo del sior Piero, titolare della mitica trattoria Cavalca, quartier generale dei “manzi” del Paron. Ne riportiamo uno stralcio datato 24 gennaio 2012:

 

«Sabato 22 febbraio 1958, sono all'incirca le otto di sera. Rocco ha appena terminato di assaporare un favoloso piatto di pasta e fagioli e fa i complimenti alla siora Mimma. Poi si rivolge a Piero con tono un po’ brusco.
“Dime, par caso ti te pensi che doman mi dovessi scendar in campo? Portame un altro quarto del tuo bon rosso e po' sentate qua che parlemo de sta Juve”.
Piero velocemente esegue e poi prende posto al tavolo del Paron. E si comincia a parlare della partita con la Juventus, iniziando dall'arbitro.
“Per sta gara xe stado designà Orlandini, cossa te par...”.
“Nereo, el roman xe uno dei migliori fis-cieti che oggi gavemo in Italia. No credo ch’el farà preferenze par la Juve, anca parchè lori non g'ha bisogno de aiuti, già forti par conto suo...”.
“Ti g'ha dito ben, Piero, già forti de lori. Ti pensa che davanti sta Juve la pol contar su gente come Nicolè, Charles, Boniperti, Stachini, senza contar la difesa, la più forte del campionato!”.
“Dime Nereo, te andaria ben un pari?”.
“G'ho dito ai muli de andar in campo senza paura. Ciò vol dir che noi provaremo anca a vinzer la partida. Te me pol dar del mato, ma in difesa podemo contar su Blason, Scagnelato e Azzini. Moro, Mari e Pison in centro fa bon zogo, e davanti anca noi podemo contar su gente de classe come Rosa, Brighenti e Hamrin. No saremo dei mostri ma gnanca dei povari mona! E po sia Rosa che lo svedese i g’ha un vecio conto da saldar coa Juve, quando che si xe stadi scartadi come dei feri veci...”. “Nereo, g'ho parlado co la segreteria del Padova e no i nasconde ‘na certa paura...”. “De la Juve?”.
“No, no, no tanto de la Juve, quanto del pubblico. L'Apiani no riva a tegner ventimila, ma i conta che tra biglieti e permessi vari la gente sarà più dei ventimila...”.
“E dove i li meti? Ai bordi del campo?”.
“Par de sì, anca parchè 'na roba del genere xè za sucessa altre volte in Italia, me par d'aver leto a Mantova, ai tempi de Fabri...”.
Verso le nove squilla il telefono, risponde la sora Mimma che poi chiama il Piero. Passa qualche minuto e Piero torna al tavolo di Rocco.
“Nereo, iera el masagiator Piacentini, te assicura che tutti i muli xè rientradi a casa, g'ha fato lu el giro, el xè andà anca al Biri dove che dorme el svedese...”.
“Ghe mancassi che i fossi ancora in giro! Va ben, 'desso vado anca mi a dormir. Appuntamento a doman, prima porto tutta la squadra al Santo, ghe tien assai Lello, poi su le undese prepara el menu che se vien qua a mangiar tuti assieme, come sempre…. Complimenti anca a lei, sora Mimma e a doman!”».

  

È da qui che scopro che l’Hamrin Pescatore, nella sua unica stagione al Padova, prima di disputare il 29 giugno 1958 la finale dei Mondiali, a casa sua, in Svezia – persa 2-5 contro il Brasile di Pelé e Garrincha – e prima di passare alla Fiorentina (10 campionati, 362 partire e 208 gol) e infine di raggiungere, a trentadue anni, Rocco al Milan nel glorioso biennio 1967-69 (61 partite e 17, ma soprattutto uno scudetto, una Coppa delle Coppe – con doppietta in finale contro l’Amburgo –, una Coppa dei Campioni), soggiornava proprio al Biri, la Birreria-Ristorante, ora albergo quattro stelle di via Venezia.

 

È come sempre una questione di resistenza.

 

La trattoria Cavalca, in via Manin, da tempo ha cambiato gestione – addirittura per un po’, la famiglia proprietaria, ceduta la trattoria ad altri, aveva aperto, sempre nelle vicinanze di Piazza delle Erbe un ristorante-gourmet che si chiamava “Alto Fragile”: e solo il nome, pensando al Paròn, mi fa morire dal ridere. All’Appiani, ancora bellissimo, dietro il Velodromo Monti e a due passi da Prato alla Valle, ci giocano le giovanili del Padova, mentre la prima squadra da tempo è migrata all’Euganeo, nato vecchio e tristemente in mezzo al nulla. Resiste invece, non a Padova, ma a Coverciano, vicino a Firenze dove ha deciso di stabilirsi per la vita dopo essersi ritirato dall’attività, dedicandosi però per quasi quarant’anni ancora ad allenare i giovani e a scovare talenti, il talentuoso Kurt Hamrin, detto Faina, prima e poi Uccellino.

 

 

Quattrocento partite in serie A tra il 1956 e il 1971, e 190 gol segnati, che gli valgono tuttora l’ottavo posto nella classifica dei marcatori di tutti i tempi nella massima divisione, dietro a Piola, Totti, Nordahl, Meazza, Altafini, Di Natale e Roberto Baggio, ma davanti a gente del calibro di Batistuta e Boniperti, Amadei e Savoldi, Gigi Riva e Pippo Inzaghi.

 

Kurt Hamrin che oggi, 19 novembre 2019, compie 85 anni. E che dunque oggi festeggiamo come amatissimo patrimonio della nostra umanità calcistica.

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