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il foglio sportivo – il ritratto di bonanza

Il Conte Macbeth

Alessandro Bonan

Quelle parole dopo la sfida persa contro il Borussia Dortmund sono sembrate un riso stonato come quello di una strega. A cui fa seguito un ulteriore interrogativo del popolo del loggione: come mai?

[Anticipiamo un articolo del numero del Foglio Sportivo in edicola domani e domenica. L'edizione di sabato 9 e domenica 10 novembre la potete scaricare qui dalle 23,30 di venerdì 8 novembre]

 


 

Quando si presenta sulla scena sembra di avvertire un sibilo di vento, mentre all’orizzonte, lampi di fulmini, confermano l’imminente tempesta. Lui non parla, guarda basso, poi accenna una leggera scopertura dei denti. È l’inizio della fine. La shakespeariana fine del nulla, visto che trattiamo di calcio. Antonio Conte comincia a parlare, e sembra dire poco, ma questo poco si allarga e in pochi istanti diventa troppo. Si sentono le streghe ridere in lontananza, dentro un bosco fitto di pioppi, tutti in fila come una squadra, tre-cinque-due. Le streghe lo assillano con una voce stridula, quella della sconfitta. E quella voce investe le orecchie del povero Conte, che vorrebbe scappare e invece non fugge, resta lì e dice. Affastellando cose un po’ disordinate, ingiuste. Se siamo morti, è il senso del pensiero di Antonio dopo il secondo atto di Dortmund, all’apice del suo Macbeth, è perché qualcuno ci ha tradito, non sono state rispettate le promesse e di questo paghiamo orribili conseguenze. “Chi vuole capire capisca”, chiude sibillino. E a quel punto, dal loggione, a scendere, dentro il palco centrale fino a strisciare in mezzo alle prime file della platea, s’insinua, come un serpente, una domanda: capisca chi? È chiaro il riferimento a una società che per Conte, generale ingeneroso, ha commesso grossi peccati. Errori di programmazione, cose che il pubblico comprende e non comprende, dai “poveri” del loggione fino ai “ricchi” del palco reale. Perché di questi errori restano i quasi duecento milioni spesi per rafforzare la squadra e i tanti soldi dispensati per portare Conte (allenatore tra i più pagati al mondo) su una panchina comunque degnamente occupata dal “vecchio” Spalletti.

 

Quelle parole buttate lì, in mezzo a quella tempesta, sono sembrate un riso stonato come quello di una strega. A cui fa seguito un ulteriore interrogativo del popolo del loggione: come mai? Perché in un momento così importante della stagione, con l’Inter più che degnamente ai vertici del campionato, protagonista comunque anche in Champions di grandi pezzi di partita come nella stessa Germania e a Barcellona dove ha perduto immeritatamente, perché, dicevamo, o chiedono quelli del loggione, un attacco così pubblico e frontale alla società? Non è uccidendo il Re che si risolvono le cose. La profezia delle streghe è chiara in questo senso. E Conte dovrebbero avvertirlo, fare in modo che sappia. Solo così potrà salvare l’Inter e l’ottimo lavoro svolto sin qui. A meno che Conte non ritenga di essere lui il Re. E a quel punto, come nel Macbeth, farebbero tutti una brutta fine.

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