Tifare contro

Hockeytown

Un film-documentario racconta l'avventura sportiva dell'Hockey Club di Bolzano, la città dove tutto è simile al resto d’Italia, ma tutto è un po’ diverso

Giovanni Francesio

Non stupisce, considerando la quantità di spazio mediatico occupato dal calcio, che una delle più belle avventure sportive italiane degli ultimi anni sia passata sostanzialmente sotto silenzio. Eppure c’è una nostra squadra, l’Hockey Club Bolzano (HCB), che nel 2018 ha realizzato un’impresa davvero eccezionale. Per fortuna Daniele Rielli, bolzanino, romanziere, saggista, ha deciso di raccontarla in un bellissimo film-documentario da lui stesso scritto e girato, “Hockeytown”, che viene presentato a Bolzano in questi giorni e che avrà anche una prima milanese lunedì 13 maggio, all’UCI Cinema Bicocca.

 

L’HCB nel 2013 ha abbandonato il campionato italiano, stroncato dalla crisi economica, ed è andato a cercare avversari competitivi nella Lega austriaca (EBEL), molto più difficile, e molto, molto più ricca. Il primo anno, a sorpresa, Bolzano ha vinto il campionato, ma alla lunga i budget enormemente superiori di squadre come Vienna, Salisburgo (sponsorizzato Red Bull) e Klagenfurt hanno iniziato a fare la differenza.

 

E Bolzano ha cominciato a stentare, al punto che dopo i primi mesi del campionato 2017-2018 si è ritrovato ultimo in classifica, in piena crisi. Si stava profilando la peggior stagione di sempre, quando il presidente Dieter Knoll decise di chiamare in panchina un finlandese che sembra tirato fuori da un pezzo di legno, Kai Suikkanen: e con lui è cambiato tutto, il gioco, il clima, la testa dei giocatori, e la squadra ha iniziato a vincere una partita dietro l’altra, e all’ultima giornata di regular season, per un capello, ha conquistato l’ottavo posto, l’ultimo utile per i playoff, traguardo inimmaginabile tre mesi prima.

 

C’è una regola particolare, nella EBEL: le prime tre della regular season possono scegliere il primo avversario dei playoff. A logica, avrebbe dovuto esserci la fila per scegliere Bolzano, invece no. Nessuno voleva giocare contro Bolzano, perché l’aria che tirava ormai era evidente, e infatti i ragazzi di Suikkanen hanno regolato prima Klagenfurt, poi Vienna, e in finale Salisburgo, e hanno vinto il titolo nel tripudio della città intera. Una stagione fantastica, una delle non molte cose di cui lo sport italiano degli ultimi anni può essere davvero orgoglioso.

 

Ma quella di “Hockeytown”, come tutte le grandi storie di sport, non è solo una storia di sport: Rielli, raccontando la squadra, racconta in modo vivido e profondo anche Bolzano, la città dove tutto è simile al resto d’Italia, ma tutto è un po’ diverso, la città che l’immaginario nazionale usa come concetto limite (“ma dove sei andato, a Bolzano?”), la città dove si parlano due lingue, dove tutte le scritte sono doppie, e dove si praticano molto poco sport minori come il calcio. Infatti è nell’hockey che Bolzano trova da 85 anni il primo e più importante collante sociale, i suoi eroi popolari, il luogo, concreto e metaforico a un tempo, della convivenza possibile; e nel Palaonda, con i settemila che lo affollano, la sua cattedrale laica.

 

E l’atmosfera del Palaonda è anche l’unica cosa che ci ricorda, in questa storia, il mondo del calcio, perché ogni partita è accompagnata da un tifo caldissimo, passionale, rumoroso, colorato, che lascia tramortiti gli avversari, e sbigottiti gli stessi giocatori del Bolzano che arrivano qui dal Nord America, o dalla Scandinavia, precipitati dal destino in questa strana città circondata dalle montagne più belle del mondo. E di solito le prime parole italiane che imparano, questi ragazzi, sono quelle del coro che ricorre per tutto il film, parole calde, nonostante il ghiaccio, e potenti: “Finché vivrò, canterò forza Bolzano”.

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