Sara Gama (a destra) capitano della Nazionale femminile di calcio (foto LaPresse)

La lezione di calcio (e di vita) dell'Italia femminile

Simonetta Sciandivasci

La nazionale guidata da Milena Bertolini si gioca, contro il Portogallo, la qualificazione ai Mondiali. Merito delle sue giocatrici: serie, concentrate, niente militanti. Giocano a pallone, punto

L'8 giugno giocano le italiane. Le azzurre. Quelle che ci siamo accorti da qualche mese che esistono e invece loro ci sono da molto prima che il calcio femminile diventasse una scommessa di grido per la parità delle donne e un salvagente per maschietti (però via, con buona fede, tra qualche anno, forse, al dieci per cento di quelli che oggi si dichiarano tifosi di calcio femminile potremo credere oltre ogni ragionevole dubbio). Però va bene lo stesso, va bene tutto, adesso importa poco.

 

Misura di quanto prima della nostra attenzione il calcio femminile italiano fosse a lavoro e in campo e di valore, anche se parecchio solo, c’è questo: le ragazze della Nazionale femminile si giocano la qualificazione ai mondiali contro il Portogallo. La partita comincia alle 20.45, si può seguire su Rai Sport, in diretta dal Franchi di Firenze, lo stadio dove Bruce Springsteen una volta ha suonato la più bella versione di Twist and Shout di tutti i tempi, inzuppato da un diluvio che pareva non sarebbe finito mai.

 

 

Se l’Italia vincesse, si qualificherebbe subito, indipendentemente dal risultato dell’ultima partita del girone, a settembre prossimo. Come sono le avversarie? Non male, il ct Milena Bertolini ha detto che sono addirittura le più forti del girone, però animo: all’andata, a novembre scorso, le italiane le avevano battute grazie a un gol di Daniela Sabatino. Come sono le nostre? Per prima cosa, sono soprattutto juventine (e fuori dai denti lo possiamo dire, su, avanti: è una garanzia di ottimo gioco).

 

Guida la Nazionale Sara Gama, classe ’89, difensore, ex Paris Saint Germain ed ex Brescia (tra le più forti squadre del calcio femminile italiano: leonesse mica per niente), ora alla Juventus. Lo scorso otto marzo la Mattel ha messo in vendita una Barbie a lei ispirata, con pantaloncini, scarpette e tutto il resto (era l’unica italiana delle diciassette scelte per la linea dedicata alle “personalità femminili che hanno saputo diventare fonte d’ispirazione per le generazioni di ragazze del futuro”). Il processo di integrazione si compone anche di fasi un po’ grottesche, che ci volete fare.

 

Il bello - il bellissimo - della nostra Nazionale, però, è la sobrietà delle sue giocatrici. Serie, concentrate, niente militanti, niente battagliere della sensibilizzazione: giocano a calcio, punto. Milena Bertolini, che le allena, ha detto due giorni fa che contro il Portogallo abbiamo buone probabilità, ma pure che la squadra è stanca e un po’ affaticata, che ha alle spalle un campionato parecchio intenso, che c’è stato qualche infortunio di troppo (Chiara Marchitelli, portiere, si è rotta il tendine d’Achille durante un allenamento e non potrà giocare). Per questo, Bertolini ha fatto appello ai tifosi: fatevi sentire. Al Franchi, per ora, sono previste diecimila presenze, che non sono tantissime ma neppure pochissime. Anche il tifo femminile esiste da molto prima che ce ne rendessimo conto, Marta Elena Casanova lo ha dimostrato in un bellissimo libro appena uscito per Odoya (in Inghilterra, le tifose fondarono la British Ladies Football Club nel 1894, per dire), ma bisogna capire se allo stadio a guardare una partita di donne ci porteremo mai anche gli uomini.

 

Vista la portata dell’evento (ma pensate se al mondiale ci arriviamo con le ragazze, dopo la cilecca dei ragazzi: santo cielo, solo a pensarci vien voglia di fare un ana suromai!), chiuderemo un occhio sia sui tifosi dell’ultim’ora, sia sulle tifose dell’ultim’ora, quelle che magari si pittureranno la faccia con la bandiera italiana, però sbagliando l’ordine dei colori, come fece Emma Marrone un paio di mondiali (maschili) fa, tifando inavvertitamente Ungheria. Ci passeremo sopra perché i precisini, col calcio, lasciamo che siano gli uomini.

 

La nazionale italiana delle donne non si qualifica per la coppa del mondo dal 1999, ci ha esordito nel 1991 ed esiste dal 1968 (la prima partita ufficiale l’ha giocata a Viareggio, il 23 febbraio di quell’anno): è proprio il caso di stringersi a coorte. E speriamo bene. “Se vinciamo realizziamo il sogno di tutti”, ha detto Bertolini. Ed è vero, soprattutto perché fino a ieri è un sogno che neppure sapevamo di poter sognare.