Ciro Immobile (foto LaPresse)

La liberazione di Immobile

Leo Lombardi

A (quasi) 28 anni l'attaccante è entrato nella fase della maturità. Simone Inzaghi è la sua fortuna. Un unico neo, la mancata qualificazione ai Mondiali. Rimedierà con Qatar 2022? 

A (quasi) 28 anni Ciro Immobile è entrato nella fase della piena maturità. E, di conseguenza, della piena consapevolezza. Consapevolezza di essere diventato un giocatore da cui non si può prescindere. La Lazio attuale, quella che ha appena scalzato la Roma dal quarto posto che vale la Champions League, non sarebbe tale senza il suo centravanti. Lo dicono i numeri. Immobile ha chiuso il 2017, nel senso di anno solare, come miglior marcatore della serie A: 30 gol, Mauro Icardi e Dries Mertens ne hanno segnati tre in meno. Ha poi cominciato il 2018 regalandosi qualcosa che non aveva mai realizzato prima, ovvero quattro reti tutte in una volta. Lo ha fatto contro la Spal, nel giro di un mezz’oretta, nei minuti che andavano dal 19’ del primo tempo al 5’ della ripresa. Così oggi è più che mai primo nella classifica marcatori, con 20 gol in 18 partite. Il più bravo di tutti, e non solo degli italiani come gli capitava prima, a tre reti dal primato personale fissato la passata stagione.

 

Gli italiani, appunto. Immobile si guarda dietro e tra i primi trova solo il conterraneo Fabio Quagliarella (uno di Torre Annunziata e l’altro di Castellammare di Stabia, distanti pochi chilometri), uno non più giovanissimo. Gli altri? Dissoltisi. Meglio: l’altro, visto che l’alternativa a Immobile era stato il solo Andrea Belotti. Ma il Gallo granata si è perso tra malanni personali e malinconie del gioco imposto da Sinisa Mihajlovic, appena 4 gol. Vedremo che ne sarà di lui quando starà meglio e con Walter Mazzarri in panchina. Un’usura che, invece, Immobile non ha patito, nonostante - ieri come oggi - sia l’unico punto di riferimento nell’attacco biancoceleste.

 

Ma il centravanti ha una fortuna, quella di un allenatore che sapeva segnare quando giocava. Perché Simone Inzaghi sarà anche passato alla storia come il fratello minore del più celebre Pippo, ma in campo le sue soddisfazioni se le è tolte. E da tecnico è ancora più bravo. Così, da due stagioni in qua, ha modellato la squadra intorno al suo attaccante. E se prima giostrava in un tridente offensivo, oggi Immobile è appoggiato da un trequartista con cui si trova a meraviglia, come Luis Alberto, e sfrutta il lavoro di centrocampisti che sanno inserirsi, e allo stesso tempo finalizzare, come Milinkovic-Savic. Il tutto in una squadra che ama la fase offensiva come poche altre (ancora numeri: 48 gol, miglior attacco insieme con la Juventus) e che si esalta quando c’è da scappare via in velocità: ancora oggi uno dei video più cliccati è il dribbling con cui Immobile umilia Leo Bonucci nella partita giocata all’Olimpico.

 

 

Una maturità, come detto, che rende giustizia a un giocatore da cui si era preteso troppo e in fretta. Su Immobile avevano pesato i 28 gol realizzati nell’anno della promozione dalla serie B a Pescara, quella con Zdenek Zeman in panchina e con Lorenzo Insigne e Marco Verratti in campo. Aveva 22 anni allora, erano seguiti il flop al Genoa, l’ottima annata a Torino e il doppio fallimento europeo: prima in un Borussia Dortmund che l’aveva chiamato a raccogliere un’eredità troppo pesante come quella di Robert Lewandowski, poi in un Siviglia che non aveva creduto fino in fondo in lui. Il ritorno in Italia a gennaio 2016, nel Torino dove si muoveva Belotti, era stato sottotono; il passaggio alla Lazio si è rivelato una liberazione. Resta una sola macchia, quello del fallimento nella qualificazione mondiale con l’Italia, un passaggio (lo spareggio contro la Svezia) in cui Immobile si è presentato troppo sottotono per dare una soluzione alle paure del fu ct Gian Piero Ventura. Il prossimo appuntamento sarà in Qatar 2022, quando Immobile avrà 32 anni. Ma non è mai troppo tardi per rimediare.