Gonzalo Higuain (foto LaPresse)

Grosso, grasso, fortissimo Higuain

Leo Lombardi

Ogni estate la solita solfa sul girovita del Pipita. Poi, come è successo contro il Milan, tocca due palloni e ci fa ricordare solo i suoi numeri da leggenda

Dopo ogni estate è sempre la stessa storia: tutti a misurare il girovita di Gonzalo Higuain. Misurazioni visive e virtuali, sia ben chiaro, perché i dati sono gelosamente custoditi dalla Juventus. Ma in Italia, si sa, siamo bravissimi nell'andare a spanne. Perché perdere tempo prezioso dietro all'evidenza scientifica? Allora il peso dell'argentino è come la calura estiva: c'è la certezza dei gradi Celsius e c'è il sentire comune della temperatura percepita, che rende ancora più rovente quello che già caldo è. Allo stesso modo Higuain diventa irrimediabilmente grasso agli occhi del volgo: vuoi mettere il profilo del volto dalle curve dolci oppure quelle magliette stretch che sembrano tirare così tanto? Inutile che ci facessero sapere come, dati alla mano, Higuain si metta al servizio della causa con sudore e tanta corsa. L'argentino era paragonato a un divoratore seriale di ciambelle alla Homer Simpson più che a un giocatore di calcio. Anche perché, rispetto al passato, non c'erano i gol a compensare la presunta mancanza di atletismo.

 

Ecco, chiedete allora alla difesa del Milan che cosa significhi affrontare Higuain. Sul campo, l'altro giorno, non lo hai visto gestire male un solo pallone. E nelle due-occasioni-due in cui ha avuto la possibilità di mirare la porta, ha prima battuto sul tempo Romagnoli e quindi irriso con una finta Rodriguez, per poi costringere Donnarumma a raccogliere la palla in fondo alla porta. Tutto eseguito con velocità, forza e precisione, come si richiede a un lavoro ben fatto. Una doppietta che pone il centravanti in linea di galleggiamento con quanto offerto dopo 11 giornate della passata stagione (allora sette gol, stavolta sei), chiusa con un bottino finale di 24 reti. Da metterci ovviamente la firma. Anche perché parliamo di un giocatore da 101 gol in 153 partite di serie A tra Napoli e Juventus: numeri importanti e, soprattutto, medie importanti. Uno che attira su di sé gli avversari in pari misura alle ironie, perché gli piace giocare (e rende meglio) quando è là davanti tutto solo. Lo aveva fatto con Sarri, lo sta facendo con Allegri, che gli ha disegnato la squadra addosso come un vestito, senza per questo concedergli alcun atteggiamento da primadonna.

 

Lo si è visto in questa stagione, quando l'argentino è andato a sedersi in panchina nel derby con il Torino. “Scelta tecnica, per dargli un turno di riposo”, la spiegazione del tecnico. Ufficialmente. In realtà si era trattato di un metodo – visibile a tutti: le punizioni devono essere educative, secondo il prontuario bianconero – per far capire a Higuain che nulla viene concesso per diritto, ma tutto deve essere guadagnato. La risposta si è materializzata quattro giorni dopo in Champions con l'Olympiakos: altra panchina (evidentemente non si era riposato abbastanza…) e ingresso nella ripresa. Sono bastati nove minuti per applaudire il gol, insieme con una determinazione nei gesti mai espressa prima. Da quei giorni Higuain è tornato centrale nei meccanismi della Juventus. Anche qualcosa in più, perché non lo trovi a stazionare nella trequarti avversaria ma spunta anche in difesa a dare una mano. Quando sta davanti, poi, non lascia comunque transitare sereni gli avversari con il pallone tra i piedi. Il peso? A quello ci pensa la Juventus, che ha piazzato gli allenamenti al mattino proprio per avere tutti assieme non solo a pranzo, ma anche a colazione, mentre per la cena è stata allestita una seconda squadra, fatta però di cuochi. Vanno nelle case dei giocatori, dove cucinano seguendo le linee dettate dal nutrizionista Matteo Pincella. E sanno benissimo dove abita Higuain.

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