Nella serata di Totti, Belotti fa sperare il calcio italiano (Eder chi?)

Leo Lombardi
Da gennaio l'attaccante del Torino ha già segnato dieci gol, facendo dimenticare un girone d'andata poco brillante e dimostrando a tutti che nella corsa all'Europeo c'è pure lui per un posto in Nazionale. Tutto il contrario di Eder, che nel passaggio dalla Sampdoria all'Inter si è perso, diventando l'uomo in meno dell'attacco nerazzurro.

Andrea Belotti è la risposta all'eterno lamento italiano. A quel “in serie A non c'è spazio per i giovani”, subito raddoppiato con “da noi vengono soltanto stranieri mediocri, che rubano il posto ai nostri ragazzi”. Affermazioni con un fondo di verità, visto che il decadimento del pallone tricolore è pure figlio di un'immigrazione in cui la quantità si è sostituita alla qualità, con esiti nefasti su un insegnamento alle generazioni future derivante dall'imitazione e dall'emulazione. Ma anche parole che non devono trasformarsi in assiomi incontestabili, perché qualche cosa di buono c'è.

 

Come il 22enne Belotti, ma non solo, visto che la squalifica di Higuain ha fatto riscoprire Gabbiadini, che la gestione di Mihajlovic ha almeno lasciato in eredità Donnarumma, che l'ennesimo infortunio di Chiellini ha dato spazio a Rugani. Questi i primi esempi che vengono alla mente, come vengono alla mente le critiche a Giampiero Ventura, accusato di dare fiducia esclusivamente agli anziani. Vero, viste alcune formazioni recenti. Ma il tecnico del Torino, come ogni allenatore stagionato che si rispetti, sa che i ragazzi hanno bisogno di tempo e di esempi. Lo sa lui, come lo sa Edy Reja all'Atalanta, l'altro grande vecchio del campionato. Non a caso le loro squadre sono quelle che nelle ultime stagioni hanno espresso alcuni degli Under più interessanti. Prendete il centravanti granata, che ha trascorso tutto un girone di andata a sentirsi rinfacciare quanto fosse eccessiva la valutazione di sette milioni e mezzo per acquistarlo dal Palermo. Ha incassato, è stato zitto, ha lavorato, ha atteso il suo momento. E il 2016 è da incorniciare: dieci reti realizzate, davanti a lui ci sono soltanto le quattordici di Gonzalo Higuain. Prima gli ha fatto bene trovare un partner in attacco come Ciro Immobile, a formare una coppia equilibrata, tecnica il giusto e ferocemente determinata dal punto di vista caratteriale. Poi, quando il compagno si è fatto male, Belotti ha saputo diventare il punto di riferimento, rendendo abituale la cresta del gallo alzata dopo ogni gol. Osservazione: gli ultimi quattro sono arrivati su rigore. Giusto, come è altrettanto giusto dire che molte carriere di attaccanti sono state costruite dagli undici metri e come è giusto dire che certe situazioni occorre saperle creare e, soprattutto, saperle concretizzare. Come si è visto all'Olimpico contro la Roma. Se poi spunta un Francesco Totti a rovinare la festa, Belotti si può consolare, ben sapendo che “time is on his side”.

 

E il centravanti granata potrebbe anche diventare un concorrente fastidioso in ottica Euro 2016. Meglio, per Eder già lo è. L'attaccante italo-brasiliano ha vissuto un cammino esattamente inverso al collega, con un girone di andata da applausi e un ritorno da desaparecido. Il motivo è racchiuso in una sola parola: mercato. Nello specifico, quello di gennaio. Una parentesi da sempre considerata di riparazione, per società che si sono ritrovate lontane dagli obiettivi prefissati come per giocatori andati in sofferenza nelle proprie squadre. Eder a dire il vero non lo era. Nella Sampdoria era il fiore all'occhiello di un'annata zoppicante e in Nazionale era diventato la spalla di Pellè. Tutto sembrava filare liscio, fino al richiamo dell'Inter. Un salto di qualità rivelatosi un trappolone. Eder avrebbe dovuto essere l'uomo in più dell'attacco di Roberto Mancini, è diventato l'uomo in meno della squadra nerazzurra. Le dodici reti con la Sampdoria si sono trasformate in un tondo zero tra San Siro e dintorni, insieme allo smarrimento della capacità di essere decisivo con un passaggio smarcante o con un tocco malandrino. Eder è stato incapace persino di invertire il proprio declino contro il Genoa, un confronto che lo eccitava in passato a Marassi. Ha avuto la palla buona per il pareggio nel finale, l'ha calciata malamente sul fondo. Spegnendo le speranze dell'Inter e le sue personali.

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