Marco Pantani al Giro d'Italia del 1999

Pantani, la camorra e quello che ancora il ciclismo non vuole capire sul Giro del 1999

Giovanni Battistuzzi
“Un clan camorristico minacciò un medico per costringerlo ad alterare il test e far risultare Pantani fuori norma”. Lo scrive il pm della Procura della Repubblica di Forlì Sergio Sottani. Tutto verrà comunque prescritto. Il Pirata poteva essere però stato riabilitato in tempo, la sua scomparsa poteva essere evitata se si fosse agito per tempo.

Roma. “Un clan camorristico minacciò un medico per costringerlo ad alterare il test e far risultare Pantani fuori norma”. Lo scrive il pm della Procura della Repubblica di Forlì Sergio Sottani, che sta guidando le indagini sull'esclusione del Pirata dal Giro d'Italia del 1999. Un'inchiesta archiviata nel 1999 dal pm della Procura di Trento Bruno Giardina, riaperta il 16 ottobre 2014 con l'ipotesi di "associazione per delinquere finalizzata alla frode e alla truffa sportiva". Tra le due indagini erano però emersi nuovi dettagli: prima le dichiarazioni di Renato Vallanzasca – che raccontò di aver ricevuto il suggerimento di scommettere su chiunque tranne che su Pantani perché "non so come, ma il pelatino non arriva a Milano" –, poi un'intercettazione ambientale di un affiliato a un clan della camorra che spiegava come avessero fatto in modo di truccare le analisi del sangue per escludere il Pirata. La Procura sarebbe riuscita poi a ricostruire movente e mandanti dell'operazione. La Procura sarebbe poi riuscita a dimostrare come sono andati i fatti, come l'esclusione di Pantani fosse stata pilotata perché "esistevano scommesse miliardarie che i clan non potevano perdere".

 

E così a quasi diciassette anni di distanza sembra essere stata fatta chiarezza. Peccato che ormai non serva a niente. Tutti i reati sono stati prescritti, Pantani quel Giro non l'ha finito, nell'albo d'oro non comparirà mai.

 

 

Un mistero che sta per essere risolto, dicono i più. Ora il giudice dirà se effettivamente le cose quel 5 giugno del 1999 andarono così. Quello che il giudice non dirà è che non c'era nessun mistero, che la verità sui fatti poteva essere portata alla luce prima, molto prima. Sarebbe bastato analizzare i fatti, essersi resi conto in tempo che il risultato di un esame ematico che necessita di oltre un'ora per essere svolto, non può essere annunciato nemmeno un'ora dopo dell'effettuazione del prelievo; sarebbe bastato ascoltare i legali di Pantani che avevano denunciato irregolarità nelle procedure di prelievo del sangue. Tutti avvenimenti raccolti invece dal giornalista francese Philippe Brunel nel libro "Gli ultimi giorni di Marco Pantani" pubblicato nel 2007.

 

Pantani poteva essere stato riabilitato in tempo da quel ciclismo che stava uscendo dalla sua pagina più nera, quella del Tour del 1998, che aveva reso palese il doping di squadra, il sistema "segreto" che trasformava gli atleti in superatleti. Pantani era cresciuto in quel mondo, con ogni probabilità ne faceva parte, ma era allo stesso tempo un cavallo di razza, uno che aveva dimostrato sin dalle categorie giovanili di essere uno scalatore di classe e determinazione. Quel mondo però lo ha visto sfiorire con l'indifferenza che si riserva a un emarginato, non gli ha mai perdonato la debolezza di non saper riprendere il teatrino, di non sapere accettare la sospensione, di non essere stato in grado di ritornare a pedalare come se niente fosse successo.

 


Il giorno dell'allontanamento di Marco Pantani dal Giro d'Itali del 1999


 

Quello che rimane è quella notizia resa pubblica alle 10,10 del 5 giugno del 1999: "Marco Pantani è stato sospeso dal Giro d'Italia per valori ematici fuori norma". Resta quel 51,9 di ematocrito che sanciva la non idoneità sportiva. Restano le ombre di doping gettate sullo scalatore dalla stampa. Un peso che lo ha schiacciato, che lo ha fatto cadere in un vortice di depressione, cocaina, isolamento che lo ha spinto in quella camera del residence "Le Rose" di Rimini. Pantani è morto il 14 febbraio 2004, in circostanze ancora non chiare.

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