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Chi la spunterà tra Infantino e il sultano Salman per la presidenza della Fifa?

Francesco Caremani
La sfida tra il numero due dell'Uefa e il presidente della federzaione asiatica segnerà la storia calcistica dei prossimi anni. E' uno scontro tra Europa e Resto del Mondo, tra chi ha da sempre gestito questo sport e chi vorrebbe iniziare a guidarlo. Tutto quello che c'è da sepere in vista delle elezioni del 26 febbraio.

Europa contro Resto del Mondo. Le elezioni per il presidente della Fifa, che si terranno a Zurigo venerdì 26 febbraio, rappresentano il paradigma dello scontro che da sempre alimenta il governo del calcio mondiale: tra chi lo ha inventato e chi pensa di poterlo dominare (economicamente e politicamente) nel prossimo futuro. I candidati ammessi sono cinque: lo svizzero di origini italiane Gianni Infantino (45 anni) segretario generale dell’Uefa; il presidente dell’Afc Salman Bin Ebrahim Al-Khalifa (Bahrein, 50); il principe di Giordania nonché presidente della locale federazione Ali Al Hussein (40); il francese Jérome Champagne, segretario generale aggiunto e direttore delle relazioni internazionali della Fifa dal 2002 al 2010 (57); e il sudafricano Tokyo Sexwale (62) membro del comitato organizzatore della Coppa del Mondo 2010 e presidente del comitato di sorveglianza Israele-Palestina per la Fifa. I voti disponibili sono 209 e lo scrutinio è segreto, al primo è necessaria la maggioranza qualificata di due terzi per essere eletto, in quelli successivi basta quella assoluta; il meno votato non partecipa agli scrutini successivi finché in gara non ne restano solo due. In pratica Gianni Infantino e Salman Bin Ebrahim Al-Khalifa, perché gli altri non hanno alcuna chance di essere eletti, le percentuali dei bookmakers parlano chiaro: 40 per cento pari merito l’italosvizzero e il bahraino, 15 per cento il giordano, 4 per cento il francese e solo l’1 per cento di possibilità il sudafricano.

 

 

Indiscrezioni di voto per l'elezione del nuovo presidente FIFA
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La confederazione asiatica e quella africana si sono ufficialmente schierate con Salman Bin Ebrahim Al-Khalifa. Ha fatto scalpore l’endorsement di Issa Hayatou, presidente della Caf e ad interim della Fifa, lo scorso 5 febbraio a Kigali, in Ruanda: “Se decidiamo di sostenere Salman è un crimine?”. Decisione che in teoria sposta 54 voti sul Risiko Fifa, ma che in pratica non ha riscosso unanime consenso con Liberia, Egitto e Sud Sudan pronti a votare differentemente dalle consegne. La strategia è chiara, troppo debole il proprio candidato, meglio aggrapparsi da subito al carro di un vincente (potente) per ottenere in futuro più squadre partecipanti alla fase finale dei Mondiali su un’asse contraria a quella di Uefa e Conmebol, Europa e Sudamerica. Infantino può contare sui voti di queste due (53 e 10) più quelli della Concacaf (35), mentre l’Oceania non si è ancora pronunciata, facendo oscillare 11 voti determinanti, sempre che le federazioni poi rispettino le direttive. Dal 2006 l’Australia è affiliata all’Afc (46) per mantenere uno standard internazionale maggiormente competitivo, difficile dire se questo elemento può influenzare la posizione dei confinanti: verso l’Asia per prospettiva, verso l’Europa per ripicca.

 

 

Una corsa a due per la presidenza FIFA
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Il 26 febbraio sapremo e capiremo, forse, in quale direzione andrà il football del terzo millennio, con alcuni punti imprescindibili: trasparenza economica e amministrativa; lotta alle TPO (Third Party Ownership), alle scommesse clandestine, al doping e al razzismo; sostenibilità economica dei Campionati del Mondo e possibile crescita, allargamento o meno dell’attuale formula dei Mondiali, da 32 a 40 squadre partecipanti; immagine e visibilità del calcio femminile; capacità di spendere i fondi a disposizione per i movimenti più poveri, di governance, formazione tecnica e infrastrutture. Il prossimo segretario generale della Fifa avrà più potere dei precedenti, sarà come un amministratore delegato. Per questo, secondo alcune indiscrezioni, Gianni Infantino potrebbe cercare un accordo con lo sceicco del Bahrein: quest'ultimo presidente e l’italosvizzero segretario generale e ad, visto che in caso di sconfitta non potrà rimanere all’Uefa. Infantino è  stato l’uomo di Michel Platini per il fair play finanziario e quello che ha portato la Champions League ai livelli attuali, ma anche la confederazione europea, dopo la sospensione del suo numero uno, dovrà eleggere un nuovo presidente. Segno di debolezza che a livello mondiale non è passato inosservato e che da ancora più chance alla candidatura di Salman Bin Ebrahim Al-Khalifa.

 

[**Video_box_2**]La famiglia dello sceicco è accusata di avere ferocemente represso le manifestazioni contro il governo del 2011, alle quali parteciparono molti atleti, e secondo l’agenzia Bahrein News Agency il principe Nasser affidò a Salman il compito di individuare i tesserati coinvolti. Il BIRD (l’Istituto bahraini per i diritti e la democrazia) ha scritto a sette dei maggiori sponsor della Fifa (Coca-Cola, McDonald’s, Visa, Adidas, Budweiser, Gazprom e Kia) per portarli a conoscenza di quei fatti. Coca-Cola e Adidas hanno risposto insieme a Visa che ha scritto: “Condividiamo la preoccupazione per quanto concerne il governo della Fifa e il rispetto dei diritti dell’uomo, nella consapevolezza della necessità di riforme fondamentali e durature per il calcio mondiale”. Il BIRD ha rincarato la dose sottolineando come il Bahrein abbia sospeso sei club per ragioni politiche e religiose. Gli avvocati di Salman Bin Ebrahim Al-Khalifa hanno annunciato battaglia e il dibattito sulla regolarità della sua candidatura sarà tempestoso, anche se riteniamo che, nonostante la voglia di trasparenza del nuovo corso, difficilmente lo sceicco sarà espulso dalla competizione.

 

 

 

Come scrive France Football: “Siamo in piena guerra fredda tra confederazioni che vogliono dirigere il calcio e persone che vogliono prendere il controllo della Fifa per proteggere se stesse e il sistema”. Sarà un caso, ma a parte conferenze stampa teleguidate e manifesti pubblicati in Rete, non c’è stato alcun confronto pubblico tra i candidati, come si auspicava il movimento New FIFA Now che chiede democrazia, trasparenza e responsabilità e che ha redatto la Carta per la FIFA, un piano in dieci punti per il cambiamento.

 

Lo scorso 27 gennaio su impulso di Damian Collins, parlamentare conservatore britannico e accanito sostenitore del movimento, è stato organizzato un incontro a Bruxelles tra i candidati presso la sede del Parlamento europeo; patrocinatori i gruppi parlamentari più numerosi, Ppe, S&D ed Ecr. L’unico presente era Jérome Champagne, scatenando l’ira dei parlamentari: “Era un’occasione, per loro, per dimostrare la volontà di rendere la Fifa più trasparente e responsabile”, ha commentato Emma McClarkin dell’Ecr. Un’occasione persa.

 

Dopo lo scandalo di maggio (mese per eccellenza degli scandali calcistici), gli arresti, l’inchiesta dell’Fbi e le sospensioni di Blatter e Platini (creatura del primo, così come il principe Ali Al Hussein) da parte del comitato etico della Fifa una riflessione merita anche il giornalismo sportivo.

 

Andrew Jennings è un reporter investigativo scozzese di 72 anni che nel 2002 pose a Blatter questa domanda: “Ha mai preso una tangente?”. Il presidente della Fifa negò, ma Jennings non ha mai mollato la presa, denunciando tutte le malefatte di Sepp in un libro (I padroni del calcio) e in un blog (transparencyinsport.org, attualmente accessibile solo con login e password), in meravigliosa solitudine: “Il giornalismo è una cosa semplice. Devi solo trovare persone disonorevoli, spregevoli e corrotte, e lavorare su di loro. Il nostro lavoro è investigare, trovare prove”, ha detto al Washington Post. Ha fatto altrettanto col Cio e spera di trovare i soldi per comprare il biglietto per New York dove si terrà il processo sulla Fifa. A questo proposito ricordiamoci che Blatter attualmente è solamente sospeso e potrebbe contestare la legittimità delle elezioni del 26 febbraio.

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