Gioco d’Hazard. L’esultanza dei giocatori del Chelsea dopo il gol vittoria al Crystal Palace. I Blues sono campioni d’Inghilterra (LaPresse)

That win the best

Altro che Superclásico

Jack O'Malley
Si levino alti i calici traboccanti. José Mourinho è riuscito là dove pochi nella storia sono riusciti, tornare a casa e vincere ancora. La vittoria prepotente Mou e i luoghi comuni di Baricco. La mamma di Baltimora è sempre incinta.

Londra. Si levino alti i calici traboccanti. José Mourinho è riuscito là dove pochi nella storia sono riusciti, tornare a casa e vincere ancora. Un titolo mai davvero a rischio, fin dall’inizio. Dalle parti di Trigoria dovrebbero prendere appunti: a inizio stagione lo Special One ha rottamato uno dei giocatori simbolo del Chelsea, quel Frank Lampard che in un decennio era stato decisivo per alzare parecchi trofei. Lampard è ancora in forma, un centrocampista come lui non si spegne come un cross sbagliato sul fondo. Mou doveva far crescere quelli più giovani, però, e sapeva che la presenza di Lampard avrebbe potuto essere un ostacolo. Frank se ne è andato così a giocare tra i rivali del Manchester City, alimentando per qualche mese l’illusione che i Citizens potessero conquistare il titolo. Lo stesso ha fatto con Cech, portiere ancora tra i migliori al mondo, ma relegato a riserva per far diventare grande Courtois. Roba difficile da vedere in certe satrapie calcistiche italiane. In questi mesi Mourinho ci ha regalato senza stufare il solito meraviglioso repertorio: polemiche a caso su complotti arbitrali, attacchi ai giornalisti, punzecchiature ai rivali in campionato, molti gol e difesa efficace (don’t call it bus, please). Con la sua terza Premier League Mou entra nella storia, come hanno scritto pigramente tutti, fa godere nuovamente i tifosi dei Blues, ma sotto sotto rimane malinconico. Il suo vero obiettivo è e resta la Champions League, sfuggita quest’anno per un suicidio sportivo che è stato un mix di impotenza e supponenza. Ci riproverà l’anno prossimo, sicuro che sia la volta buona.

 


Leggete questo articolo spolverando


 

Bar Ricco. Incuriosito dai tweet entusiasti di tanti professionisti e amanti del calcio, domenica sono andato a leggermi l’articolo-più-bello-della-storia-del-mondo-sul-calcio, ovvero, per i profani che ancora non si sono accostati a tale delizia, quello di Alessandro Baricco che su Repubblica raccontava El Superclásico, cioè il derby della carta igienica tra Boca Juniors e River Plate a Buenos Aires. Ho capito che la crisi dei giornali è evidentemente una finzione: per mandare un collaboratore fino in Argentina e fargli riempire tre pagine di luoghi comuni rintracciabili su Google devi averne veramente tanti, di soldi. C’è tutto il meglio delle frasi fatte sull’Argentina, in quel mirabile articolo: l’Oceano (con la O maiuscola), la milonga, i migranti italiani poveri, lo stadio che è una “fornace”, i ballerini di tango, Dio (la macchietta di Dio, è pur sempre Baricco), i tifosi rumorosi, i ricchi contro i disperati, le case fatiscenti, l’autunno che in Argentina è autunno mentre da noi è primavera (ma pensa), Maradona, un paio di aneddoti su Gatti e Palermo (rintracciabili su internet) e naturalmente Osvaldo Soriano. 


Al tappeto. Charisma Carpenter, nota filantropa, si immedesima con il momento del Milan


 

Mamme e salotti. Sono francamente stupito: leggo da giorni i quotidiani italiani eppure non ho ancora trovato nessun editoriale spiegarmi sornione che per fermare la violenza negli stadi ci vorrebbe la mamma (naturalmente afroamericana) di Baltimora. Eppure l’avete chiamata in causa per qualsiasi cosa, con la pigrizia solita di chi crea un feticcio morale che dura il tempo di qualche giorno e di qualche clic, e lo erge a soluzione definitiva per qualsiasi problema (poco prima però passa attraverso l’operazione simpatia, stile nonna di Florenzi, per intenderci). Più mamme di Baltimora per tutti. Perché non mandarla a salvare i migranti, a picchiare i politici, o a dare una svegliata a Van Gaal? Ma in fretta, perché il suo eroismo genuino sta per essere soppiantato dal milanese buono e lavoratore, che non si dà per vinto e ridipinge i muri, già idolo incontrastato dei vari Severgnini e Gad Lerner, che dopo avere passato il primo maggio in salotto a impostare i loro editoriali indignati, twittando ai black bloc di smetterla subito, hanno potuto sorridere, sempre in salotto, per la generosità dei loro concittadini.

 


Lauren Hanley è da sempre appassionata di pesca. Qui la vediamo con due belle trote nella rete


 

Nomi. Per concludere brindo alla nascita della Royal Baby, e ammetto che l’attesa per il nome ha rischiato di rasentare lo stucchevole. La soluzione trovata da William e Kate, Charlotte Elizabeth Diana, è degna di un congresso della Democrazia cristiana. Io non avrei avuto dubbi. L’avrei chiamata Premier League.

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