Giancarlo Giorgetti (Ansa)

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Dentro la Nadef. I rischi di un calo piccolo piccolo del rapporto debito/pil

Lorenzo Borga

Nonostante gli annunci e le rassicurazioni del governo, le banche d’affari e gli investitori hanno percepito il messaggio che il deficit italiano al più rimarrà stabile e non proseguirà nel suo cammino in discesa

Il ministero dell’Economia ha annunciato che la prossima legge di Bilancio sarà “orientata a princìpi di prudenza”, assicurando allo stesso tempo il sostegno all’economia e la “riduzione credibile e duratura del rapporto debito/pil”. Un’impresa riuscita nel corso degli ultimi due anni al governo Draghi prima e a quello Meloni poi grazie alla fiammata inflattiva che ha prodotto un extra-gettito inatteso per i conti pubblici e aumentato il prodotto interno lordo nominale. Ma ora l’inflazione è in rallentamento e a meno di sorprese non dovrebbe superare le previsioni nel 2024: niente effetto benefico che non sia già contenuto nelle stime dei conti pubblici.

 

Ecco dunque che ridurre il rapporto debito/pil rischia di essere maledettamente complicato per un governo che ha deciso di indebitarsi per 23,5 miliardi di euro in più in un triennio. Già le stime ufficiali sono sul filo di lana: il debito pubblico in rapporto al pil dovrebbe scendere secondo la Nadef dal 140,2 per cento di quest’anno al 139,6 fra tre anni. Un “calo” di appena sei decimali: le banche d’affari e gli investitori hanno percepito il messaggio che il debito italiano al più rimarrà stabile e non proseguirà nel suo cammino in discesa necessario dopo le spese legate al Covid.

Ma c’è di più: il lento calo potrebbe perfino scomparire se anche solo una delle variabili previste dal governo dovesse andare storta. Partiamo dalla crescita economica, che il ministero dell’Economia ha previsto allo 0,8 per cento quest’anno e all’1,2 l’anno prossimo. Si tratta di una previsione nettamente sopra le stime di Fondo monetario internazionale, Ocse e Commissione europea. Prendiamo i numeri appena pubblicati da Prometeia, i cui economisti prevedono una crescita ferma al +0,4 l’anno prossimo e al +0,8 nel 2025, nettamente inferiore a quella stimata dal governo. Se così fosse, il rapporto debito/pil invece di scendere di un niente salirebbe, fino ad arrivare al 141,8 per cento alla fine del triennio. Un disastro per la reputazione italiana.

Lo stesso accadrebbe se il governo non mettesse in campo le privatizzazioni che ha promesso. Giorgetti ha annunciato circa 20 miliardi di incassi entro il 2026, un obiettivo sfidante visto l’attuale portafoglio di partecipazioni pubbliche e su cui più governi in passato hanno fallito. Senza questi proventi teorici il rapporto debito/pil salirebbe di qualche decimale, senza scendere sotto la soglia psicologica del 140 per cento.

Sotto il 140 per cento scenderebbe solo nel 2026 di un misero decimale se il ministero dell’Economia non riuscisse a conseguire gli obiettivi di revisione della spesa che si è posto. 1,5 miliardi l’anno prossimo, 2 nel 2025 e 2,2 nel 2026: questo è il budget che il Mef ha chiesto di tagliare ai ministeri, per ora con risultati altalenanti. Senza queste somme, il rapporto debito/pil scenderebbe ancora più lentamente di quanto già previsto oggi.

C’è un’altra variabile, forse la più importante, su cui ancora non ci si è concentrati abbastanza. Il governo avrà il coraggio di non rinnovare il taglio del cuneo contributivo nel 2025 e nel 2026, riducendo di fatto le buste paga di milioni di lavoratori dipendenti? Se così non fosse, dovremmo aggiungere ai conti della Nadef una ventina di miliardi di minori incassi per lo stato in due anni. In questo caso, tenendo conto anche dell’effetto benefico per la crescita, il rapporto debito/pil italiano scenderebbe ancora più lentamente, di soli quattro decimali in tre anni. Nulla.

Ecco perché le banche d’affari hanno motivo di qualche perplessità sui conti italiani. Oxford Economics, una delle maggiori agenzie di consulenza macroeconomica, ha scritto nel suo report che il governo italiano ha mostrato i suoi “true colours” nella Nadef, indicando un debito “sostanzialmente stabile” basato su “incerte privatizzazioni e una crescita ottimistica”. Hsbc ha scritto nel suo report che “è difficile essere troppo ottimisti sulla crescita” dell’Italia.

Per un confronto, la Grecia – il paese più indebitato dell’Unione europea – ha promesso di ridurre il rapporto debito/pil dal 206 per cento del 2020 sotto al 140 entro il 2027, ben al di sotto dei livelli pre Covid. Una discesa che non riuscirà, con ogni probabilità, all’Italia. E chi ci presta denaro ne è ben conscio.
 

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