Sic transit gloria Rep.
Esequie di un mondo. Racconto del funerale di Marco Benedetto, ex ad dell'Espresso nell'epoca d'oro di Repubblica
Muore il manager della carta negli stessi giorni in cui si vende Repubblica. In prima fila, a Trastevere, Luca Cordero di Montezemlo (suo allievo in Fiat) ed Ezio Mauro ("Il topolino Mauro"). Assente il direttore Mario Orfeo
Ecco Luca di Montezemolo in prima fila. Appena dietro, poi, il venerando Ezio Mauro. E dunque l’assenza – più acuta presenza – di Mario Orfeo: il direttore di Repubblica che, nel giorno in cui a Roma si celebrano i funerali di Marco Benedetto, rimane a Milano. “Aveva da fare”, dicono. Cosicché la morte di un uomo si traduce nell’allegoria di una fatalità editoriale.
L’ex ad della Stampa e del gruppo Espresso, manager nell’epoca aurea di Rep., lascia questa Terra: Benedetto di nome e di fatto. Una donna ricorda dall’altare “la devozione di Marco alla Madonna della Guardia”, le sue preghiere nel santuario di Genova. E non è un caso, dice, che “Marco si sia spento il 12 dicembre: giorno della Madonna di Guadalupe”. (Gli amici, tra i banchi della Basilica di San Crisogono, lo ricordano ateo anche se la fede, forse, più che tiepida era solo lo specchio dell’uomo: influente ma discreto).
Sul fatto che la morte di Benedetto sia arrivata invece insieme al declino del suo giornale, tutti hanno da pensare. Tanto che nei giorni in cui la Grecia conquista Roma, a Trastevere si manifesta la Rep. che fu. Ed ecco quindi che a piangere il capo amico non c’è solo Ezio (o il “Topolino Mauro”, come lo chiamava lui). Tra i primi banchi della basilica spicca Luigi Zanda, l’ex senatore del Pd ed ex segretario generale del gruppo Espresso che giusto ieri, a proposito della vendita del giornale, diceva al Foglio che “il declino, quando arriva, travolge ogni cosa”, e che “è tutto in linea con il declino”. Sicché a declinare – e chiudere un cerchio – ci sono gli ex. Tanti ex. A contrassegno del tempo passato. Ci sono l’ex direttore di Repubblica, Massimo Giannini, e poi l’ex direttore dell’Espresso Bruno Manfellotto. C’è l’ex uomo del giornale nel mondo, Gianni Riotta, e ancora la donna del giornale che è sempre più in tivù, Annalisa Cuzzocrea. Ci sono poi Claudio Giua, il direttore dello sviluppo e innovazione di Gedi, e ancora l’ad di Gedi news network Corrado Corradi. In memoria degli albori di Benedetto all’Ansa, arriva Giulio Anselmi.
Ed è di fatto un’allegoria nell’estremo onore. L’officiante legge il Vangelo di Giovanni: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto”. La paura, con Kyriakou, è di rimanere soli. Ovvero orfani di un mondo che non rinasce. Trovatelli in un giardino di cui Benedetto è stato l’albero rigoglioso di frutti. Fu nel suo salone – così vuole la leggenda – che Veronica Lario scrisse pubblicamente a Berlusconi, criticando la scelta di candidare le veline: “Ciarpame senza pudore”. E fu dunque lui l’arco che coprì molte ère, lavorando con tutti: Scalfari, gli Agnelli, Romiti, De Benedetti, Caracciolo.
Gli amici, sul sagrato, ricordano la sua vita prima e dopo la carta. Da giovane, come capo ufficio stampa della Fiat, e da anziano con Blitz Quotidiano: il giornale online dove fra tanti giovani volenterosi (ma poco avvezzi allo screen) portò con sé l’attuale capo di Socialcom Luca Ferlaino, allievo di Benedetto che in chiesa è seduto accanto a Italo Bocchino, nerovestito.
Marco Benedetto lasciò quindi Repubblica prima che Repubblica lasciasse lui. Oggi lascia questo mondo. Tra parabole cristiche e canti a cappella in latino. Se ne va fintanto che la redazione e il direttore, stasera assente, paventano “l’editore puro”. Ovvero il greco che compra Elkann. E’ la fine di un’esistenza o la fine di un’epoca? Chissà. Sic transit gloria Rep.