Ansa
Saverio ma giusto
Uomini e procioni. Mentre i primi rifuggono dal mondo urbanizzato, i secondi ne sono attratti
La storia dell'animale ubriaco c’insegna che quella civiltà che noi condanniamo e da cui cerchiamo di scappare in nome di un ideologico e velleitario “ritorno alla natura”, costituisce in realtà una irresistibile attrazione per quella stessa natura da noi tanto idealizzata
La notizia è di qualche giorno fa, ha fatto il giro del mondo, ma merita di essere raccontata ancora una volta. Anche perché la vicenda ci riguarda, pur essendo accaduta in Virginia (Usa), dove l’altra mattina un dipendente di un negozio di alcolici ha trovato l’esercizio devastato, con gli scaffali a terra e le bottiglie svuotate in giro per il negozio; ha pensato subito a un furto, ha seguito le tracce (che portavano in bagno), e davanti al wc ha trovato il responsabile del saccheggio sdraiato a terra, in totale hangover: si trattava di un procione. Il mammifero, onnivoro ed evidentemente non astemio, è entrato nell’esercizio commerciale dal soffitto, si è scolato mezzo negozio, ed è svenuto in bagno, come fosse un qualunque sabato sera.
E come dice il detto: “La sera leoni, la mattina procioni”. Inoltre, dopo essersi ubriacato, prima di svenire davanti alla tazza del cesso, pare che il procione abbia mandato anche un messaggio alla sua ex: “Sei sveglia?”. (Comunque secondo me il procione non era l’unico a essersi ubriacato quella sera in quel negozio: doveva aver bevuto anche l’addetto alla sicurezza, altrimenti come ha fatto a non accorgersi di niente? Con la differenza che il procione l’hanno trovato il mattino dopo, mentre probabilmente il vigilantes è ancora in coma etilico sul lettino di qualche tatuatore). Al ritrovamento dell’animale ancora sbronzo, l’inserviente ha subito chiamato la protezione animali, che è immediatamente intervenuta per soccorrere il procione. Solo che una sbronza non è esattamente il tipo di emergenza di cui di solito si occupa un veterinario; quindi immagino abbiano dovuto chiamare un internista abituato a curare gli studenti fuori-sede. Una volta fatta “passare la sbornia” ed essersi assicurati che l’animale non si fosse ferito durante le sue scorribande alcoliche, la protezione animali ha poi liberato il procione nel bosco – non prima, voglio sperare, di avergli tolto la patente.
Ma perché ritengo che questa vicenda, vera e già di per sé buffa al netto delle battute con le quali l’ho condita, abbia qualcosa da dire a noi tutti? Perché trovo che costituisca una sorta di risposta beffarda alla vicenda nostrana della famiglia nel bosco – e all’humus culturale nel quale è fermentata. Mentre qui da noi tenevano banco le scelte naturalistiche di due picchiatelli con prole a carico, negli States un procione – un vero animale selvatico, uno che non solo non manda i figli a scuola e non ha il bagno, ma manco una casa benché spartana – un procione dicevo, che vive a stretto contatto con la natura, ha abbandonato il suo habitat ed è entrato in un negozio di liquori a farsi un goccetto (e poi un altro, e poi un altro ancora...), cioè a sbronzarsi, che è una delle grandi manifestazioni culturali della nostra civiltà. Sull’impatto e l’importanza che ha avuto l’alcol – assieme ad altre sostanze, abbinate alla musica e alla danza - nella crescita di una società civile, rimando a illustri e ben documentati studi accademici sul tema.
Questo c’insegna che quella civiltà che noi condanniamo e da cui cerchiamo di scappare in nome di un ideologico e velleitario “ritorno alla natura”, costituisce in realtà una irresistibile attrazione per quella stessa natura da noi tanto idealizzata. Intendiamoci: il procione ha esagerato e fatto danni, bisogna bere responsabilmente. Ma non c’è dubbio che sia un uomo di mondo molto più di certi uomini; e vorrei sapere in quale bosco è stato liberato, perché vorrei raggiungerlo per Capodanno – mi sembra uno che si sa divertire.
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