GettyImages

Modello Australia?

Sì al divieto di social under 16, dice la voce dei presidi Giannelli

Marianna Rizzini

Da oggi il blocco per gli adolescenti sotto i sedici anni è realtà in Australia. Intanto il Parlamento italiano discute la proposta di legge bipartisan Mennuni-Madia per la maggiore età digitale (14 anni). "Come l'alcol o l'automobile, credo sia giusto raggiungere una certa maturità prima di potere usare senza rischi anche i social"

Da oggi è realtà in Australia: dal 10 dicembre gli adolescenti sotto i sedici anni non potranno più usare piattaforme come Instagram, Facebook, TikTok e Snapchat, e le aziende tech dovranno verificare l’età degli utenti, rimuovendo gli account degli under 16. Visto dall’Italia, dove in Parlamento si sta discutendo una legge bipartisan a prima firma Mennuni-Madia sulla “maggiore età digitale” (si parla dei 14 anni), il provvedimento appare ad alcuni come salvifico, ad altri come liberticida. “Io lo vedrei positivamente”, dice il presidente dell’Associazione Nazionale Presidi Antonello Giannelli: “Non si può guidare un ciclomotore a qualunque età, per farlo serve una patente; e la vendita di alcolici è vietata ai minori di sedici anni. Che ci possano essere limiti per l’esercizio di attività che possono presentare dei rischi mi pare quindi normale. E, in base alla mia esperienza, l’uso dei social rientra tra queste attività. Si tratta infatti di un’interazione, quella online, che coinvolge tutta la società, senza limiti, e il social è uno strumento comunicativo molto potente. Mi sento di dire che si debba raggiungere una certa maturità prima di poterlo usare senza rischi”. L’uso intensivo dei social in età evolutiva minaccia anche la creatività e l’indipendenza di giudizio. “Io mi concentrerei prima di tutto sull’aspetto della responsabilità”, dice Giannelli: “Non a caso, in Italia, dei danni causati da un minorenne rispondono i genitori. Al di là dell’aspetto economico, è un fatto di crescita e di abitudine progressiva all’assunzione di qualunque ruolo di responsabilità, appunto”.

In Italia, intanto, da quest’anno, vige il divieto di usare il cellulare in classe: “Quel divieto è legato al fatto che il cellulare è ormai uno strumento di uso quotidiano che può distrarre dalla funzione primaria che si deve svolgere in quel momento. Invece l’uso dei social avviene quando sei libero e non dai fastidio agli altri, apparentemente, ma se poi sui social compi un’azione che comporta una responsabilità, per esempio se fai del cyberbullismo, devi poterne rispondere”. 
 

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.