
foto Olycom
Un massimalismo inedito
Fenomenologia del nuovo disobbediente: cerca lo scontro, ma pure l'immunità
Realizzare un desiderio sovversivo ha un prezzo, che di solito è la disapprovazione altrui, in particolare dell'autorità. Ma ora si vogliono entrambe le cose, disobbedienza e medaglia al valore, sabotaggio e standing ovation. La frittata e le uova ancora intere
Dopo che a Torino si sono rifiutati di togliere le bandiere palestinesi da automezzi e caserme si può dire che, in attesa che si schieri anche la Benemerita, la sinistra ha cominciato a fare la rivoluzione con l’appoggio dei pompieri. Essere sovversivi con il plauso di chi comanda è un vizio che, per quanto spelacchiata, si ostina a non perdere: Ilaria Salis vuole fare la squadrista europea ma con le garanzie della giustizia italiana, i flottiglieri sognano di forzare il blocco israeliano con la benedizione di Israele, i No Tav incendiavano i cantieri chiedendo però di sedere ai tavoli tecnici con sindaci e amministratori.
Molti non lo ricorderanno, ed è un peccato, perché fu un caso da manuale: Tia Sangermano, ragazzotto no-global che alla domanda di un giornalista su auto e vetrine scassate, rispondeva “boh non so, a me piace fare bordello”, salvo, ventiquattro ore dopo, scusarsi in diretta per il dispiacere dato alla mamma e al papà. Ottant’anni fa usciva il “Trattato di psicoanalisi delle nevrosi e delle psicosi” di Otto Fenichel, ebreo austriaco in esilio a Los Angeles, che studiava le contraddizioni urticanti e i vicoli ciechi nei quali si infila la psiche individuale e di gruppo. Uno dei suoi pazienti era un contestatore nato, forse per ribellarsi a un padre che da bambino lo maltrattava, chissà. Di certo aveva sviluppato una “tremenda indulgenza” verso se stesso e di fronte alle colpe più gravi dimostrava una incrollabile volontà di persuadere le autorità che lui sì, aveva agito, ma era puro come un giglio.
Realizzare un desiderio sovversivo, o comunque sconveniente, ha un prezzo, di solito la disapprovazione altrui, specialmente di chi sta in alto. Alcuni non sentono ragioni e vogliono entrambe le cose: la disobbedienza e la medaglia al valore, il sabotaggio e la standing ovation, la frittata e le uova ancora intere. “Molte forme di bisogno esagerato di comunicare con altri – scrive Fenichel – hanno origine in un bisogno di guadagnarsi l’approvazione di altri per un fatto che intimamente si percepisce come proibito”. Tradotto in politica, è un massimalismo inedito: non più quello d’antan che voleva tutto e subito – la rivoluzione proletaria, l’abbattimento dello stato borghese, l’appropriazione collettiva dei mezzi di produzione – accettando il rischio della persecuzione e della clandestinità, ma un massimalismo infantile e cialtrone, che inscena il gesto estremo pretendendo di non subire le conseguenze.
Il nuovo disobbediente vuole farsi proteggere dal cordone sanitario della polizia, cerca lo scontro e al tempo stesso l’immunità. Dice che l’occidente e le sue istituzioni sono criminali, ma intanto è ospite di un’università statale. Tutti siamo nevrotici e contraddittori, ciascuno ha il suo modo: questo, però, è tra i meno appassionanti, come un trapezista che non rinuncia mai alla rete, non cade e non eccita né interessa nessuno, tranne forse i professionisti del circo.