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Tony Binarelli, il mago dei miracoli
Chi era l'alter ego e rivale di Silvan, oltre i trucchi e le illusioni: il suo vero potere era cosa diceva e come lo diceva. Un ritratto
Dice che nella vita precedente ero un mago. Lo sostiene la zia della mia fidanzata, studiosa di numerologia che ha analizzato la mia coda karmica e rintracciato l’origine della mia passione per illusionisti, veggenti, stregoni e semplici prestigiatori. Non si spiegherebbe altrimenti la mia attrazione per tutti coloro che hanno giocato sotto i nostri occhi con i misteri più grandi del mondo facendoci ridere, rabbrividire e a volte piangere. Vengono dal nostro passato remoto, questi esseri speciali, dotati di capacità sovrumane e scaltrezza ancestrale: lontani discendenti della casta sacerdotale persiana, i famosi magi appunto, imparentati a indovini, esorcisti, streghe e fattucchiere di tutte le epoche, molti imbroglioni di strada ma anche moltissimi straordinari uomini e donne dello spettacolo che per secoli hanno beffato re, regine, scienziati e tecnologia con trucchi veri e presunti poteri soprannaturali.
Alcuni di loro si riconoscono da lontano, elegantissimi con frac, papillon, cilindro e guanti bianchi, sempre pronti a far comparire dal nulla candide colombe. Altri, quelli forse più affascinanti, a una prima occhiata sembrano persone comuni, da potersi confondere addirittura tra la folla, ma sono dotati di uno sguardo magnetico ed elettrizzante che, appena ti cattura, non ti lascia più. Uno di questi è stato Antonio Binarelli detto Tony (Roma, 1940-2022) da sempre il mio preferito, per quello sguardo penetrante e un po’ malandrino, per quella folta capigliatura da attore di film noir anni 70, ma soprattutto per la straordinaria capacità di ammaliare un pubblico enorme con doti inarrivabili da illusionista e, insieme, navigato uomo di spettacolo. Avrebbe compiuto 84 anni il 16 settembre, e la casa editrice toscana Florence Art Edizioni, specializzata in ricercatissimi testi di magia, gli tributa il giusto riconoscimento mandando in stampa Binarelli, in arte Tony scritto da Gabriele Gentile e Alex Rusconi, con la collaborazione della moglie Marina Binarelli.
Da sempre alter ego dell’intramontabile Silvan (al secolo Aldo Savoldello, ancora oggi attivissimo), rivali sul palcoscenico ma amici nel privato, Binarelli ha attraversato quarant’anni di televisione e spettacolo cambiando molte facce e stili, rimanendo però sempre fedele all’unico imperativo della sua carriera: l’empatia per il suo pubblico. “Silvan, grazie alla sua raffinata tecnica e alla sua presenza scenica carismatica – prima nel mondo e poi in Italia – è divenuto un’icona, rappresentando nell’immaginario collettivo il mago classico, elegante e seducente”, mi racconta Francesco Maria Mugnai, l’editore e amico di entrambi i maghi in un afoso pomeriggio alla pasticceria Rivoire di piazza della Signoria a Firenze. E aggiunge: “Binarelli, dal canto suo, ha individuato e percorso una strada diversa. Si è sempre rivolto ai suoi spettatori quasi da pari, vuoi per il linguaggio, vuoi per il suo abbigliamento. E riusciva a fare ‘miracoli’ assolutamente privi di una possibile spiegazione razionale. Sia lui che Silvan, molto amati per svariati decenni dal grande pubblico, hanno un ruolo importante sia nella storia dello spettacolo italiano che in quella della televisione italiana”. Il librone, contenente bellissime foto inedite provenienti dal suo archivio personale, riproduzioni di gadget e invenzioni magiche e ben diciassette trucchi spiegati, ripercorre l’intera carriera artistica di Binarelli: dagli esordi come magazziniere alla Mercedes-Benz di Roma (di cui diventa in poco tempo dirigente) ai primi programmi in tv locali in cui presenta nottetempo al pubblico italiano i primi esperimenti di mentalismo, fino ai successi degli anni 90 e all’instancabile passione degli ultimi anni.
Binarelli, in arte Tony si legge anche come un saggio su come si è evoluto il suo stile magico nel tempo creando effetti e metodi che ancora oggi sono famosi in tutto il mondo. Francesco Maria Mugnai oltre che editore è anche un richiestissimo mago in proprio, con il nome d’arte di “Francesco Meraviglia”. Mi racconta con passione cosa l’ha portato a pubblicare un’opera ricca non solo di magia, ma anche di storia del costume e della società italiana: “Gli anni 70 del ‘900 hanno visto rinascere un fortissimo interesse per la spiritualità, l’esoterismo e, in generale, per tutto ciò che riguarda il mistero e l’occulto. L’israeliano Uri Geller cavalcò al massimo questa moda, presentando esperimenti straordinari (chiavi e cucchiai che si piegavano visibilmente fra le sue dita, pensieri fissati su pellicola fotografica, disegni chiusi in buste sigillate che tuttavia venivano riprodotti e molto altro), sottoponendosi addirittura al controllo di esimi scienziati delle più prestigiose università statunitensi. La cosa fece ovviamente molto scalpore ed ebbe un’enorme risonanza mediatica in tutto il mondo. Binarelli intuisce il potenziale di tutto ciò e presenta nei programmi televisivi tali ‘fenomeni’. Il successo è pressoché immediato. La sua presentazione è originale: il ‘grande nero’ da cui emerge la luce, il potere”.
Già nel ‘65 Silvan, dopo una tournée mondiale di successo, si era imposto in Rai come il mago bello, elegantissimo, che si ispirava alla classe del grande Channing Pollock, e la sua specialità era la manipolazione. Per il mago romano era necessario inventare un personaggio completamente diverso, originale. Intanto comincia a farsi le ossa in sceneggiati gialli come “Serata al Gatto nero” (1972), dove interpreta un personaggio che ha proprio il suo nome e cognome. Come maneggia i mazzi di carte lui non c’è nessuno, e infatti la Domenica del Corriere conia per lui il titolo di “Mister Contromani” per il suo prestare le mani come controfigura di Alain Delon, Charles Bronson, Rex Harrison e, soprattutto, Terence Hill. A rivedere oggi la famosa scena nel saloon di “Continuavano a chiamarlo Trinità” (1971), nonostante i cinquant’anni trascorsi, si rimane stupiti dalla fluidità dei movimenti e dall’inventiva di Binarelli, che arriva perfino a fare da “contromani” a Brigitte Bardot con tanto di trucco e smalto sulle unghie.
Instancabile sperimentatore di giochi e nuove modalità artistiche, si classifica secondo ai campionati mondiali della Federazione internazionale delle Società magiche nel 1967 a Baden-Baden e nel 1970 ad Amsterdam. Ma quando, nel 1973, scopre il mentalismo, l’arte di far credere di possedere capacità mentali straordinarie, vive una vera e propria epifania: pubblica il primo di tanti fortunati libri, “Dopocena col mago”, un manuale di prestigiazione “matura”, molto lontano da quello di Silvan che si rivolgeva a un pubblico di giovanissimi. Pippo Baudo lo chiama già da tempo in vari programmi come “Capodanno allo Studio 3” e “Canzonissima”, ma è l’altro grande showman della tv italica, il mitico Corrado, a fargli una proposta che non si può rifiutare: l’invito a “Domenica in”, una diretta di otto ore consecutive. Per Binarelli è un successo immediato, proponendo esperimenti diversissimi come giochi di carte e soprattutto esperimenti di mentalismo che lui presenta flirtando continuamente con il pubblico e lasciandolo sempre con il dubbio che non si tratti di un trucco ma di un reale potere psichico.
Il paranormale, quella forza misteriosa che la scienza continua a cercare senza risultato e che gli studiosi dell’esoterismo e dell’occulto sono sicuri di “percepire”, aveva battezzato il piccolo Antonio Binarelli a Roma nel 1940, quando vittima, a soli tre anni, di una punizione terribile era stato chiuso in uno stanzino buio. “Ebbi la sensazione di essere immerso nel Grande Nero e l’unica fonte di luce nel centro era uno degli occhi del mio orsacchiotto di pezza che mi guardava dall’alto dell’ultimo piano dello scaffale dello stanzino”. Il mago-bambino parla spesso, da adulto, di questo fantomatico Grande Nero, di questa “Quinta Dimensione” che percepiamo ma che non riusciamo ad afferrare e che lui, attraverso esercizi misteriosi e segreti, può facilmente maneggiare. Ne parla e ne scrive tanto nella prima parte della sua carriera, quasi come una “licenza artistica” per trattare tutto ciò che c’è di ancora sconosciuto nella mente umana. Negli ultimi anni di vita, tuttavia, confessa candidamente che molti racconti della sua prima infanzia e adolescenza sono stati un po’ romanzati. Ma nel frattempo milioni e milioni di italiani sono rimasti catturati e colpiti al cuore in modo indelebile da quello sguardo magnetico capace di far comparire e scomparire carte, oggetti, persone e persino fermare orologi, anche a distanza. O, come fatto con Corrado nel 1977 a “Domenica in”, dando sfogo ai suoi poteri di telepatia intercontinentale riuscendo a indovinare le carte di due spettatori mentre era in diretta da New York.
Nel 1979 Mike Bongiorno lo invita a “Lascia o raddoppia?” su Rai 1 e Binarelli elabora un numero davvero straordinario: proponendolo come esperimento di psicocinesi si dice capace di spostare a comando un orologio e di fermarlo a suo piacimento. Di più: propone a tutti gli italiani che stanno guardando la trasmissione di concentrarsi insieme a lui e di spostare anche loro le lancette degli orologi. Il risultato è incredibile e passa alla storia come uno dei grandi momenti di spettacolo della tv italiana: il centralino della Rai viene letteralmente inondato di telefonate di telespettatori pronti a giurare che l’esperimento è riuscito anche a loro. Lo stesso Bongiorno, intervistato dal Corriere, da vero deus ex machina di quella straordinaria stagione televisiva cavalca l’entusiasmo di quell’esperimento unico: “Mi dica: per quale ragione una persona dovrebbe telefonare da Catania, per dire semplicemente ‘il mio orologio si è fermato’ se non fosse vero?”. Ma Binarelli è un curioso e instancabile studioso di magia e il suo stile si va modificando sempre di più. Anche perché già da tempo l’ambiguo Uri Geller viene smascherato in America da James Randi, detto The Amazing Randi, illusionista divenuto divulgatore scientifico e fiero oppositore delle pseudoscienze, il quale si divertiva a sbugiardare gli impostori con il suo brillante razionalismo e i trucchi che egli stesso conosceva bene.
Sul Corriere dei Piccoli del settembre 1981 a un giovane Tiziano Sclavi (l’inventore del celebre indagatore dell’incubo “Dylan Dog”) che gli chiede se i giochi di un mago sono tutti trucchi, Binarelli risponde sibillino: “No, non sempre. A volte non c’è un vero e proprio trucco, ma solo suggestione. Cioè io riesco, parlando e guardando negli occhi, a far credere che una cosa sia ciò che non è. Come si spiega questo? Magia!”.
Se è vero, come sostiene qualcuno, che a scrivere il primo libro del mondo sia stato un mentalista, anche per la magia in principio era il verbo: abracadabra era nata come parola apotropaica capace di scacciare l’influsso magico maligno, forse derivante dall’ebraico ebrah k’dabri (“creo mentre parlo”) o dall’aramaico avra gavra (“creerò l’uomo”). Il vero potere di ogni mago, di ogni strega, di ogni fattucchiera e di ogni illusionista è quello che dice e come lo dice, e nessuno, in fondo, vuole scoprire veramente il trucco che c’è dietro. Ci accontentiamo di credere che una cosa sia ciò che non è.
“Fino alla fine dei suoi giorni Binarelli ha incessantemente studiato, approfondito e sperimentato effetti magici nuovi o nuovi metodi. Gli anni di intensa carriera non hanno mai fatto diminuire il suo entusiasmo e la sua voglia di condividere la propria passione”, mi racconta commosso l’editore Mugnai, alias Francesco Meraviglia: “Ricordo che una volta, dopo una conferenza-esibizione all’Università di Firenze, lo avvicinai. Ero solo un ragazzino di fine liceo appassionato di magia e ciononostante mi dedicò il suo tempo, conversammo come se fossimo colleghi, mi chiese dei miei spettacoli, mi spiegò segreti e mi dette preziosi consigli. Questo era Tony”.
L’altro grande mago, illusionista e apprezzatissimo attore americano Ricky Jay ha detto nel documentario autobiografico “Deceptive Practice. The Mysteries And Mentors Of Ricky Jay” (2012): “Se ci pensate ciò che rende la magia diversa è che è intrinsecamente onesta. Si dice a qualcuno che lo si sta per ingannare prima di ingannarlo. In un certo senso questo la rende più difficile”. Non è la meraviglia che fino alla fine dei suoi giorni ha messo in scena per noi Antonio Binarelli in arte Tony?
Ringrazio l’amico mago-editore per questo libro e per tutti gli altri fondamentali manuali di magia che ha dato alle stampe (Roberto Giobbi, Eugene Burger e soprattutto Juan Tamariz). Vado a pagare i due caffè ma ho solo una banconota da cinquanta euro e in un attimo paga lui dandomi di gomito. La banconota che avevo poggiato sul bancone, però, non c’è più. Sto per arrabbiarmi col cassiere ma lui mi fa l’occhiolino, esattamente come faceva Binarelli, indicando il mio portafogli. Lo apro, e la banconota è tornata lì. E se non si fosse mai mossa?