l'editoriale dell'elefantino
Twitter, un posto strano che non merita ancora un addio
C’è chi se ne va, ma io non sento l’impulso a bloccare, a considerare opinioni le pernacchie digitali. Twitter è un rullo compressore e solo lì, nello scorrimento distratto e nell’attenzione misurata, si realizza la sua vecchia idea tradita di un vero free speech
Pierluigi Battista ha scritto “addio”, sobrio, diretto, definitivo. Katie Martin nel Financial Times ha scritto invece un pezzo assai melodrammatico, ma con una sua intrinseca ragionevolezza, la cui conclusione però è la stessa: addio a Twitter, che poi ora sarebbe X. Offre anche un piccolo manualetto su come si fa a abbandonare il social multimilionario acquistato e gestito da Elon Musk, il più forte quattrinaro del mondo, la cui inventiva è ammirata e invidiata da qui al pianeta Marte. Musk pare abbia trasformato Twitter, che non chiamerei X nemmeno sotto tortura, in un lercio strumento di razzismo dissimulato e bigotteria cool (edgelord bigotry), con discorsi d’odio allusivi e frontali, con misoginie e atteggiamenti neanderthaliani a profusione, il tutto in nome di quella cosa che comincio a detestare e che si chiama free speech, diritto di parola, presa di parola, uno dei demoni che inquinano l’intelligenza del nostro tempo.
Solo che di tutto questo non mi sono accorto, personalmente, non sento l’impulso a bloccare, punire i troll, a polemizzare con chicchessia, a considerare opinioni le pernacchie digitali. Per me Twitter resta un posto strano dove si può incontrare il filosofo straussiano maniacale, che propone i suoi testi, l’uomo spiritoso e arguto che ti diventa amico, le riviste intelligenti come le vacanze del vecchio Espresso, campionari di ogni genere e tipo di un’umanità che perde tempo, dunque sa come impiegarlo, e molti gattini e cani e scimmiette e fenomeni animali e naturali e un bestiario spesso delizioso di battute che rinfrancano perché al mondo c’è il fattore merdoso, è vero, ma c’è anche lo squisito, il demotico-chic, e Twitter è un rullo compressore che puoi far scorrere selezionando, e lì e solo lì, nello scorrimento distratto e nell’attenzione misurata e molto particolare, si realizza la sua vecchia idea tradita di un vero free speech senza il sopracciò del quattrinarissimo. Perché mai dovrei fare la fatica di considerare che c’è vita oltre X, che nuove piattaforme di minoranza come Bluesky mi salveranno da una disinformazione quasi pornografica, dall’oscenità di certe libertà critiche impancate a giudizioso argomentare, da cinismi un tanto al chilo e balle (bullocks) cospirative smenate a piene mani su un rullo elettronico? Non voglio faticare e trovare un mio posto corretto nel mondo digital, non esiste questo posto, il nullismo è la regola, e di quel nulla si può fare un uso intimo e caparbiamente felice senza scegliere, senza bloccare, senza abbandonare, senza aderire né sabotare.
Eppoi da Twitter si vede sempre per che cosa vale la pena di contraddire il prossimo. Dicono che Roma fa schifo, invece è un esempio pregevole di buon funzionamento, tanto che Piazza Venezia è stata abolita da un meraviglioso cantiere e nessuno se ne accorge, il traffico s’aggiusta, ci si prepara a un decennio di rinuncia all’ombelico di Roma, e quale altra città potrebbe mai esercitare tanta funzionale pazienza sul suo corpo? Dicono che fa caldo in modo ossessivo nevrotico e climatologico, ed è vero fino allo stremo, d’altra parte nessuno ti ha promesso una passeggiata sul lago in Engadina, ma sorvolano sul fatto che è la crudele estate, dannata stagione di spostamenti e di grigliate ferragostane, orrendo profilo vacanziero ma irrinunciabile, col solleone che si prolunga e indispone e invita a chiudere bene le persiane per concentrarsi, semmai, su una bella ripassata di gattini e canette e scimmiette, se hai Twitter a disposizione, s’intende.