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Il focus demografico

I dati sulla mortalità offrono buone notizie sul Covid. Ma è la natalità a fare tremare

Roberto Volpi

Dopo gli oltre 200 mila decessi in più nel triennio 2020-2022 a causa della pandemia, nei numeri di marzo 2023 la crisi delle morti è rientrata. Le nascite invece continuano a essere pochissime e sul saldo pesa molto l’immigrazione

Notizie buone, meno buone, pessime dal fronte demografico. Arrivati i dati del mese di marzo 2023, si possono cominciare a tirare le somme del movimento della popolazione italiana nel primo trimestre dell’anno in corso rispetto ai primi trimestri degli anni precedenti. Movimento che mostra tendenze che si possono dare ormai per consolidate. E qui arriviamo appunto, a proposito di tendenze, alle notizie che sono di vario conio e svariano di qualità come di più non si potrebbe. I morti, intanto. Sono stati 179.101, 17.406 meno del primo trimestre del 2022 e ben 23.202 meno del primo trimestre del 2020, primo anno pandemico, con decrementi assai notevoli rispettivamente dell’8,9 per cento e dell’11,5 per cento. Ma addirittura il 2 per cento in meno anche rispetto al primo trimestre del 2019, anno non pandemico. Insomma: la super mortalità legata al Covid, che pure si era estesa dal 2020 al 2021 e perfino al 2022 è definitivamente rientrata dopo aver determinato oltre 200 mila morti in più nel triennio 2020-2022.

 

È questa, va da sé, la buona notizia. Non così scontata, peraltro. Perché il 2022 si era dimostrato, sotto questo aspetto, un anno problematico, con un numero di morti superiore addirittura a quello dell’anno precedente, il 2021, che lasciava presagire un rientro nella ordinarietà della mortalità più lento e incerto. E invece i dati del primo trimestre del presente anno non sembrano lasciare spazio al dubbio: possiamo archiviare anche l’ultimo strascico della super mortalità legata al Covid. Ciò non vuol dire che sia di colpo sparito anche l’ultimo morto di Covid, ma che i morti di Covid rientrano da quest’anno in una ordinaria epidemiologia della popolazione in cui le cause di morte nel loro complesso determinano una mortalità che segue andamenti prevedibili, ordinari, normali.

 

Discorso ahimè tutto diverso sulle nascite, che sono state nel complesso del primo trimestre dell’anno appena 90.986, 672 e lo 0,7 per cento meno del primo trimestre dell’anno prima. Una variazione che potremmo anche considerare minima, non fosse che (a) nel 2022 il plafond annuo delle nascite era sceso a 392.598, il punto più basso di sempre e corrispondente per di più a un tasso di 6,6 nascite annue per mille abitanti che appariva ben difficilmente ancora comprimibile (b) dal primo trimestre 2019 al primo trimestre 2023 le nascite sono passate da oltre 100 mila a meno di 91 mila, perdendo quasi il 10 per cento in cinque anni alla media di poco meno del 2 per cento annuo: un decremento catastrofico, perché la sua estrapolazione porterebbe addirittura alla cancellazione delle nascite nel giro di mezzo secolo. Non sarà così ovviamente, ma c’è di che avere paura. Molta paura. Paura per davvero. E qui tocchiamo il punto assai discusso del movimento migratorio con l’estero. Che aveva toccato il minimo nel 2020, quando nel primo trimestre era stato positivo di sole 15 mila unità, per poi risalire fino a toccare il massimo di oltre 69 mila unità di saldo positivo nel primo trimestre di quest’anno.

 

Ora, la matematica non è un’opinione: negli ultimi cinque anni la popolazione italiana ha perso un milione di abitanti, senza il movimento migratorio ne avrebbe persi quasi il doppio e la sostanza è proprio questa: senza il saldo positivo del movimento migratorio la popolazione italiana perderebbe abitanti a una velocità quasi doppia di quella attuale, perdendo per la fine del secolo non 20 ma 30 se non 40 milioni di abitanti, così esaurendosi. Ci si decida dunque, invece di perdersi in chiacchiere sul sesso degli angeli. Le vie per non andare a sfracellarsi al suolo sono due, entrambe decisive. Un’azione energica sul piano della natalità – e già qui non ci siamo, continuiamo a ragionare in termini di politiche nataliste classiche che, facile previsione, combineranno assai poco. E un’altra oculata ma altrettanto energica per controllare, gestire e integrare i flussi migratori – e qui siamo addirittura ancora a sfogliare la margherita, senza capire che senza di essi l’Italia avrà un destino perfino peggiore della sparizione: diventare assai velocemente una morente, malinconica casa di riposo a cielo aperto.

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