Vincent van Gogh, Primi passi, da Millet. 1890, olio su tela. Immagine di pubblico dominio 

Il giorno di San Giuseppe

"C'è papà". Oggi, come sempre, fare il padre è complesso e necessario

Mario Leone

Occorre qualcuno che abbia il coraggio di “stare” con te di fronte alla vita che stringe, alle incomprensioni, alla durezza di quello che non si capisce, nelle fatiche che dovrai superare da solo

"Se vorrai che tuo figlio cammini onorevolmente attraverso il mondo, non devi sgombrare il suo cammino dalle pietre, ma devi aiutarlo a camminare stabilmente sopra di esse. Non insistere a guidarlo prendendolo per mano, ma permettigli di imparare ad andare da solo".

Anne Brontë, "La signora di Wildfell Hall"

 

All’ingresso di scuola due ragazzi parlano animatamente. E’ primavera e il braccio di uno di loro mostra un vistoso tatuaggio. Sono nelle vicinanze e ascolto: “Cavolo che fortuna! Se avessi fatto io questo tatuaggio, mio padre mi avrebbe rotto”. L’altro: “La fortuna è avere un padre che rompe”. Sono passati alcuni anni da questo dialogo ma il sobbalzo che mi provoca rimane indelebile.

  

Ho incontrato tanti giovani orfani di padre. Alcuni l’hanno perso per malattia o incidente, altri dopo violente separazioni. Qualche giorno fa un mio alunno ha festeggiato il compleanno. Il padre è sparito improvvisamente, senza lasciare traccia. Il ragazzo ha atteso invano una sua chiamata. Potrei ancora raccontare storie di sofferenza, di vuoto, di lontananza. Potrei raccontare di quei ragazzi che i genitori li hanno ma è come se non ci fossero. Adulti sorpresi da una genitorialità complessa che si scoprono soli nell’educare adolescenti sempre più misteriosi, indecifrabili e reattivi. Papà deboli e madri aggressive; papà violenti e madri succubi. Genitori che trasmettono ansia da prestazione o disinteressati alla vita dei loro figli, dove spesso ad andare via sono i ragazzi, reclusi in stanza (degli hikikomori parlavamo qui già tanto tempo fa) o nel mondo social.

  

Oggi è la festa del papà e al netto di tutta la retorica, le battaglie pro o contro i festeggiamenti, è innegabile che di questi tempi fare il padre è complesso ma assolutamente necessario. Per il figlio ma anche per il padre. Interessante in questo senso è “Ombelicale” di Andrés Neuman (Einaudi 2023), opera poetica che l’autore argentino dedica al figlio Telmo. Brevi pagine di diario, organizzate in tre parti. La prima raccoglie le sensazioni, i pensieri e i sentimenti di un padre che rivolgendosi al figlio scrive: “Sento la tua mancanza senza neppure conoscerti”. La seconda parte narra la convivenza con il piccolo, la vita quotidiana dentro le mura domestiche. Nell’ultima, l’autore dà voce a quel bambino, con il padre che “entra” nel figlio, immaginando cosa succeda nella sua testa.

 

Anche lo scrittore Marco Balzano ha pubblicato “Ti ricordi, papà?” (Feltrinelli 2023), una serie di brevi scambi di frasi tra padre e figlio che tracciano il percorso di conoscenza e presa di coscienza tra i due. Nel dialogo tra figli e genitori non servono tante parole, me l’ha insegnato mio padre, un contadino che ricorda quello descritto dal poeta potentino Leonardo Sinisgalli. "L’uomo che torna solo a tarda sera dalla vigna […] L’uomo che porta così fresco terriccio sulle scarpe, odore di fresca sera nei vestiti […] Un punto vivo all’orizzonte”. Mio padre era proprio così, lontano ma profondamente vicino. Dedito solo al lavoro, al duro lavoro. Non certo il “papà – amico” di moda oggi nei rapporti tra adulti e giovani. Lui invece era timido sino a rasentare il mutismo, incapace di chiedere se non attraverso mia madre, preoccupato senza darlo a vedere. Poca pedagogia, nessuna psicologia. Ho imparato a conoscere mio padre attraverso i suoi oggetti, gli attrezzi della campagna e i libretti per le preghiere, il suo bastone per camminare e la sua utilitaria. Nei momenti più difficili, ricordo che diceva solo “stè papà” (c’è papà) e la vita in famiglia continuava come prima. Ora quella esclamazione dialettale si chiarisce in tutta la sua profondità, acquista un significato che in passato sembrava impenetrabile, il senso di un’ipotesi di risposta a quello che oggi manca ai nostri figli. Occorre qualcuno che abbia il coraggio di “stare” con te di fronte alla vita che stringe, alle incomprensioni, alla durezza di quello che non si capisce, nelle fatiche che dovrai superare da solo. In quel “stè papà” c’è la sicurezza di una presenza che va oltre la fisicità e il tempo, l’affermazione di un legame per l’eternità.

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