21 febbraio 2020, un lavoratore spinge un carrello all'interno di un negozio Amazon Go Grocery a Seattle (Foto AP/Ted S. Warren) 

Supermarket Bezos

Amazon ora punta sui supermercati, ci salverà dalle casse automatiche all'italiana?

Michele Masneri

Il progetto Amazon Go, quello più avveniristico, è stato un disastro. Ma il gruppo vuole provare ancora ad aprire negozi fisici. Nell’attesa, cari magnati dei supermercati, fateci uno sconticino, visto che ormai noi clienti spendiamo il doppio e facciamo pure i cassieri

Insomma Amazon ci riprova coi negozi “veri”. Ieri il ceo del gruppone dei pacchi, Andy Jassy, ha detto al Financial Times che il gruppone appunto vuole provarci ancora ad aprire negozi fisici. Una cosa che non è mai riuscita ad Amazon, simbolo ed epitome proprio del negozio che non c’è, del pacco che ti arriva dall’iperuranio. Ma loro insistono, forse per sfizio, come Netflix che apre i cinema e le enoteche virtuali che aprono vere enoteche. Finora hanno fallito: con vere librerie (fallite, con l’onta per di più che alcune di queste sono state rilevate da un marchio storico che si pensava decotto come Barnes & Noble); con la grande distribuzione (quando Amazon ha rilevato il colosso del cibo fichetto e bio Whole Foods tutti pensavano a  un mondo di pacchi prelibati del celebre negozio, invece il risultato della colossale sinergia è stato soprattutto che Amazon ha riempito gli enormi supermarket dei suoi “locker”, cioè li ha derubricati da grandi magazzini a magazzini e basta). Infine con le drogherie senza cassieri.

 

Il progetto Amazon Go, quello più avveniristico, è stato un disastro: erano negozi completamente senza casse, tu entravi e prendevi tutto quello che ti serviva e te lo portavi a casa, ci pensavano le decine di telecamere e sensori nel negozio ad addebitarti il tutto, ma non ha funzionato; forse perché vendevano della roba abbastanza improponibile, si era provato, a San Francisco, ma sugli scaffali c’erano soprattutto preoccupanti “kit” per preparare una cena (tipo: salmone grigliato più riso basmati, per due persone, mezz’ora di cottura, 29 dollari). Sulle confezioni c’era un QR code e una scritta “Cucina con Alexa!”, cioè si poteva affidare la mercanzia all’inserviente virtuale di Amazon, e lei avrebbe attivato il forno o i fornelli (il pensiero corre al solito Renato Pozzetto del “Ragazzo di campagna”, taac).

 

Si era rimasti non solo delusi per le merci scadenti, ma anche ansiati perché la app calcolava la velocità con cui si era percorso il supermarket (“Complimenti! Hai impiegato otto minuti e trentadue nel tuo giro!”) e nel negozio deserto c’era pure un misterioso cartello “cercasi personale”. Per fare cosa? Ma il gran capo di Amazon ha detto che ora fanno sul serio, e che devono “trovare il format giusto”,  te credo, per i nuovi supermercati. Senza calcolo della velocità di crociera, se si può dare un suggerimento. Anzi, due. Finora una buona via di mezzo la si è trovata da Uniqlo, la Benetton degli anni 2020, per cui appoggi tutta la roba in un cestone e lui ti calcola da solo il totale. Ma non in Italia. Da noi, come al solito, abbiamo complicato le cose. Da noi molte catene di supermarket  si sono dotate di casse automatiche, e tu devi, nell’ordine: togliere la roba dal carrello generalmente putrido, scansionarla, pagare, poi prendere dei sacchetti della consistenza di un ectoplasma (che sembrano solubili pure allo sguardo). Poi imbustare tutto. Sembra facile: ma spesso il lettore legnoso non “vedrà” parecchi codici a barre e, nella miglior tradizione mediterranea, a quel punto parlerà, e parlerà non l’inglese pragmatico della Silicon Valley ma l’italiano della burocrazia (“si è posizionato un prodotto nell’area di non vendibilità”).

  
Nel frattempo vi sarete pentiti di tutti gli acquisti fatti di getto, le caramelle e i Kinder, e li lascerete lì pure voi, come chi vi ha preceduto, in quello che si trasforma in un cimitero della spesa impulsiva. Quando tutto il processo sarà andato a buon fine, dopo molti minuti vi sarà permesso pure di uscire dall’edificio, e ritornare alla vostra vita di sempre. A patto che la sbarra che si alza solo scansionando lo scontrino funzioni (perché il modello di automazione italiano prevede la presunzione di colpevolezza del cliente). Il tutto sotto gli occhi di un ex cassiere, l’unico sopravvissuto alla decimazione delle maestranze, e però non più cassiere ma guardiano dei clienti (diventati oramai cassieri presso sé stessi). Sembra un incubo in cui Shoshana Zuboff, la teorica del “Capitalismo di sorveglianza”, ti convoca in cassa sei.  

 

Speriamo dunque in Amazon, ma nell’attesa, cari magnati dei supermercati, in chiave antinflazionistica, anticrisi, e anche antipanico, visto che ormai fare la spesa è diventata un’attività di lusso, e visto che ormai noi clienti oltre a spendere il doppio di prima facciamo pure il lavoro dei cassieri, non dico darci uno stipendio, ma almeno farci uno sconticino?

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).