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Pizzini al Bacio

100 anni di Baci Perugina. Un pezzo di storia d'Italia nelle frasi d'amore

Fabiana Giacomotti

Dalla cioccolateria di Luisa Spagnoli alle praline: l'azienda umbra festeggia il centenario con una collezione celebrativa firmata Dolce&Gabbana

Nella storia di ogni prodotto, in qualunque azienda, arriva il momento in cui qualcuno decide sia arrivato il momento di “svecchiarlo”. Nel caso dei Baci Perugina, che in queste settimane compiono cento anni in un tripudio di leggende e retroscena apocrifi che sono il naturale corollario del successo, il primo vero cambio dal disegno della coppia in nero che si scambiava effusioni sotto una pioggia di stelle, firmata da Federico Seneca nel 1922 e ispirata al “Bacio” di Francesco Hayez, avvenne nel 1984, per opera del più geniale dei pubblicitari italiani del secondo Novecento, Maurizio D’Adda, all’epoca direttore creativo di un’agenzia che non esiste più, Ata Univas.

Poco tempo prima, l’azienda aveva lanciato la confezione a tubo che affiancava quella molto datata della scatola a vassoio, troppo impegnativa per numero di praline, costo e trasporto. Troppo “regalo da visita della domenica”. Il tubo, però, non sembrava riscontrare il gradimento atteso presso la clientela più giovane, che era la principale destinataria dell’investimento, per cui i vertici del brand, all’epoca ancora di proprietà Buitoni, si rivolsero al creativo, famoso per le sue abilità lessicali e il gusto per l’allitterazione (a diciotto anni aveva scritto il testo dei “Quarantaquattro gatti” per lo Zecchino d’Oro, la Siae gli avrebbe pagato i diritti per tutta la sua non lunghissima vita).

Ne nacque lo spot “Tu-tu-bi-amo” che, oltre a riscrivere con intelligenza le regole del linguaggio amoroso, lavorando sull’assonanza semantica e fonetica fra il tubare e l’amore, lanciò nella cinematografia italiana Riccardo Rossi e Claudia Gerini: “Con un tubo e un bacio puoi dire tutto”. Era un’abile strizzata d’occhio sia al nuovo packaging sia al contenuto più segreto del Bacio, il celeberrimo cartiglio che avvolge la pralina, e colpì dove doveva colpire: il valore dell’azienda aumentò, e nel 1988 la acquisì Nestlé, che la possiede tuttora.
Nonostante le “frasi da Bacio Perugina” siano diventate negli anni metafora pop della sdolcinatezza, credo che nessuno abbia mai gettato via il cartiglio senza avergli dato almeno un’occhiata, anzi. Nel 2014 si scatenò la caccia agli “autografi d’amore” a scopi benefici siglati, fra i tanti, da Fiorello, Margherita Buy, Ficarra&Picone, Laura Pausini ed Emma Marrone, e nel 2019 un discreto quanto controverso successo baciò un’altra di queste operazioni di svecchiamento e adeguamento al mainstream: controllandola col paracadute della “limited edition”, Nestlé decise infatti di ri-agganciare i giovani che ascoltano le voci in batteria di “X-Factor” chiedendo al cantante del lirismo neoromantico Enrico Nigiotti e alla produttrice discografica di ogni imprecazione Mara Maionchi di scrivere una serie di aforismi à leur gout. I cartigli del duo non erano granché spiritosi e nemmeno brillanti quanto ci si sarebbe aspettato, soprattutto in considerazione del fatto che, da sempre, i Baci riprendono versi di Shakespeare, di Carducci, di Corneille, di Petrarca, e che per molti rappresentano il primo e forse unico contatto con la poesia, amorosa o meno. In compenso, sul web ne nacquero infinite varianti apocrife con il logo del Bacio in calce, invero volgari e, ahinoi, parecchio divertenti. Da allora, e sono già passati tre anni, l’iniziativa non si è ripetuta.

Quei bigliettini in carta velina croccante, lucida e refrattaria alle conseguenze di un’eventuale esposizione della pralina al sole, sono tornati dunque al loro rassicurante sentimentalismo, ai vaticini che ognuno vuole cogliervi e ai tanti che li collezionano, mentre l’azienda va investendo sulla differenziazione dei gusti (confesso qui di aver scambiato a Natale una confezione da un chilo di Baci originali per l’equivalente in cioccolato fondente, dalla peccaminosa carta nera e oro, e di averla tenuta nascosta alla mia famiglia fino a quando è stato possibile). Ma anche su tutte le iniziative obbligatorie del marketing del momento: la brand experience, che nel caso prevede la visita o il corso breve al Museo del Cioccolato a Perugia, un po’ modello Willy Wonka ma senza la richiesta del Golden Ticket (basta iscriversi sul sito e portare il super green pass), quindi le installazioni luminose per valorizzare anche da lontano la “Fabbrica dei Baci” e le collaborazioni con brand di natura e categoria merceologica lontane. Ça va sans dire, la moda-abbigliamento.

Per il centenario, Perugina ha siglato infatti un accordo con i Dolce&Gabbana, che firmano la collezione celebrativa e anche la confezione a edizione limitata per san Valentino. Il cartiglio, per il momento, è rimasto intatto. L’ufficio che si occupa della scelta e della selezione degli aforismi e dei versi è avvolto dal mistero e dalla curiosità generali almeno quanto quello della Settimana Enigmistica ospitato nel Palazzo Vittoria di piazza Cinque Giornate a Milano. Mai un’intervista, mai nemmeno uno spiffero. Qualche anno fa, la redazione del sito Umbria 24, cioè colleghi che potevano appostarsi fuori dagli uffici di Perugia o comunque ricevere qualche dritta da familiari e conoscenti, ottenne un’intervista anonima con il presunto responsabile del servizio, “entità misteriosa” – citiamo per intero –“che di notte guarda le stelle e pensa al destino dei cartigli e, di giorno, è a lavoro per farne stampare altri e altri ancora, con l’obiettivo di scaldare il cuore, oltre che addolcire il palato”. Andava preparandosi una stagione di cartigli disegnati, sostanzialmente dei geroglifici, a cui ne sarebbe seguita una di personalizzazione del testo, e il signor X raccontò molte cose interessanti ed eccezionalmente plausibili: per esempio che san Valentino è una “tappa fissa per la nuova creatività”, che  “nel 2013 erano stati rivisti tutti i cartigli” e che si era cercato di “lavorare sul miglioramento della tipologia del messaggio”, passando da 150 a 390 versi, citazioni e aforismi, “per rispondere alle richieste dei collezionisti”.

Per qualche anno rimase in vita l’ecommerce del Bacio personalizzato, “i miei Baci per te!”, che apparentava la pralina a un consumo di lusso, servizio annesso compreso e, va da sé, a pagamento premium per ottenerlo. Il sito dedicato risulta in manutenzione. Al momento, sul sito del Bacio ci sono più semplicemente, e forse con maggiore efficacia, Elodie e i Pinguini Tattici Nucleari che raccolgono i video degli appassionati, hashtag “la dichiarazione perfetta”, e si può ancora partecipare. Nel frattempo, i collezionisti non demordono, anzi: se nel Museo della Perugina sono conservati alcuni fra i primi cartigli, online il commercio e la mostra dei tesori più preziosi è attiva quasi quanto quella delle figurine Liebig, con le quali, a ben vedere, “le frasette dei Baci”, conio popolare, condividono più di un dettaglio, compresa la suddivisione originaria in serie, e la successiva declinazione in diverse lingue, da cui la tentazione, per molti, di fare ogni volta un piccolo ripasso, una verifica, un confronto, saggiando le proprie capacità e conoscenze linguistiche.

Dice la storia semiufficiale, ma lo dice solo da qualche anno perché prima di questo millennio lo stigma sociale sarebbe stato paralizzante e le reazioni di mercato tutte da verificare, che i “messaggini” inventati da Seneca nel 1922 si ispirassero ai foglietti di carta che Luisa Sargentini, moglie di Annibale Spagnoli con cui aveva fondato la confetteria-cioccolateria nel 1901, inviava nascosti fra i cioccolatini, come serpentelli tentatori, al suo amante Giovanni Buitoni, amministratore delegato e socio di quella che, nel corso degli anni, era diventata una grande azienda, nonché la prima fondata e in larga parte gestita da una donna in Italia. Era stata Luisa, donna cresciuta fra grandi ristrettezze economiche, ad aver inventato la ricetta della pralina, una combinazione cremosa di nocciola tritata recuperata dagli avanzi e cioccolato fuso sormontati da una nocciola e ricoperti da una colata di cioccolato fondente “Luisa”, tuttora prodotto e molto ambito, ma si deve a Giovanni, futuro podestà di Perugia e uomo molto galante e seduttivo, la ridenominazione a “bacio”  del cioccolatino, in origine chiamato “cazzotto” per la forma simile alle nocche di una mano chiusa a pugno.

La bacheca del Museo rivela che i cartigli hanno sempre mescolato lirica alta e tradizione popolare: il più antico conservato riproduce un famoso stornello del XIX secolo, il “fior d’amaranto / ti potessi parlare un solo momento / questo momento lo spasimo tanto”. E’ possibile che Luisa Spagnoli si fosse raccomandata di riprodurre citazioni amorose note, amate e senza pretese, ma è abbastanza chiaro che l’ufficio dei cartigli, già allora misterioso, fosse non solo popolato di uomini, ma di maschi obnubilati dal mito della femme fatale, la “Vipera” che era la canzonetta in voga in quei primi anni, perché sempre fra i primi cartigli si trova una lunga serie di aforismi di Moritz Gottlieb Saphir, un Kraus in chiave minore, che comprendono impagabili chicche del genere “la memoria delle donne è curiosa; al primo amante pensano ancora dopo trent’anni; del secondo si dimenticano in tre giorni”, oppure “la donna è un cuore di tigre panneggiato in una pelle di raso” che più che l’amore sembrano chiamare la baruffa e che oggi non supererebbero anche il vaglio più tollerante.

Che i gusti e le sensibilità sociali cambino col tempo, è evidente perfino dai cartigli dei Baci, che sembrano promettere parecchie sorprese. Leggendone solo la piccola selezione disponibile, verrebbe addirittura da dare ragione ai collezionisti che, sul web, reclamano un catalogo ragionato e un archivio completo, forse ormai impossibile: fra le prime poetesse selezionate, negli anni Trenta (“l’amore è il coraggio delle donne. E’ l’astro al quale guardano, è la bussola del loro viaggio”) compare per esempio Amalie Sophie Ehrengarde Wilhelmine Freiin von Dincklage , nota come Emmy von Dincklage “usignolo della Westphalia”, morta a Berlino nel 1871, il cui cognome dice moltissimo agli storici della moda perché un suo nipote, Hans Gunther, fu l’alto ufficiale della Gestapo con cui Coco Chanel si intrattenne al Ritz durante l’occupazione, sfruttandone a proprio vantaggio l’influenza.

C’è poi la testimonianza dell’espansione della Perugina in medio oriente alla fine degli anni Trenta, grazie a un cartiglio in francese e in arabo in apparenza apocrifo, in realtà tratto da una poesia di Henri Heine. Ci sono gli aforismi zuccherosi degli anni Cinquanta della ricostruzione del paese (“amore è scegliere, baciare è la sigla della scelta”), tutti anonimi e certamente modellati dall’ufficio pubblicità. C’è anche la prova che, per un certo periodo e certamente a scopi di intrattenimento e supporto alla conversazione salottiera, a contenere cartigli furono non solo i Baci, ma altri prodotti della Perugina, comprese le caramelle, e che non parlavano di amore, limitandosi a pubblicare aforismi celebri o frasi tratte dai romanzi in voga, complice quello che sembra proprio un accordo con Mondadori, e che viene debitamente citato in calce. Insomma, una collaborazione. I costumi cambiano, ma le leggi del marketing sono immutabili.

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